Al paese più popolato del mondo, l’India, tocca di parlare l’ultimo giorno di dibattito di alto livello di UNGA78, perché a salire sul palco dell’Assemblea Generale non c’è il premier indiano Narendra Modi, ma il suo ministro degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar. Anche se martedì 26 settembre la sala non può avere la stessa atmosfera del giorno d’apertura con gli interventi di Lula, Biden e Zelensky, comunque l’attenzione verso “la vision” del mondo che l’India vuole proporre era altissima. Anche perché, la crisi esplosa proprio alla vigilia di UNGA78 tra il Canada e l’India per l’assassinio di un attivista indipendentista sikh di cittadinanza canadese, Hardeep Singh Nijjar, avvenuta nel Surrey il 18 giugno scorso, da parte di uomini armati mascherati. Delitto di cui lo stesso premier Justin Trudeau ha accusato pubblicamente il governo di New Dehli e che quindi potrebbe avere dei risvolti geopolitici da far saltare tutti i piani diplomatici di chi fino a pochi giorni fa, tra gli alleati NATO – come lo stesso presidente Biden – propagandava la necessità di spingere per un posto di membro permanente al Consiglio di Sicurezza per il gigante India (anche per controbilanciare l’influenza cinese).
Jaishankar dal podio dell’ONU non ha deluso chi si aspetta un ruolo sempre più influente dell’India nel mondo; con un discorso che indicava che sono finiti i giorni in cui solo poche nazioni stabilivano l’agenda globale e “si aspettavano che le altre si allineassero”, come ha dichiarato martedì il ministro degli Esteri indiano all’Assemblea generale.
Jaishankar ha affermato che “spesso sosteniamo la promozione di un ordine basato su regole. Di tanto in tanto viene invocato anche il rispetto della Carta delle Nazioni Unite. Ma nonostante tutto questo parlare, ci sono ancora alcune nazioni che definiscono l’agenda e cercano di definire le norme. Ciò non può andare avanti all’infinito. Né resterà incontrastato”.

Jaishankar ha sottolineato la pressante questione delle disuguaglianze strutturali, dello sviluppo ineguale e del loro impatto sullo sviluppo sostenibile, in particolare nei paesi del Sud del mondo.
Rivolgendosi al dibattito generale dell’Assemblea, ha sottolineato che queste disparità, insieme agli effetti dirompenti della pandemia di COVID-19 e alle conseguenze dei conflitti e delle tensioni in corso, hanno provocato una battuta d’arresto nel progresso socioeconomico raggiunto negli ultimi anni. “Le risorse per lo sviluppo sostenibile sono gravemente messe a dura prova. E molti paesi fanno davvero fatica ad arrivare a fine mese”, ha detto.
Jaishankar ha ricordato il recente vertice del G20 e ha affermato che la presidenza indiana si è concentrata sulle “preoccupazioni chiave di molti, non solo sugli interessi ristretti di pochi”. “In un momento in cui la polarizzazione Est-Ovest è così netta e il divario Nord-Sud così profondo, il Summit di Nuova Delhi afferma anche che la diplomazia e il dialogo sono le uniche soluzioni efficaci. L’ordine internazionale è diversificato e dobbiamo provvedere alle divergenze, se non alle differenze”, ha affermato il ministro Indiano che poi ha detto la frase ad effetto: “Sono finiti i giorni in cui poche nazioni stabilivano l’agenda e si aspettavano che le altre si adeguassero”.
Il ministro ha preso atto dei risultati del vertice, tra cui un piano d’azione per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), iniziative ambientali, evidenziando la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e l’ammissione dell’Unione africana come membro permanente del G20. “In questo modo, abbiamo dato voce a un intero continente, cosa che gli era dovuta da tempo”, ha affermato Jaishankar, e in tale contesto, ha sollecitato la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in cui l’India si aspetta un posto permanente, insieme a Giappone, Germania, Brasile e un paese africano ancora da individuare (Sud Africa? Nigeria? O forse un seggio all’Unione Africana?)
