Il Vice Direttore Esecutivo del Programma Alimentare Mondiale (WFP), lo svedese Carl Skau, era giovedì al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite per vari incontri ma anche informare i giornalisti sulla sua recente visita a Gaza e sull’ultima valutazione del WFP pubblicata sulla situazione umanitaria nella regione.
Quando era ancora a Gaza, Skau aveva dichiarato che “niente mi aveva preparato alla paura, al caos e alla disperazione che abbiamo incontrato”. Arrivato a New York ha affermato che WFP (PAM in italiano) è pronto a fornire aiuti a un altro milione di persone entro un paio di settimane a Gaza, “se le condizioni lo consentiranno”, il che significherebbe “l’apertura di più valichi di frontiera e un cessate il fuoco umanitario”.
“Per quanto riguarda la situazione della sicurezza alimentare”, ha detto Skau, “siamo riusciti a fare durante i sette giorni di pausa un sondaggio, e quello che abbiamo scoperto è che metà della popolazione sta morendo di fame”. Ha anche detto: “La triste realtà è anche che nove persone su dieci non mangiano abbastanza o non mangiano tutti i giorni e non sanno da dove verrà il prossimo pasto”. Facendo eco al capo dell’Agenzia degli aiuti umanitari dell’ONU, Martin Griffiths, Skau ha ribadito: “L’operazione umanitaria è davvero sull’orlo del collasso. E in queste condizioni non è possibile consegnare in modo ordinato”.
Our staff are not safe. There is starvation. We cannot distribute the aid we have.
Today, from inside #Gaza, WFP’s Deputy Executive Director @CarlSkau describes what he witnessed on the ground.
We need a humanitarian ceasefire. pic.twitter.com/rvvUtSCRrj
— World Food Programme (@WFP) December 8, 2023
Il vice capo del WFP ha aggiunto: “Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è aumentare i volumi. E per questo abbiamo bisogno di più attraversamenti, Kerem Shalom, non ultimo, ma direi anche oltre. Naturalmente vorremmo anche vedere l’ingresso del commercio e dei camion e poter assumere il prima possibile il sistema di contanti e voucher, perché è un programma che ha anche implicazioni più ampie o un impatto sull’economia”.
Alla domanda sui finanziamenti, Skau ha detto: “Sebbene sia ovviamente importante che i donatori si facciano avanti ora per la nostra risposta a Gaza, ciò che vogliamo evitare è che ciò venga preso da altre crisi che hanno anch’esse un disperato bisogno di ulteriore assistenza”. Ha chiesto flessibilità con i fondi e “i paesi della regione possono farsi avanti in modo più sostanziale per ottenere finanziamenti da altri, magari per poterli utilizzare altrove poiché questa situazione è disastrosa anche altrove”.
Ma per tutta la prima parte della conferenza stampa, il “grande elefante” che ha imbarazzato in questi giorni WFP è rimasto in silenzio, fino a quando è iniziata dai giornalisti la carica delle domande su Cindy McCain. La direttrice esecutiva del WFP, ha infatti subito agli inizi del mese una vera e propria “insurrezione” dal personale della sua agenzia ONU, che l’ha accusata di non essersi attivata abbastanza per la crisi di Gaza, arrivando a spargere sospetti che la sua “amicizia” con Israele avrebbe influenzato il suo atteggiamento defilato nei confronti della crisi umanitaria palestinese.

La prima a svegliare “l’elefante” che fino a metà della conferenza stampa era stato del tutto ignorato, è stata la giornalista di “Pass Blue” Dulcis Leimbach che ha chiesto come l’agenzia stesse affrontando la situazione dopo la rivolta del suo personale contro McCain (dal minuto 26:24 del video sopra). Skau ha cercato di sdrammatizzare e difendere la sua boss: “Il dialogo con il personale continua nel WFP come in altre agenzie di cui avete letto. Penso che sia naturale che la polarizzazione e la tensione che vediamo più in generale nella società si riflettano anche all’interno della nostra organizzazione e forse anche di più dato che operiamo in questi ambienti”. Poi ha aggiunto: “Penso che con gli sforzi compiuti nel dialogo, ora siamo in grado di andare avanti e di tornare a concentrarci sull’assistenza alle persone, che è davvero ciò che dobbiamo fare visti i bisogni urgenti che abbiamo davanti”.
Quando abbiamo continuato con un follow up (dal minuto 33:06 del video sopra) abbiamo chiesto che essendo McCain non solo americana, ma la vedova di un famoso senatore che ebbe stretti rapporti con Israele, si sarebbe aspettato che lei riuscisse ad avere una più forte “influenza” sul governo israeliano, che in questo momento occupa Gaza e quindi dovrebbe garantire che il cibo possa essere distribuito alle persone che stanno morendo di fame. Skau ha continuato nella difesa del lavoro finora svolto da McCain: “Lei è assolutamente presa da questa situazione e ha fatto tutto ciò che era in suo potere per avere le condizioni per consegnare alla gente il cibo…”.
Ma ha provato a parlare direttamente con il premier Netanyahu? “Non posso rispondere a questa domanda” ha replicato Skau.
From the #Rafah crossing, my urgent plea for the millions of people in #Gaza whose lives are being torn apart by this crisis:
Allow essential aid like food, medicine, and water to reach those who need it most.
The world must come together to save lives and preserve humanity. pic.twitter.com/PYgmqexe84
— Cindy McCain (@WFPChief) November 6, 2023
Quando un giornalista di Al-Jazeera ha insistito chiedendo perché Cindy McCain, che in precedenza aveva visitato altri paesi con forti crisi alimentari, non è andata tra la i palestinesi di Gaza, Skau ha così replicato per difenderla: “Lei è stata al confine tra Egitto e Rafa prima di chiunque altro (vedi il video su twitter sopra del 6 novembre), ed era lì anche per trovare un accordo con il governo egiziano… Non è stato senza problemi per me andare sullo Striscia ed essere lì in un modo significativo, non vogliamo fare queste visite così tanto per esserci. Penso che quando le condizioni lo permetteranno (McCain) sarà ansiosa di poter visitare la nostra squadra anche lì. Nelle ultime settimane e stata sia in Egitto che in Giordania, e se posso permettermi di ricordarlo, ha chiesto un cessate il fuoco”.