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Allarme Terza Guerra Mondiale: l’Ungheria suona la campana in Europa e all’ONU

Intervista a New York con il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjàrtò: "L’UE perde forza con politiche irrazionali... La pace? Basterebbe che gli USA..."

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 8 mins read

L’ungherese Peter Szijjàrtò nasce 22 anni dopo che i carri armati sovietici entrano a Budapest e ha 11 anni quando nel 1989 crolla il muro di Berlino. Dal 2014, Szijàrtò è il ministro degli esteri dell’Ungheria: a soli 45 anni, può essere considerato tra i più “longevi” ministri al governo di un paese dell’Unione Europea e da “delfino” del premier Viktor Orban, è possibile prevedere che lo sarà ancora per tanto tempo.

Il capo del suo governo è considerato il leader “populista” che ha trasformato l’Ungheria nella “spina nel fianco” dell’Europa – che fa parte dell’UE dal 2004 -, per essere il “bastian contrario” delle politiche dell’UE. Come sulla questione migranti e, più recentemente, sulla candidatura dell’Ucraina a far parte dell’Unione Europea. Budapest appartiene dal 1997 anche alla NATO e c’è chi addirittura sospetta che il governo ungherese guidato da Orban sia un potenziale “cavallo di Mosca” all’interno dell’Alleanza.

10/24/2023: Péter Szijjártó, Minister for Foreign Affairs and Trade of Hungary, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Chi lo appoggia, ribatte: sui grandi conflitti in corso, il governo ungherese ha “senza peli sulla lingua” remato contro la narrazione prevalente, dando sì le responsabilità della guerra alla Russia, ma accusando l’Europa (e gli USA) di non fare abbastanza per imporre la pace. Ora anche con la guerra in Medio Oriente, il governo di Orban suona forte la campana e scuote il mondo avvertendo: si rischia “la terza guerra mondiale”.

Quando  il ministro degli Esteri dell’Ungheria  all’inizio della settimana a New York ha partecipato ai lavori delle Nazioni Unite, abbiamo chiesto alla missione ungherese di poterlo intervistare. Volevamo chiarimenti da Peter Szijjàrtò sulle posizioni di Budapest in Europa, sulla guerra tra Ucraina e Russia, su quella tra Israele e i palestinesi di Gaza, sul ruolo delle grandi potenze come USA e Cina e sull’incerto futuro dell’ONU.

Israeli soldiers of an artillery unit servicing a tank cannon near the Gaza border, southern Israel , 02 November 2023. More than 8,000 Palestinians and over 1,400 Israelis have been killed, 240 held hostages in Gaza according to the Israel Defense Forces (IDF) and the Palestinian health authority, since Hamas militants launched an attack against Israel from the Gaza Strip on 07 October. EPA/ABIR SULTAN

Ministro Szijjártó, lei ha affermato che la comunità internazionale ha una responsabilità fondamentale nel prevenire un’escalation del conflitto, poiché le conseguenze di una guerra tra stati in Medio Oriente sarebbero del tutto imprevedibili. Ha detto che “il mondo potrebbe essere sull’orlo di una terza guerra mondiale”. Il premier Orban haripetuto lo stesso sulla situazione in Ucraina… Chi pensa abbia la maggiore responsabilità di questa situazione? Se l’Ungheria potesse dare dei voti al comportamento delle maggiori potenze, agli Stati Uniti dareste un voto positivo o verrebbero bocciati? E alla Russia? E alla Cina? E che dire dell’Ue?

