Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per l’ennesima volta venerdì sera per discutere della guerra israelo-palestinese che infuria a Gaza, ma ancora una volta rimanendo privo di un consenso che possa far approvare una risoluzione umanitaria ai 15 membri. Gli ambasciatori hanno ascoltato la terrificante testimonianza del capo dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite che ha affermato che l’intero sistema sanitario dell’enclave è ormai “in ginocchio”.
Dopo molteplici sforzi per trovare una risposta unitaria dopo i primi attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre e l’assedio su vasta scala e l’incursione a Gaza da parte delle forze israeliane, il Consiglio di Sicurezza ha ascoltato un briefing da parte del Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Tedros Adhanom Ghebreyesus e dal direttore generale della Mezzaluna Rossa Palestinese Marwan Jilani sulla situazione in corso. Gli Emirati Arabi Uniti hanno chiesto l’incontro, citando “la spirale della crisi sanitaria in mezzo ai continui attacchi agli ospedali”.
Questa è stata la settima volta che il Consiglio si riunisce sulla crisi attuale dal 7 ottobre. All’inizio la riunione è stata aperta dal presidente del Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore della Cina Zhang Jun, che ha invitato ad alzarsi per un minuto di silenzio dedicato a tutti coloro che hanno perso la vita in Israele a causa degli attacchi del 7 ottobre e per tutti i civili palestinesi che sono morti durante i combattimenti.
All’inizio del suo intervento, il capo dell’OMS Tedros ha affermato di comprendere appieno la rabbia e il dolore del popolo israeliano in seguito ai “barbari” attacchi di Hamas. L’uccisione di 1.400 persone è “incomprensibile”, ha aggiunto, sottolineando che le conseguenze sulla salute mentale dei sopravvissuti continueranno per molto tempo. Tedros ha detto di essere seriamente preoccupato per gli ostaggi ancora detenuti e che incontrerà altre famiglie la prossima settimana a Ginevra. Allo stesso tempo, Tedros ha detto di comprendere anche la rabbia, il dolore e la paura del popolo di Gaza, che soffre “la distruzione delle loro famiglie, delle loro case, delle loro comunità e della vita che conoscevano”.
Tedros ha informato il Consiglio che dall’inizio del conflitto ci sono stati più di 250 attacchi contro centri sanitari a Gaza e 25 in Israele. Più di 100 colleghi delle Nazioni Unite sono stati uccisi. La metà degli ospedali di Gaza non funzionano affatto, e i restanti funzionano ben oltre le loro capacità. “Il sistema sanitario è in ginocchio”.
La situazione sul campo a Gaza è drammatica, ha affermato il capo dell’OMS, dagli ospedali che effettuano operazioni senza anestetici al fatto che un bambino viene ucciso ogni dieci minuti. “Da nessuna parte e nessuno è al sicuro”, ha detto, aggiungendo che il personale medico è alle prese con il tentativo di gestire i bisogni sanitari di 2,3 milioni di persone.
Il capo dell’OMS ha affermato che il modo migliore per sostenerle è fornire ciò di cui gli operatori sanitari hanno bisogno per salvare vite umane. Sono state inviate circa 63 tonnellate di tali aiuti, ma è necessario un accesso illimitato per raggiungere i civili, che non sono responsabili della crisi. Una media di 500 camion al giorno entravano a Gaza con rifornimenti essenziali. Dal 21 ottobre sono entrati nell’enclave solo 650 camion umanitari, ha spiegato Tedros. L’OMS ha continuato a chiedere un cessate il fuoco. Ha inoltre invitato Hamas a rilasciare gli ostaggi e Israele a ripristinare le forniture di acqua, elettricità e soprattutto carburante. Ha inoltre invitato entrambe le parti a rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario.
“Capisco quello che devono passare i bambini di Gaza perché da bambino ho passato la stessa cosa”, ha detto, ricordando il suono dei proiettili traccianti, degli spari e “l’odore e le immagini” della guerra. Tedros ha detto che avendo vissuto la guerra da bambino e da genitore, “so cosa significa”, affermando che i bambini e le famiglie israeliane e palestinesi vogliono pace e sicurezza. Avendo ben compreso la sofferenza e l’orrore vissuti oggi a Gaza, Tedros ha affermato che il Consiglio di Sicurezza non sta servendo più allo scopo per cui è stato istituito, non per il 21° secolo, aggiungendo che “per rimanere credibili, rilevanti e una forza per la pace nel nostro mondo, gli Stati membri… devono prendere seriamente la necessità di riformare il Consiglio di Sicurezza”.

