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L’Apocalisse incombe su Gaza, con Israele che prosegue i bombardamenti

Gli USA bloccano il Consiglio di Sicurezza ma nei fatti il governo di Netanyahu ignora gli appelli di Harris e Austin; per l'ONU "nessun luogo è sicuro a Gaza"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
L’Apocalisse incombe su Gaza, con Israele che prosegue i bombardamenti

A man takes his children across bombed land in the Gaza Strip during the temporary humanitarian pause. (Photo UNRWA/Ashraf Amra)

Time: 6 mins read

Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin, sabato scorso, ha affermato che Israele rischia una “sconfitta strategica” se non si impegna a proteggere i civili palestinesi a Gaza nel mezzo della sua guerra contro Hamas.

Dopo due giorni da quelle parole che sembravano un altolà della Casa Bianca al governo Netanyahu (rafforzato anche da quelle pronunciate dalla vice presidente Kamala Harris durante la Cop28 a Dubai), Israele le ignora intensificando i suoi attacchi, questa volta puntando proprio nella parte Sud di Gaza, dove solo qualche settimana fa aveva intimato alla popolazione civile di spostarsi per evitare di restare vittima degli scontro tra l’IDF e i miliziani di Hamas.

Every time we think things cannot get any more apocalyptic in #Gaza, they do. pic.twitter.com/aE8m33zYZC

— Martin Griffiths (@UNReliefChief) December 4, 2023

“Ogni volta che pensiamo che le cose non possano diventare più apocalittiche a Gaza, lo diventano. Alle persone viene ordinato di spostarsi di nuovo, con poco con cui sopravvivere, costrette a fare una scelta impossibile dopo l’altra”. A scrivere questo disperato messaggio martedì mattina mattina è stato il capo degli aiuti umanitari dell’ONU, Martin Griffiths, che lo ha affidato alla piattaforma X. “Nessun luogo sicuro è sicuro a Gaza. Né gli ospedali, né i rifugi, né i campi profughi – prosegue Griffiths nel suo appello-. Nessuno è al sicuro. Né i bambini, né gli operatori sanitari”. “Tale palese disprezzo per l’umanità deve finire – conclude Griffiths -. I combattimenti devono cessare”.

E chi dovrebbe farli cessare?

Il compito dovrebbe spettare al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’organo più idoneo a imporre, con una  risoluzione vincolante, la cessazione dei combattimenti tra due o più contendenti. Perché se non sarà possibile imporre la “pace” tra israeliani e palestinesi, sicuramente negli anni passati il Consiglio di Sicurezza era riuscito, e proprio in Medio Oriente, ad imporre il cessate il fuoco.

Ma questa volta, come vi abbiamo già in parte riferito ieri, gli stessi Stati Uniti che intimano a Israele di fare più attenzione cercando di non ammazzare “troppi” civili palestinesi nella sua caccia ai terroristi di Hamas (che ricordiamo tiene ancora in ostaggio circa 140 cittadini israeliani), pretendono anche che il Consiglio di Sicurezza resti “fermo”, prima che rischi di rendere la crisi “più complicata” o addirittura peggiorare la situazione, lasciando invece “alla diplomazia sul campo” il compito di fare il suo corso… Traduzione? L’amministrazione Biden, che da un lato intima ad Israele di darsi una calmata e dall’altro resta ignorata nei fatti dal governo Netanyahu, cerca di convincere gli altri 13 paesi membri del Consiglio di Sicurezza (UK sempre con gli USA) a “fidarsi” e di “lasciarli lavorare”, perché sarà Biden a “frenare” Bibi…

November 15th: The UN Security Council adopts resolution 2712 (2023) presented by Malta, calling for urgent humanitarian pauses and corridors throughout Gaza Strip. (UN Photo/Loey Felipe)

Effettivamente, sembrano dire gli americani, quando il Consiglio di Sicurezza miracolosamente il 15 novembre è riuscito ad approvare la risoluzione umanitaria 2712 presentata da Malta, cosa avrebbe risolto? Da quello che lo stesso Segretario Generale Antonio Guterres ha dovuto riferire al Consiglio, la “binding resolution” resta ancora tutta da applicare.

Gli israeliani, intanto, a poche ore dalle dichiarazioni di Austin e Harris, danno un assaggio di come rispettino certi moniti: durante un’ intervista sulla CNN, un portavoce dell’IDF ha detto che uccidere due civili palestinesi per ogni militante di Hamas nella sua operazione militare per far scomparire il gruppo armato da Gaza, è un dato “tremendamente positivo”. Secondo i dati finora ritenuti validi dall’esercito israeliano, circa 5000 militanti di Hamas sarebbero stati uccisi dal 7 ottobre, e secondo i dati compilati dal ministero della Sanità di Gaza, (controllato da Hamas), nello stesso periodo sarebbero stati uccisi in totale circa 16.000 palestinesi. Così ha ragionato, alle domande della CNN, il portavoce dell’IDF Jonathan Conricus: “Posso confermare che trattandosi di combattimenti in un’area densamente popolata”, il fatto che più di 10.000 civili fossero morti nel conflitto, “posso dire che se ciò è vero – e penso che i nostri numeri saranno confermati – se si confronta questo rapporto con qualsiasi altro conflitto in territorio urbano tra un’organizzazione militare e un’organizzazione terroristica che utilizza i civili come scudi umani, e incorporato nella popolazione civile, scoprirete che tale rapporto è straordinario, straordinariamente positivo e forse unico al mondo”.