“Sono circa 30 i paesi nel mondo che in questo momento sono testimoni di scontri, guerre, conflitti armati sul proprio territorio. Trenta. Rappresenta circa un sesto dei paesi del mondo. Un numero e una proporzione enorme. Ecco perché abbiamo la preoccupazione che, nel caso in cui la comunità internazionale non sia in grado di superare questi conflitti, non sia in grado di risolverli, alcuni potranno sovrapporsi l’uno sopra all’altro e in questo caso il rischio di una Terza Guerra Mondiale potrebbe essere molto più vicino di quanto sembri. Questo è qualcosa che dobbiamo evitare. Ora per quanto riguarda la guerra contro l’Ucraina, sappiamo tutti chi ha attaccato chi. Sappiamo tutti chi è l’aggressore. Ecco perché condanniamo questa guerra. Ma nel frattempo crediamo che ci sia anche una responsabilità per la pace. E sappiamo tutti che gli Stati Uniti dovrebbero avviare un dialogo con la Russia per garantire la pace in Ucraina. Poiché gli Stati Uniti sono stati coinvolti nello sforzo di pacificazione o nello sforzo di risoluzione della crisi in Medio Oriente, l’Ungheria ritiene che questo dovrebbe accadere anche nello sforzo di pace riguardo all’Ucraina. E sono d’accordo con coloro che hanno affermato che se americani e russi potessero sedersi allo stesso tavolo per discutere la possibilità di una possibile pace in Ucraina, ciò sarebbe di grande aiuto. Per quanto riguardo all’Unione Europea: crediamo che consegnando le armi non si possa fare la pace, perché consegnando più armi si può solo prolungare la guerra. Più una guerra si prolunga e più persone muoiono, più distruzioni avvengono e meno possibilità di pace ci saranno. Quindi non sono d’accordo con quei politici, e so di essere in minoranza in Europa, che dicono che lo sviluppo sul campo di battaglia aiuterà la pace a venire. Non ci credo. Semmai credo che più lasciamo che gli sviluppi avvengano sul campo di battaglia, più avremo meno speranze di pace. Perché con ogni giorno che lasciamo in più alla guerra, le possibilità di un’opportunità per la pace diminuiscono, perché più persone muoiono, maggiore sarà la distruzione, più odio arriverà e con più odio meno possibilità di pace…”

US President Joe Biden (R) holds a bilateral meeting with Ukrainian President Volodymyr Zelensky (L) in the Oval Office of the White House in Washington, DC, USA, 21 September 2023. Ukrainian President Zelensky is in Washington to meet with members of Congress at the US Capitol, the Pentagon and US President Joe Biden at the White House to make a case for further military aid. EPA/JULIA NIKHINSON / POOL

Sembra che stia dando la maggiore responsabilità di “imporre” la pace agli Stati Uniti. Il presidente americano Joe Biden, in un editoriale pubblicato domenica sul Washington Post, ha ribadito che gli Stati Uniti sono “la nazione essenziale”. Madeleine Albright l’aveva definita la “nazione indispensabile”, Biden ora chiama gli Stati Uniti la “nazione essenziale”. E’ d’accordo? Tocca ancora agli Stati Uniti essere l’unica potenza in grado di mettere ordine nel mondo?

“Credo che stiamo attraversando la formulazione di un nuovo ordine mondiale, ed è decisamente un mondo multipolare. Penso che l’ordine mondiale uni polare sia finito. Ci sono importanti portatori di interessi, grandi partiti nella politica globale e nell’economia globale, gli Stati Uniti sono sicuramente uno dei maggiori – per la loro grande potenza militare, per il potere economico, per l’enorme leva politica – ma ci sono altri portatori di interessi. Bisogna pensare alla Cina, alla Russia, all’India. Vorrei dire anche di pensare all’Europa, ma purtroppo l’Unione Europea sta perdendo molta forza a causa di alcune sue politiche irrazionali. Il mondo sta andando verso il multipolarismo,  e pertanto credo che i maggiori stakeholder, i maggiori poteri dell’intero sistema politico mondiale abbiano la responsabilità di non lasciare che il mondo si trasformi in blocchi. Noi ungheresi non vogliamo che il mondo venga nuovamente diviso in blocchi, ne abbiamo sperimentato l’impatto negativo sulla nostra storia, ci ha fatto perdere 40 anni della nostra vita. Vogliamo che il mondo sia interconnesso. Vogliamo che il mondo sia coinvolto nella connettività e nella cooperazione globale, ma una cooperazione globale rispettosa”.

(L-R) European Commission President Ursula von der Leyen, Italian Prime Minister Giorgia Meloni and Hungarian Prime Minister Viktor Orban during European Council meeting in Brussels, Belgium 15 December 2022. EPA/OLIVIER HOSLET

Il primo ministro Viktor Orban ha appena affermato che l’Ucraina resta “anni luce” distante dall’essere invitata a far parte dell’Unione Europea (UE). Perché l’Ungheria, membro della NATO, ha un’opinione così diversa sull’Ucraina rispetto alla maggior parte degli altri suoi paesi alleati? C’è qualcosa che Budapest sa e che gli Stati Uniti e l’Europa non dicono ai propri cittadini?