Poi è stata la volta di Marwan Jilani, direttore generale della Mezzaluna Rossa Palestinese, che ha fornito una panoramica degli eventi recenti, sottolineando che ha dovuto riscrivere la sua dichiarazione più volte poiché la situazione “sta cambiando di minuto in minuto”. Le persone vengono colpite “mentre parliamo”, con 20 feriti a causa del fuoco diretto all’ospedale Al Quds di Gaza City. Migliaia di persone corrono il rischio imminente di essere uccise, ha avvertito, affermando che ci sono 14.000 civili sfollati ad Al Quds, con il generatore principale spento per mancanza di carburante. Ora c’è il “serio rischio” che tutti i pazienti in terapia intensiva e i bambini nelle incubatrici possano morire. Jalani ha detto che le malattie stavano cominciando a diffondersi. Ha rivelato che 36 membri della famiglia di un medico sono stati uccisi. La descrizione della morte di massa non può rendere giustizia agli orrori e al trauma di dormire sotto il “terrorizzante bombardamento”, ha detto, chiedendo che venga urgentemente consentito l’ingresso di carburante nella Striscia di Gaza. Jalini ha detto che molti moriranno di fame o di malattie a causa della mancanza di carburante, invitando il Consiglio a chiedere un cessate il fuoco effettivo ed immediato, insieme ad aiuti di emergenza per il nord di Gaza: “Ascoltate le grida dei bambini intrisi di sangue”, ha detto il direttore generale della Mezzaluna Rossa Palestinese, che si chiedono perché il mondo è così indifferente alle loro vite.

Quando l’ambasciatore Riyad Mansour, osservatore permanente all’ONU dello Stato di Palestina, ha preso la parola, ha lanciato un appello al Consiglio affinché “fermi il massacro; si deve smettere subito”.
“La risoluzione dell’Assemblea Generale deve essere attuata; il Consiglio di Sicurezza deve dare eco ai suoi appelli”, ha affermato Mansour. “Non lasciate passare un altro giorno a negoziare quante decine di camion entreranno; devono entrare ogni giorno a centinaia e migliaia”, ha detto l’ambasciatore palestinese. “La voce delle agenzie umanitarie deve essere ascoltata, le grida della nostra gente devono essere ascoltate e le bombe devono essere messe a tacere. Ora, non più tardi”.
Mansour ha detto che questa situazione scioccante deve essere affrontata, mentre il bilancio delle vittime aumenta, ricordando che la prima riunione del Consiglio sulla questione il mese scorso si è svolta quando centinaia di palestinesi erano stati uccisi e oggi quel numero ha raggiunto gli 11.000, tra cui 4.500 bambini. “Ci incontriamo e in queste sale si possono sentire, se si ascolta bene, le grida dei nostri figli sotto le macerie abbandonate dall’umanità”, ha detto Mansour. “Ci incontriamo perché solo poche centinaia di camion sono entrati a Gaza in 30 giorni e un numero di anime 10 volte superiore è partito per i cieli”.
La stessa sofferenza che la sua generazione ha dovuto affrontare tormenta oggi i giovani palestinesi, ha ricordato l’ambasciatore palestinese, dicendo “di essere abbastanza vecchio” per essere nato prima del 1948. “L’assassino non ha mai nascosto le sue intenzioni; ha parlato di vendetta potente, di bestie umane e ha dichiarato che avrebbe imposto un assedio terrificante”, ha detto il diplomatico palestinese, per poi accusare: “Ha chiesto il rilascio di 200 ostaggi e ne ha presi più di due milioni”. Israele continua a bombardare Gaza, ha detto Mansour. “Ci vogliono cacciare dal nostro paese, fuori dalla nostra terra”, ha detto. “Il loro nemico strategico è l’indipendenza del nostro Stato, la libertà del nostro popolo. Le uniche opzioni che ci hanno mai dato: sottometterci, andarcene o morire. O in termini giuridici internazionali: apartheid, pulizia etnica o genocidio”.
