L’Italia non sarà tra le maggiori potenze militari dello scacchiere internazionale, ma per quanto riguarda il cosiddetto “soft-power” la sua diplomazia sicuramente rappresenta una super-potenza. La grande arte contemporanea italiana è stata protagonista al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite con l’esposizione di opere messe a disposizione dal ministero degli Esteri della Repubblica italiana.

Così ecco negli spazi delle Nazioni Unite esposto il “Quadro celeste” di Gianni Dessè, che nel colore ricorda proprio la bandiera e i caschi blu dell’Onu. Ecco la figura dinamica nello spazio di Umberto Boccioni, il “Giove e Antiope” di Giulio Paolini, il “Santuario” di Mario Schifano, “Viaggio in Italia” di Achille Perilli, “CleoPatria” di Luigi Ontani, “Lin-sat” di Sergio Lombardo, “Quadro celeste”, i “Pinguini” di Maurizio Mochetti, “Lin-sat” di Sergio Lombardo…
Le opere d’arte moderna esposte da giovedì fino al 27 ottobre nei saloni del Palazzo di Vetro, fanno parte di un gruppo di 72 distribuite in altri spazi delle sedi istituzionali dell’Italia a New York. Altre opere si possono infatti ammirare anche alla Rappresentanza permanente italiana alle Nazioni Unite, nella residenza dell’ambasciatore all’Onu, all’Istituto Italiano di cultura e il Consolato generale a Park Avenue.
La magnifica Collezione Farnesina celebra la “Grande visione italiana”: prima che a New York, le opere sono state già esposte a Singapore, Tokyo, Nuova Delhi e Seoul.
Il curatore generale della mostra è il celebre critico d’arte Achille Bonito Oliva, con Paola Marino curatrice e il coordinamento organizzativo di Simona Rossi e progetto espositivo di Anna Fresa. Alla cerimonia di inaugurazione hanno partecipato l’ambasciatore d’Italia all’Onu Maurizio Massari, il direttore dell’Istituto di cultura di New York Fabio Finotti, l’ambasciatore Umberto Vattani (che quando era alla Farnesina ebbe l’idea della collezione), il curatore Achille Bonito Oliva.
La bellissima mostra su questi pezzi straordinari di arte moderna italiana è stata presentata davanti ad un pubblico attento e numeroso (vedi video sopra), con ospiti di rango – abbiamo contato almeno 40 ambasciatori e ambasciatrici tra i quali quello della Cina, e quella dell’India – e poi tra i tanti diplomatici, abbiamo notato uno dei maggiori esperti mondiali d’arte moderna: Jay A. Levenson.
Al direttore del programma internazionale del Museum of Modern Art di New York (MoMA), mentre ammirava i pezzi con accanto l’ambasciatore Vattani (vedi sopra video in cui risponde sul “soft power”), abbiamo chiesto di rilasciarci un commento sulla mostra.
Jay A. Levenson, che ne pensa della mostra? L’Italia si fa rispettare tra chi punta ad esercitare nel mondo il “soft power”?
“Il mio dipartimento al MoMA è stato originariamente concepito per far circolare mostre internazionali anche come forma di ‘diplomazia culturale’ da parte del settore privato, ma anche per mostrare un aspetto del ‘soft power’ nella diplomazia americana. Così penso che sia molto importante per un paese mostrare la sua forza attraverso la cultura”.

Il pubblico internazionale quando si parla di arte italiana è abituato ad ammirare i grandi maestri del Rinascimento, tutti corrono per Leonardo, Michelangelo… Con questa dimostrazione d’arte moderna italiana, lei crede che l’Italia possa esercitare lo stesso tipo di “soft power”?
“E’una cosa diversa. L’arte di ogni periodo è diversa. Poi, in ogni opera esposta, se si guarda bene, si può intravedere quella tradizione che va indietro almeno fino al Rinascimento, se non prima. Credo che sia molto appropriato avere una esibizione di arte contemporanea italiana, perché fa vedere come una certa tradizione italiana continua, non è morta, anzi”.
Se fossimo al MoMA la domanda non la chiederemmo perché sappiamo che non ci risponderebbe, ma qui, tra le opere esposte oggi al Palazzo di Vetro dell’ONU, quale è la sua favorita?
“Ovviamente è la scultura di Boccioni, infatti ne abbiamo una anche noi!”.

Poi, camminando tra le opere d’arte, abbiamo avvicinato l’Ambasciatore Maurizio Massari, che guida da due anni la missione italiana alle Nazioni Unite.
Ambasciatore, perché questa mostra ora?
“L’obiettivo principale è proprio quello di dimostrare che l’Italia, come superpotenza culturale, riesce attraverso l’arte e la cultura a parlare al mondo intero e qui all’Onu abbiamo 193 paesi. Cercando di stabilire ponti di dialogo con un avvicinamento anche umano con tutti questi paesi nei diversi continenti. Questo è molto importante in un momento di grandi divisioni, conflitti e frammentazione del sistema internazionale. Sono impressionato nel vedere che sono venuti tantissimi dei miei colleghi”.

Abbiamo notato infatti anche l’ambasciatrice indiana Ruchira Kamboj con un gran sorriso…
“Lei, ma anche l’ambasciatore cinese Zhang Jun, quello francese Nicolas de Rivière, ho visto il rappresentante dell’Irlanda, del Kazakistan, credo che ci fossero almeno una cinquantina di miei colleghi ambasciatori. Ovviamente la mostra è fino al 27 ottobre e altri la visiteranno. Questo dimostra quale è la forza di attrazione della cultura italiana, nella capacità di parlarsi e costruire ponti di dialogo. Alla fine in un mondo così complesso bisogna sviluppare canali di reciproca comprensione. La cultura aiuta e chi più dell’Italia può esercitare questo”.
Sulle armi strategiche l’Italia non sarà una super potenza, ma sul “soft power” non la batte nessuno?
“Sul soft-power siamo sicuramente una potenza globale, credo che ci venga riconosciuto un po’ da tutti, e abbiamo una capacità di aggregazione nelle diverse parti del mondo che è fortissima. Tutte le nostre iniziative, e io lo registro qui al Palazzo di Vetro dell’Onu, e non solo in quelle culturali, ma anche in quelle politiche che vengono avviate dall’Italia, raccolgono un consenso amplissimo. Proprio perché l’Italia riesce a porsi nel modo giusto nei confronti del resto del mondo rispetto alle diversità, culturali, politiche, economiche degli altri paesi. Cercando di aiutare nella soluzione di conflitti, favorendo l’opportunità di pace e prosperità per tutti, senza agende nascoste e senza fare delle lezioni a nessuno, ma cercando di ascoltare e porsi come partner disponibile alla cooperazione”.