“Innanzitutto credo che sarebbe assurdo essere spinti a fare una valutazione reale di come l’Ucraina si sta comportando in termini di stato di diritto, magistratura, diritti politici – non ci sono elezioni – riguardo alla libertà di parola, quando c’è la censura durante la guerra. È impossibile dare un giudizio su tali questioni, così come si sviluppano in un paese in guerra. Questo è il primo motivo. In secondo luogo, l’Unione Europea dovrebbe esportare la pace e non importare la guerra. Temiamo che l’inclusione dell’Ucraina significhi anche l’inclusione della guerra e non lo vogliamo. Oltre a ciò c’è anche una questione molto importante per noi ungheresi. C’è una grande comunità ungherese, composta da 150mila persone, che vive in Ucraina, e i diritti di questa importante comunità sono stati attaccati negli ultimi 8 anni. Negli ultimi anni i diritti della comunità etnica ungherese sono stati tremendamente violati dall’Ucraina. Anche dopo che all’Ucraina è stato concesso lo status di paese candidato all’UE, questi diritti sono stati ulteriormente violati. Ma sapete, il rispetto dei diritti delle minoranze nazionali è tra le regole più importanti dell’UE. Quindi i paesi che si comportano così male non dovrebbero aspettarsi una decisione unanime a loro favore nell’Unione Europea”.

Il primo ministro Orban ha anche affermato recentemente che l’Ungheria deve dire no all’attuale modello europeo costruito a Bruxelles, aggiungendo che deve rimanere nell’Unione europea, ma l’UE dovrà essere cambiata. Come lo fareste? Qual è il modello che proponete? E se non riuscirete a cambiare l’UE, Budapest la lascerebbe? È per questo che state già invitando il popolo ungherese a partecipare ad un referendum sull’Europa?

“No, ovviamente non lasceremo mai l’Unione Europea. Facciamo parte dell’Unione Europea e rimarremo come Stato membro dell’Unione Europea. Vogliamo che l’UE sia forte. Vogliamo che l’UE sia molto più forte di quanto lo sia attualmente. Vediamo molti sviluppi che stanno indebolendo l’Unione Europea. Ad esempio, non vogliamo che l’UE sia gli Stati Uniti d’Europa. Non vogliamo che l’UE sia un superstato federale. Vogliamo che l’Unione Europea sia composta da Stati membri forti e dotati di una forte integrazione. Cosa significa Stati membri forti? Gli Stati restano fedeli al loro patrimonio, alla loro cultura, alla loro storia, alle loro specificità nazionali. Ma se le specificità nazionali vengono uccise, gli Stati membri vengono indeboliti e, se gli Stati membri sono più deboli, tutta l’integrazione sarà più debole. Quindi vogliamo un’Unione Europea più forte, ma dobbiamo capire che l’UE potrà essere forte solo nel caso in cui gli stessi Stati membri lo sono”.

Il ministro degli Esteri Italiano Antonio Tajani con il collega ungherese Peter Szijjartò (Foto: Außenministerium)

Com’è lo stato dei rapporti dell’Ungheria con l’Italia e cosa pensa dell’accordo che il Primo Ministro Giorgia Meloni e il Primo Ministro albanese Edi Rama hanno recentemente siglato sulla questione migranti? Alcuni paesi in Europa pensano che sia una cattiva idea…

“Per prima cosa vorrei dirvi che rispettiamo molto Giorgia Meloni, rispettiamo molto il governo italiano, rispettiamo molto la decisione del popolo italiano. Siamo molto felici di lavorarci insieme e personalmente stimo molto il mio collega ministro Tajani e anche il ministro Salvini. Per quanto riguarda la migrazione abbiamo il nostro approccio e la nostra posizione. La nostra posizione è che solo le persone che hanno il diritto di venire in Europa dovrebbero poter venire. Tutti i paesi dovrebbero essere in grado di prendere la loro decisione sovrana. Chi avrebbero lasciato venire e chi no. Con chi vivrebbero insieme e con chi no. E questa non è una decisione che può essere presa a Bruxelles, a New York, a Washington o altrove. Tutti i paesi devono essere in grado di proteggersi, per garantire che chi si trova alle frontiere dell’Unione europea sia protetto e che le persone che entrano abbiano il diritto legale di entrare. Crediamo che l’immigrazione clandestina sia un crimine. Violare il confine di un paese è un crimine. Non si tratta di questione di diritti umani, ma di un crimine. Ci sono regole su come attraversare il confine di un paese. Ci sono regole su come entrare nel territorio di un paese. Se infrangi quelle regole, se le violi, commetti un crimine. Siamo molto aperti e onesti al riguardo, non ha nulla a che fare con i diritti umani”.