Secondo il rappresentante all’ONU dell’Autorità palestinese, oggi Israele consente un numero sufficiente di camion per far finta che non stia imponendo l’assedio ma non abbastanza per salvare vite umane e sta attuando pause umanitarie immaginarie il cui unico obiettivo è costringere le persone a fuggire, non per offrire loro qualche sollievo che garantisca la loro sopravvivenza. “Venivo qui per chiedere protezione internazionale dal costante attacco contro il nostro popolo; ora vengo a occuparmi della sopravvivenza del mio popolo”, ha detto Mansour. “Venivo qui per proteggere il mio popolo dai crimini di guerra e dai crimini contro l’umanità. Ora vengo a chiedere protezione dal genocidio”. Quindi Mansour ha ribadito che se esistono ancora le regole, allora devono applicarsi anche a Israele, e se ci sono i diritti, allora anche il popolo palestinese ha diritto ad averli, senza “nessun doppio standard”.

A questo punto è stata la volta dell’ambasciatore d’Israele Gilad Erdan, che si è ripresentato in aula con la stella gialla sulla giacca che aveva già suscitato polemiche anche in Israele. Seduto dietro Erdan, si notava Mosab Hassan Yousef, figlio di uno dei fondatori di Hamas, da anni rifugiato politico negli USA, invitato alla riunione dell’ONU dallo stesso ambasciatore israeliano. Il diplomatico israeliano ha ricordato come gli israeliani hanno subito un pogrom cinque settimane fa, alla pari “dei massacri della Notte dei cristalli del novembre 1938 sotto i nazisti”. Per Erdan è assurdo che il focus del briefing fosse sugli ospedali di Gaza, ma non facesse menzione di un attacco diretto contro un ospedale israeliano, solo pochi giorni fa, da parte di razzi di Hamas. Quindi il diplomatico israeliano ha detto che i combattenti di Hamas hanno sparato alle ambulanze per impedire loro di aiutare i feriti, e che Israele ha rivelato che Hamas ha il suo quartier generale dentro e sotto l’ospedale Al Shifa, utilizzando le ambulanze come mezzo per trasportare armi.
“Ogni centimetro di Gaza è stato trasformato in una trappola terroristica”, ha detto Erdan. “Niente è sacro” per questi terroristi di Hamas, ha aggiunto. Il loro “è un crimine di guerra di proporzioni epiche”. Per settimane, ha detto, Israele ha dato ai civili tutti i dovuti avvertimenti e un passaggio sicuro per lasciare la zona di guerra controllata da Hamas, mentre Hamas impedisce loro di farlo. Quindi Erdan ha affermato che Israele ha cercato in tutti i modi “di mitigare le vittime civili”. Per gli israeliani la vita è sacra, ma per Hamas di sacro c’è la morte.
Erdan ha attaccato gli alti funzionari delle Nazioni Unite, incluso il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, per non aver rispecchiato la verità della situazione sul campo. “Purtroppo si diffondono falsità completamente staccate dalla realtà”, ha affermato, dicendo che il briefing dell’OMS si basava su informazioni di Hamas, non sui dipendenti delle Nazioni Unite e che il sistema Onu ora “favorisce il terrorismo” in relazione alla guerra a Gaza. Parole pesanti contro l’ONU quelle pronunciate dal rappresentante di Israele, che ha insistito: nell’accogliere l’Iran a parlare a New York, l’ONU ha “perso completamente la sua bussola morale”. Poi ha ricordato come Hamas dichiara pubblicamente che avrebbe compiuto ulteriori atrocità, se ne avesse avuto la possibilità. L’unico modo per prevenire qualsiasi ripetizione di tali crimini è eliminare le capacità di Hamas, ha insistito Erdan, che ha concluso il suo intervento dicendo che bisogna concentrarsi sulle soluzioni per i civili di Gaza in seguito alla distruzione di Hamas, questo dovrebbe essere il focus dell’ incontro, e nient’altro.
L’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti Lana Zaki Nusseibeh, che aveva richiesto la riunione (nel video sopra, mentre parla della risoluzione in preparazione con i giornalisti prima della riunione) ha reso omaggio agli eroi silenziosi che stanno fornendo assistenza medica salvavita a Gaza. Poi ha anche condiviso storie su alcune delle persone colpite dal conflitto, come una studentessa di medicina chiamata Alaa, la cui casa è stata rasa al suolo durante un attacco aereo israeliano. La giovane donna è stata estratta viva dalle macerie, insieme ai corpi senza vita della madre, del fratello e del nipote: “Sento il bisogno di ricordare al Consiglio che, come Alaa, ognuno dei 2.650 attualmente segnalati come intrappolati sotto le macerie sono esseri umani e che più della metà di loro sono bambini”, ha detto Nusseibeh.