Nel suo discorso, il ministro Jaishankar ha affermato che tutte le nazioni perseguono i propri interessi nazionali, cosa che l’India non vede in contraddizione con il bene globale. “Quando aspiriamo ad essere una potenza leader, non è per auto-esaltazione ma per assumerci maggiori responsabilità e dare maggiori contributi. Gli obiettivi che ci siamo prefissati ci renderanno diversi da tutti coloro la cui ascesa ha preceduto la nostra”, ha affermato.
Ha inoltre sottolineato la collaborazione dell’India a livello globale, compresa l’assistenza nella risposta ai disastri in Turchia e in Siria, il sostegno allo Sri Lanka durante la crisi economica e il contributo del suo Paese alla sicurezza alimentare, alla tecnologia e all’azione per il clima.

A livello nazionale, ha affermato che un terzo dei seggi nelle legislature indiane sono riservati alle donne attraverso l’adozione di una “legislazione innovativa”.
Il Summit del Futuro del prossimo anno dovrebbe essere un’opportunità per guidare il cambiamento, sostenere l’equità e riformare il multilateralismo, ha affermato Jaishankar. Ciò dovrebbe includere l’espansione dei membri del Consiglio di Sicurezza, ha aggiunto, sottolineando: “Dobbiamo affrontare le sfide globali permeati dalla convinzione che siamo una sola terra e una sola famiglia, con un solo futuro”.
Nello stesso giorno del discorso all’Assemblea Generale, il ministro degli Esteri indiano Jaishanka è poi stato ospite nelle prestigiose stanze del Council on Foreign Relations di New York per parlare di politica estera e rispondere alle domande degli esperti. Ma ovviamente “l’elefante nella stanza” restava la crisi tra Canada e India, e difatti subito è arrivata la domanda se il governo indiano avesse ricevuto da quello di Ottawa le prove del suo coinvolgimento nell’assassinio del militante indipendentista sikh Hardeep Singh Nijjar di nazionalità canadese e come le avesse valutate. Dalla risposta del ministro indiano, si è capito che l’India non avrebbe ancora ricevuto alcuna prova e per questo ha chiesto al Canada di condividere qualsiasi informazione in suo possesso che leghi il governo indiano all’uccisione di un leader separatista sikh nella Columbia Britannica, ha replicato Jaishankar.
Il popolare leader separatista aveva condotto una campagna per la creazione di uno stato Sikh indipendente in India chiamato Khalistan. “Abbiamo detto ai canadesi: se avete qualcosa di specifico, se avete qualcosa di rilevante, fatecelo sapere, siamo aperti a prenderlo in considerazione”, ha detto Jaishankar martedì durante la discussione al Council on Foreign Relations. Il ministro indiano ha anche affermato che il Canada è stato informato che non rientra nella politica dell’India effettuare omicidi all’estero. E poi Jaishankar ha indicato una pista dove dovrebbero concentrarsi gli investigatori canadesi, sottolineando che negli ultimi anni il Canada è stato teatro di una forte criminalità organizzata e che l’India avrebbe presentato un gran numero di richieste di estradizione al governo canadese. “Abbiamo parlato di dettagli e informazioni che abbiamo effettivamente dato ai canadesi, abbiamo dato loro molte informazioni sulla leadership della criminalità organizzata, che opera fuori dal Canada”, ha detto Jaishankar. “Ci sono leader terroristici che sono stati identificati. Quindi, cercate di capire che c’è in certi ambiente là fuori.” Insomma secondo il governo di New Dheli, il delitto sarebbe roba di “mafia” tra gruppi criminali Sikh.
Al Council on Foreign Relations, Jaishankar è riuscito anche a parlare di geopolitica, indicando di prevedere che la Russia si concentrerà sul rafforzamento delle sue relazioni con i partner asiatici in seguito alle ricadute con i paesi occidentali per la sua operazione militare speciale in Ucraina. “In realtà prevedo che la Russia farà sforzi molto strenui per costruire relazioni alternative, molte delle quali saranno in Asia”, ha detto Jaishank parlando al pubblico di esperti del “think tank” collegati anche on line . “Ciò si rifletterebbe nell’economia e nel commercio, forse anche in altri settori.” Jaishanka ha aggiunto che l’India ha mantenuto relazioni stabili con la Russia indipendentemente dagli eventi attuali e che di ritenere che gli Stati Uniti si stiano adattando a un mondo multipolare e presto non saranno più limitati a lavorare solo con i loro alleati.
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