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Tor Wennesland viaggia tanto e vede gente, tranne che a Gaza…

Il più importante inviato per la pace in Medio Oriente dell'ONU al Palazzo di Vetro risponde con imbarazzo alle domande dei giornalisti

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Tor Wennesland viaggia tanto e vede gente, tranne che a Gaza…

Tor Wennesland durante la conferenza stampa (screenshot)

Time: 3 mins read

Tor Wennesland è il più importante inviato dell’ONU in Medio Oriente,  incaricato dal Segretario Generale Guterres e dal Consiglio di Sicurezza di perseguire un piano di pace. Norvegese, è un diplomatico con tanti anni d’esperienza, ma davanti ai giornalisti che al Palazzo di Vetro mercoledì erano accorsi ad ascoltarlo e a porgli domande, non è riuscito più a nascondere un certo imbarazzo.

Ha ripetuto molte ovvietà Wennesland, come quando ha detto di essere a New York per discutere su come “tracciare una via d’uscita da questa crisi e come possiamo farlo con le parti sul campo”, dicendo che “sappiamo molto bene” quali sono gli ostacoli politici affinché ciò avvenga. “Vedo che c’è uno schieramento nella regione, in Europa e nella comunità internazionale per far sì che ciò accada. Ma non è una soluzione rapida, non è facile e richiederà un lavoro diplomatico molto duro”.

Già, quindi come coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Wennesland è “in viaggio più o meno permanentemente” da quando è scoppiato il conflitto a Gaza dopo il 7 ottobre, in seguito alla criminale incursione di Hamas e alla tremenda reazione di Israele.

Quando però è arrivata la domanda se si fosse mai recato a Gaza dopo il 7 ottobre, per costatare di persona le condizioni in cui sopravvivono i civili, la risposta è stata che il suo lavoro non richiedeva questo. Nel frattempo, ha affermato che la coordinatrice umanitaria ad interim delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, Jamie McGoldrick, è attualmente a Gaza nel tentativo di stabilire le priorità chiave per la consegna degli aiuti ogni volta che è in vigore un cessate il fuoco umanitario.

Insomma ha fatto capire che lui va dove si parla con “gli alti” ufficiali per trovare le soluzioni, come a New York dove ha parlato con il Segretario generale delle Nazioni Unite e i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza – Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti – prima di dirigersi a Washington, D.C. Con chi avrà gli incontri nella capitale? Alla domanda non ha risposto.

Però ha detto che l’obiettivo degli incontri è “vedere come possiamo passare da dove ci troviamo, nel mezzo di un incubo umanitario e di una Cisgiordania totalmente in conflitto, verso un percorso diverso” attraverso una soluzione politica.

Col governo israeliano, ha contatti ad alto livello? Guterres non riesce da mesi a parlare con nessuno… “Si certo che ho incontri con il governo israeliano” ha assicurato Wennesland, ma senza specificare con chi.

Poi altre ovvietà, come quando ha detto che le ostilità in corso rendono impossibile per le Nazioni Unite agire efficacemente sul terreno, “per questo il conflitto necessita di una rapida pausa”. Oppure quando elogiando gli sforzi diplomatici di Egitto, Qatar e Stati Uniti, ha detto che un accordo su un cessate il fuoco duraturo “sarà incredibilmente difficile da stabilire” e “non sarà affatto una soluzione rapida”.

Rispondendo ad un’altra domanda, ha detto che “è difficile trovare parole da dire alla gente di Gaza che ha perso tutto”, aggiungendo che “è molto difficile predicare la speranza quando ci si siede in un luogo sicuro alle persone che sono sedute in mezzo alla strada, in mezzo a ciò che è infernale”.

Wennesland ha sottolineato la necessità che la comunità internazionale “eserciti la pressione necessaria sui punti che innescano il cambiamento”, ribadendo l’appello al cessate il fuoco che avrebbe dovuto seguire un accordo sullo scambio di ostaggi e prigionieri.

Due ore prima dell’incontro con i giornalisti, il Segretario Generale António Guterres in un discorso all’Assemblea Generale, aveva avvertito gli Stati membri che qualsiasi azione militare israeliana a Rafah – la città meridionale al confine con l’Egitto dove circa un milione di palestinesi sono ora rifugiati – avrebbe avuto sull’”incubo umanitario” a Gaza “conseguenze regionali indicibili”. Anche Wennesland ha osservato che Rafah è attualmente l’unico punto di ingresso per gli aiuti a Gaza e che anche per lui sarebbe stato un disastro se gli israeliani avessero invaso anche lì.  Ma mentre lui ripeteva che sperava in un accordo per cessare il fuoco, le agenzie battevano la notizia che il premier israeliano Netanyahu aveva respinto il piano di Hamas per una lunga tregua in cambio della liberazione degli ostaggi, e che aveva dato ordine all’IDF di dirigersi verso Rafah per la “totale vittoria”. Alla puntuale domanda a Wennesland cosa ne pensasse, il diplomatico norvegese dell’ONU è apparso sorpreso, ha risposto che non poteva rispondere, doveva capire meglio il contesto delle dichiarazioni…

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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