Gli Emirati Arabi Uniti stanno creando un ospedale da campo a Gaza, lavorando in solidarietà con il personale medico locale e in collaborazione con Israele, per contribuire ad alleviare la sofferenza (anche l’Italia, intanto, ha mandato una nave ospedale al largo di Gaza, ndr). Tuttavia, ha detto la diplomatica degli Emirati, questo non è altro che “un cerotto su una frattura”.
Nusseibeh ha affermato che non ci possono essere dubbi sul fatto che gli attacchi di Israele nel perseguimento della sua sicurezza sono sproporzionati, crudeli e disumani, cosa che gli Emirati condannano nella maniera più ferma possibile, ma subito dopo Nusseibeh ha aggiunto: “Non dobbiamo inoltre dimenticare che anche coloro che sono tenuti in ostaggio a Gaza da Hamas, molti dei quali bambini, stanno soffrendo per gli stessi bombardamenti e traumi psicologici e devono essere rilasciati immediatamente”. L’Ambasciatrice del paese arabo ha avvertito che il mondo “sta assistendo alla creazione di una generazione perduta di bambini e giovani segnati fisicamente e mentalmente da queste esperienze”.
Il vice rappresentante permanente degli Stati Uniti, Robert Wood, ha affermato che la sua delegazione nutre empatia per entrambe le parti, aggiungendo che “riconoscere la sofferenza di una parte non nega né sminuisce quella dell’altra”. Washington sta monitorando la situazione negli ospedali di Gaza, ha detto, sottolineando la necessità di proteggere loro e i civili che servono e che “resta ancora molto lavoro da fare per soddisfare i bisogni umanitari a Gaza”. “Il modo in cui Israele risponde a Hamas è importante”, ma la sua risposta deve rispettare il diritto umanitario internazionale, ha avvertito il diplomatico di Washington. Nel frattempo, i bisogni umanitari a Gaza sono immensi, ha aggiunto Wood, sottolineando che la pausa nelle ostilità può fornire una via per portare aiuti a chi ne ha bisogno. “Siamo tutti impegnati a lavorare per raggiungere questi obiettivi. È tempo di intensificare e sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite” e quindi il rappresentante degli USA ha ripetuto la necessità di porre fine al conflitto per garantire una pace duratura nella regione, affermando che “l’unica strada verso la pace è attraverso una soluzione a due Stati”.

Barbara Woodward, ambasciatrice del Regno Unito, ha affermato che è essenziale e urgente che maggiori aiuti arrivino a Gaza attraverso il passaggio di Rafah e altri punti per soddisfare gli attuali disperati bisogni umanitari e oertanto, devono essere attuate delle pause per consentire la consegna degli aiuti, compreso il carburante, e gli ostaggi devono essere rilasciati: “Le pause nel nord di Gaza sono un primo passo”, ha detto, ma qualsiasi sforzo di questo tipo deve garantire il tempo e la sicurezza necessari per consentire la consegna degli aiuti. Esprimendo le sue condoglianze per ogni vita persa, Woodward ha affermato che Israele deve fare di più per prevenire un’escalation della situazione in Cisgiordania, per poi ribadire che anche il Regno Unito rimane fermamente impegnato nella soluzione dei due Stati.
Quando è venuto il turno della Russia, l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha affermato che i briefing “scioccanti” degli operatori umanitari e la situazione attuale descrivono una “catastrofe” di una massiccia distruzione di obiettivi civili. Passando alla colossale carenza di beni di prima necessità come l’acqua, Nebenzia ha affermato che se questi primari bisogni non verranno soddisfatti, le conseguenze e le ricadute continueranno per decenni a venire: “In tutte le guerre ci sono delle leggi”, ha detto, riferendosi a un recente rapporto su esplosioni contro ospedali e moschee nel sud di Gaza. “Le zone sicure oggi semplicemente non esistono nella Striscia di Gaza”. Nebenzia ha affermato che anche la violenza in Cisgiordania merita l’attento esame del Consiglio, tra le segnalazioni di punizioni collettive e arresti arbitrari e la denuncia di 148 morti palestinesi. Secondo la Russia, serve un cessate il fuoco tempestivo, e non pause a breve termine, per porre fine alle vittime e consentire la distribuzione degli aiuti. Il rischio che il conflitto si estenda nella regione è serio, ha affermato Nebenzia che ha indicato la maggiore presenza militare straniera nella zona, in particolare quella degli Stati Uniti, come parte dell’escalation complessiva delle tensioni.