Quando al briefing giornaliero con il portavoce del Segretario Generale dell’ONU, proprio la corrispondente della CNN dal Palazzo di Vetro Caitlin Hu, ha chiesto chiarimenti se un rapporto di “due civili morti per ogni terrorista ucciso”, fosse soddisfacente e accettabile per le Nazioni Unite, Stephane Dujarric ha replicato: “Come puoi immaginare, non è nostro compito stabilire questo tipo di rapporti, che ritengo siano a dir poco di cattivo gusto. Il nostro focus… è quello di evitare qualsiasi morte di civili, cosa che francamente non ha avuto molto successo, ad essere completamente onesti”.

#Gaza: “UNRWA shelters are completely overflowing and there’s many makeshift shelters. We’ve seen a rise in infectious diseases, we’re on the 12,000 acute respiratory infections” – Dr. Richard Peeperkorn, @WHOoPt Representative pic.twitter.com/OlCmQyKley

— UN News (@UN_News_Centre) December 5, 2023

Intanto, secondo l’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite (OMS), la situazione a Gaza è ormai insostenibile, dopo alcuni dei più pesanti bombardamenti israeliani sull’enclave. Parlando dalla città meridionale di Rafah, il dottor Rick Peeperkorn, rappresentante OMS nei territori palestinesi occupati, ha descritto ulteriori spargimenti di sangue dopo la ripresa dei bombardamenti israeliani venerdì scorso. “La situazione peggiora di ora in ora”, ha detto Peeperkorn ai giornalisti tramite collegamento video. “Voglio dire… ci sono bombardamenti intensificati in corso ovunque e anche qui nelle aree meridionali, a Khan Younis e persino a Rafah”.

Facendo eco a queste preoccupazioni, il portavoce dell’UNICEF, James Elder, ha citato il diritto internazionale umanitario che obbliga i militari ad “adottare tutte le misure possibili” per proteggere i civili. Non era accettabile dichiarare unilateralmente che dovessero recarsi nelle “cosiddette zone sicure”, ha insistito, quando queste erano in realtà “marciapiedi” o “edifici costruiti a metà” senza acqua, ripari o servizi igienici.

“There is nowhere safe. This place is not safe. Under that table is not safe. Children in that hospital are not safe.” – @UNICEF Spokesperson James Elder, speaking to UN News from Rafah in southern Gaza 🎙️⤵️https://t.co/jVLIcw1gaU pic.twitter.com/kGjQ6nm8qz

— UN News (@UN_News_Centre) December 1, 2023

Mentre per l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, UNWRA, quasi 1,9 milioni di persone – più dell’85% della popolazione di Gaza – sono sfollate nella Striscia dal 7 ottobre. Quasi 1,2 milioni di sfollati interni hanno trovato rifugio in 156 installazioni dell’UNRWA in tutti e cinque i governatorati della Striscia di Gaza, compresi il Nord e Gaza City, ha affermato l’agenzia delle Nazioni Unite, che ha inoltre confermato che almeno altri 19 componenti del suo staff sono stati uccisi durante gli ultimi attacchi aerei, portando il totale a 130 dal 7 ottobre. L’UNRWA  ha quindi affermato che si prevede che più di un milione di sfollati palestinesi arriveranno a Rafah. “Le condizioni necessarie per portare aiuti alla popolazione di Gaza non esistono. Se possibile – ha incalzato la coordinatrice umanitaria dell’Onu, Lynn Hastings – sta per aprirsi uno scenario ancora più infernale, in cui le operazioni umanitarie potrebbero non essere in grado di rispondere”. “Anche noi siamo in pericolo mentre camminiamo”, ha detto l’UNWRA, citando uno dei suoi consiglieri, chiamato solo Jehan. “Le nostre vite sono a un punto morto… C’è odore di morte qui. Ma siamo determinati a vivere”.

Intanto l’OCHA ha riportato che tra il pomeriggio del 3 dicembre e il pomeriggio del 4 dicembre almeno 349 palestinesi sono stati uccisi e 750 feriti, secondo i dati del Ministero della Salute (MoH) di Gaza. Secondo fonti israeliane sono stati uccisi anche tre soldati israeliani, ha affermato l’OCHA nel suo ultimo aggiornamento di emergenza.

Se questi calcoli fatti dagli israeliani fossero confermati, e cioè che dal 7 ottobre l’IDF avrebbe ucciso già 5 mila terroristi (e con loro 10 mila civili), secondo sempre certe stime fornite dall’IDF, dentro la striscia di Gaza dovrebbero rimanere altri 25mila combattenti di Hamas. Questo vorrebbe dire che nei prossimi giorni, se si continuasse con il rapporto “due civili morti per ogni terrorista ammazzato”, altri 50 mila civili morirebbero, tra cui probabilmente 35 mila donne e bambini.

Se questa Apocalisse dovesse avvenire mentre l’amministrazione di Joe Biden riuscisse a tener a freno il Consiglio di Sicurezza per lasciar gli USA “portar avanti la diplomazia sul campo”, la responsabilità di un massacro di civili palestinesi di tale portata non potrà essere addebitata al solo governo israeliano di Bibi Netanyahu.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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