E’ stato rinviato il voto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla risoluzione preparata dagli Emirati Arabi Uniti per un cessate il fuoco e l’ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza. Il rinvio è legato alla necessità di riformulare il testo della bozza per cercare di venir incontro alle obiezioni degli Stati Uniti ed evitare un nuovo veto americano. Il voto era previsto oggi pomeriggio, ma gli Usa hanno dichiarato di non poter sostenere un riferimento alla “cessazione” delle ostilità, mentre potrebbero accettare la “pausa” delle ostilità.
Fuori dal Consiglio di Sicurezza, con la collega della CBS Pamela Falk, abbiamo fermato l’ambasciatrice degli Emirati Lana Zaki Nusseibeh (vedi video sopra) per farci spiegare questo “stallo” dovuto al linguaggio utilizzato nella risoluzione. Farà una differenza per Gaza questa risoluzione che si voterà domani?
“Lo scopo della risoluzione è quello di avere un impatto significativo sul territorio in termini di aumento degli aiuti a Gaza attraverso l’apertura di altri valichi di terra, mare e aria e significa un monitoraggio più snello, un meccanismo in modo che gli aiuti siano maggiori e siano distribuiti in modo efficiente. Questa è l’intenzione ma ovviamente per fare tutto questo, abbiamo bisogno di cessazioni prolungate delle ostilità in modo che gli operatori umanitari possano consegnare quegli aiuti in modo sicuro. Questi sono gli elementi della risoluzione e abbiamo lavorato in buona fede con tutti i membri del consiglio. Credo anche che la recente visita di molti membri del consiglio alla frontiera di Rafa abbia mostrato abbastanza chiaramente l’enorme bisogno di aiuti che non possono arrivare solo da quella frontiera nella misura necessaria e al ritmo necessario e per questo abbiamo bisogno l’ONU di intervenire”.

Ma se nella risoluzione la frase ‘cessazione delle ostilità’ cambia in ‘pausa – o sospensione – delle ostilità’, ci sarà sempre lo stesso impatto?
“Penso che sulla lingua dovremo vedere dove andremo a finire nelle discussioni tra gli Stati membri, ma l’idea ovviamente è quella che i paesi arabi insieme a 153 Stati membri dell’ONU hanno chiesto, cioè un cessate il fuoco. Questo è ciò che avrà davvero un impatto per salvare vite umane sul campo, questo è il punto finale ma prima potrebbero esserci una serie di passaggi temporanei a cui dobbiamo arrivare per garantire gli aiuti che possono essere consegnati su larga scala e in sicurezza. Già 136 lavoratori delle Nazioni Unite hanno perso la vita e questo è inaccettabile, gli operatori umanitari non dovrebbero perdere la vita, le zone di conflitto dovrebbero essere normalizzate, dovrebbe esserci un modo per procurare l’acqua e cibo e beni di prima necessità alla popolazione e per chi chi ne ha più bisogno in modo sicuro”.
Ambasciatrice, ma non era meglio a questo punto semplicemente accettare oggi il linguaggio che vogliono gli Stati Uniti e non perdere altre 24 ore? Domani sarete costretti ad accettare comunque le parole volute degli Stati Uniti per far passare la risoluzione…
“Stiamo lavorando in buona fede con gli Stati Uniti. Quello che vogliamo è una risoluzione che abbia un impatto sul terreno e questo significa una risoluzione che sia adottata. Grazie”.
Già, ma allora verrebbe da dire: non è meglio l’uovo oggi se si sa che non si potrà comunque avere la gallina domani? Da “voci” di corridoio, il voto del Consiglio di Sicurezza è previsto per domani alle 10 di mattina, ora di New York.