L’ambasciatore cinese Zhang Jun, il cui paese detiene la presidenza del Consiglio a novembre (nel video sopra, parla con i giornalisti prima della riunione), parlando a titolo nazionale, ha detto che la situazione ora è peggiorata oltre una crisi umanitaria. Ricordando un incontro con le parti interessate, convocato in qualità di presidente del Consiglio, Zhang si è detto colpito dalla loro aspettativa che il Consiglio agisca in modo efficace: “Di fronte a tutto questo, il mondo deve parlare unito”, ha detto. “Quando è troppo è troppo.” Per la Cina è ora che il Consiglio intraprenda azioni significative per sostenere la giustizia e mantenere la pace. Ciò include la facilitazione di una tregua duratura e l’apertura di un corridoio per fornire aiuti e la risposta all’appello delle Nazioni Unite per istituire un meccanismo di evacuazione medica. “Un cessate il fuoco è l’unica speranza per la sopravvivenza del popolo di Gaza”, ha affermato Zhang, invitando coloro che hanno influenza, a mettere da parte le differenze e a porre fine alla violenza: “Non c’è tempo da perdere nel salvare vite umane”, ha affermato l’ambasciatore cinese, aggiungendo che nessun futuro può discostarsi dalla soluzione dei due Stati. Pertanto, la Cina è pronta a contribuire a facilitare la pace in Medio Oriente.

Al termine dell’incontro, il direttore generale dell’OMS Tedros ha richiesto di prendere la parola, per ribadire che “a Gaza, nessuna parte e nessuno è al sicuro”, per poi tentare di scuotere gli ambasciatori chiedendo: “Immaginate… immaginate di essere intrappolati in quella situazione… Ecco perché chiediamo un cessate il fuoco e un accesso umanitario illimitato. E allo stesso tempo, ovviamente, chiediamo anche al Consiglio di Sicurezza di fare tutto il possibile per il rilascio degli ostaggi”. Tedros ha anche voluto dire la sua sulla soluzione a lungo termine, ritenendo vantaggioso uno Stato palestinese anche per Israele, e di essere stato lieto di sentire molti nella Camera del Consiglio, sottolineare l’importanza della soluzione a due Stati come “soluzione a lungo termine”.
All’uscita del Consiglio di Sicurezza, gli ambasciatori non avevano alcuna voglia di parlare con i giornalisti in attesa. Solo due donne, le ultime ad uscire, sono disposte a fermarsi, (vedi video sopra), l’ambasciatrice degli Emirati Lana Nusseibeh e la collega di Malta, Vanessa Frazier. Entrambe hanno cercato di spiegare perché ancora non fosse pronta per essere messa ai voti la risoluzione dei “Dieci” (i paesi non permanenti) che si attende ormai da oltre due settimane. Quando abbiamo cercato di scuotere le due diplomatiche, dicendo che questa ennesima riunione sembrava un “deja vù”, dove si ripetono i discorsi ma in concreto non si fa nulla per fermare la morte dei civili, e che quindi il Consiglio di Sicurezza ormai appariva agli occhi dell’opinione pubblica “inutile”, l’ambasciatrice maltese Frazier è apparsa turbata e ha replicato: “Non è così, stiamo lavorando per salvare vite, e anche questi discorsi molto toccanti che si sono sentiti oggi servono a questo, a farci raggiungere l’obiettivo”. Allora, a che punto è la risoluzione da mettere ai voti? “Siamo più vicini che mai” hanno assicurato Frazier e Nusseibeh, senza aggiungere di più “per non compromettere nulla, ma ci siamo”. Già, possiamo anche restare in attesa di una ennesima riunione del Consiglio, ma per i civili di Gaza, ogni giorno in più “all’inferno” significa avere meno speranze di restare vivi.