Dopo che il mese scorso il vostro Paese ha votato contro una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiedeva una “tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata che porti alla cessazione delle ostilità” a Gaza, come giudicate la risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU pochi giorni fa? L’Ungheria pensa che Israele dovrebbe rispettarla?

“Il modo migliore è spiegare perché non siamo d’accordo con la risoluzione approvata dall’Assemblea Generale. Quando si tratta del conflitto in Medio Oriente, noi ungheresi abbiamo un punto di vista speciale. Ci sono ancora cinque cittadini ungheresi tenuti in ostaggio. Vogliamo che gli ostaggi vengano rilasciati immediatamente e senza alcun tipo di precondizione. Ecco perché se una risoluzione non include questo punto non possiamo sottoscriverla. Abbiamo chiesto all’Assemblea Generale di includere questo punto nella risoluzione attraverso una proposta canadese, ma è stata respinta. Oltre a ciò, questa risoluzione non parla di come è iniziato questo conflitto. Anche se è iniziato un mese e mezzo fa, non dimentichiamo che il punto iniziale è stato il brutale attacco terroristico contro Israele e dobbiamo menzionarlo. Pertanto crediamo che sia nell’interesse dell’intera comunità globale che in futuro non possano verificarsi attacchi terroristici così atroci, per questo crediamo che la lotta contro il terrorismo debba avere successo. Non è solo l’interesse di Israele, ma anche della comunità globale. Quindi, nel caso in cui la richiesta di rilascio immediato degli ostaggi non faccia parte di una risoluzione Onu, non possiamo sottoscriverla”.

Members of the ‘Hostages and Missing Persons Family Forum’ mark the one month anniversary since the 07 October attack by Hamas, with prayers and a vigil at the Western Wall in Jerusalem, 07 November 2023. More than 10,000 Palestinians and at least 1,400 Israelis have been killed, according to the Israel Defense Forces (IDF) and the Palestinian health authority, since Hamas militants launched an attack against Israel from the Gaza Strip on 07 October, and the Israeli operations in Gaza and the West Bank which followed it. EPA/NEIL HALL

Ma nel caso della Risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza?

“Non siamo membri del Consiglio di Sicurezza e non abbiamo studiato la risoluzione approvata, quello che posso dirvi è che noi ungheresi ci troviamo d’accordo, quando troviamo nella risoluzione citato l’inizio del conflitto, il rispetto al diritto di Israele all’autodifesa e la sollecitazione ad Hamas di rilasciare tutti gli ostaggi. Solo se ci saranno questi elementi potremo discutere se sottoscrivere la risoluzione”.

Riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: quanto è urgente? Qual è la posizione dell’Ungheria?

“Crediamo che l’efficacia delle Nazioni Unite dovrebbe essere migliorata, senza dubbio, ma non vedo davvero l’interesse dei grandi paesi a conformarsi a tale scopo. Penso che oggigiorno resti importante il Consiglio di Sicurezza: i paesi che hanno rapporti ostili tra loro devono potersi incontrare. L’ONU e il Consiglio di Sicurezza continuano ad offrire una piattaforma per il dialogo, per la discussione tra questi paesi. Spero che le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza sopravvivano a questo periodo molto turbolento”.

Peter Szijjartò durante l’intervista alla missione dell’Ungheria alle Nazioni Unite (Foto VNY)

Torniamo alla situazione di Gaza: l’Ungheria ha qualche informazione sui bambini israelo-ungheresi tenuti in ostaggio da Hamas nella Striscia di Gaza?

“Purtroppo ci sono cinque cittadini ungheresi tenuti in ostaggio da Hamas. Tra loro ci sono due bambini. Siamo in contatto quotidiano con la task force del governo israeliano che si occupa di questo problema e sono in contatto regolare con la mia controparte del Qatar che ci sta aiutando con Hamas, per liberare gli ostaggi, ma questo è tutto ciò che sappiamo. Purtroppo”.

E’ ottimista?

“Devo esserlo”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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