Cuba è alla presidenza del G77 + China, una coalizione di paesi in via di sviluppo che punta a creare una maggiore capacità negoziale congiunta nell’ambito dei lavori delle Nazioni Unite. Tra pochi giorni, dal 15 al 16 settembre, a L’Avana si terrà il summit dell’organizzazione, proprio in preparazione degli incontri di alto livello di UNGA78, l’Assemblea Generale che si apre il 19 a New York.
Fondato dal Movimento dei Non Allineati nel 1964, il G77 ora comprende ben 134 paesi, una cifra che rappresenta il 75% dei membri delle Nazioni Unite e l’80% della popolazione mondiale. Il suo “peso” all’ONU è notevole, e infatti Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, parteciperà al vertice all’Avana.
Il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, nel rendere nota su twitter la partecipazione anche di Guterres al vertice di Havana, ha affermato che sarà dedicato ad “affrontare le attuali sfide dello sviluppo e il ruolo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione”. Da parte sua, Guterres ha annunciato che “inviterà a utilizzare la scienza e la tecnologia per il bene, nonché a garantire che il multilateralismo vada a vantaggio di tutti i Paesi”.
#Cuba se honrará en recibir al sec. gral. de ONU, @antonioguterres, en septiembre próximo.
Saludamos la confirmación hoy de su presencia en la Cumbre del G-77 y China, para abordar los “Retos actuales del desarrollo: papel de la ciencia, la tecnología y la innovación”. #CubaG77 pic.twitter.com/G61n82Izto
— Bruno Rodríguez P (@BrunoRguezP) August 31, 2023
Giovedì il rappresentante permanente di Cuba alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Pedro Luis Pedroso Cuesta, che presiede il G77 + China, ha invitato dei giornalisti al quinto piano del Palazzo di Vetro per una conferenza stampa sugli obiettivi del vertice a L’Havana.
Arrivati in una spoglia saletta adornata con la bandiera di Cuba dipinta su un bel quadro alle spalle dell’ambasciatore, c’erano pochissimi colleghi, eppure l’incontro è risultato molto interessante, almeno per chi volesse intuire le sensibilità cubane sulle varie crisi in corso, mentre il paese caraibico si trova ancora ad affrontare la lunga transizione politica del dopo Castro.
Pedro Pedroso Cuesta ha detto che il vertice diventa un punto di svolta per definire le strategie dei paesi del “Sud Sud”, quel mondo in via di sviluppo che, grazie anche alla Cina, ora potrà rendersi indipendente nel campo scientifico, tecnologico e dell’innovazione da certi paesi del Nord che hanno invece fatto “pagare” a prezzi esorbitanti questa dipendenza.
Nelle osservazioni dell’Ambasciatore cubano, mentre la Cina di Xi Jinping risulta essere un partner affidabile per i paesi del Sud, pronto a condividere le sue tecnologie e aiutare i paesi in via di sviluppo, gli Stati Uniti e i suoi alleati sono i maggiori responsabili delle politiche che provocano immense sofferenze ai popoli dei paesi poveri.
Il diplomatico cubano ha affermato che l’attuale crisi globale multidimensionale, con un sistema finanziario controllato da pochi paesi che con un sistema creditizio “impossibile” tengono sotto scacco i paesi in via di sviluppo, ha portato ad una accelerazione del debito e quindi della povertà, portando anche insicurezza alimentare e ampliando il divario tra Nord e Sud del mondo.
Quindi Pedroso Cuesta ha ricordato le misure coercitive unilaterali e i blocchi illegali, come quello imposto dal governo degli Stati Uniti contro Cuba da più di 60 anni, denunciando che tale embargo, aggravato dall’inserimento ingiusto di Cuba nella lista arbitraria degli Stati che sponsorizzano il terrorismo, costituisce il principale ostacolo alla sicurezza alimentare del popolo cubano. L’embargo USA su Cuba ha un impatto devastante su tutti i settori della vita della sua popolazione e ostacola lo sviluppo economico e sociale e quindi l’attuazione dell’Agenda 2030. Il blocco viola in modo grave, flagrante e sistematico i diritti umani del popolo cubano, compresi i diritti all’alimentazione e allo sviluppo, ha insistito la missione di Cuba all’ONU.
Quando un giornalista della tv cinese ha chiesto al capo della missione cubana all’ONU cosa pensasse dei blocchi tecnologici degli USA nei confronti di tanti altri paesi, il diplomatico ha replicato: “Impedire ai paesi del South-South di munirsi di tecnologia sostenibile, rende vano ogni tentativo di raggiungere l’agenda SDGs 2030 o gli accordi sul clima”. Anche lo sforzo del “Future Summit” organizzato dall’Onu nel 2024 risulterebbe inutile, secondo il diplomatico cubano.

Eppure ci sono delle novità: l’unità dimostrata dal “G77 + China”, secondo l’ambasciatore di Cuba, starebbe cambiando lo squilibrio mondiale. “Per la prima volta posso vedere presidenti di paesi del Sud parlare ai leader del Nord ricco, guardandoli in faccia con un livello di trasparenza e onestà mai vista. Non è più come dieci o anche cinque anni fa, quando si doveva accettare sempre quello che proponevano di venderci. I paesi sono stanchi di vedere le loro risorse strappate via con niente in cambio. Lo scenario è cambiato ovunque, anche in questo Palazzo di Vetro. Per la prima volta si vede infatti un Segretario Generale dell’ONU attaccare, con dettagli precisi e profondità di analisi, gli effetti del presente sistema finanziario”. Sta cambiando allora già tutto da quest’anno? Chiede a se stesso il diplomatico, che poi frena: “E’ un processo complicato e ci vorrà più tempo. Ma il processo è stato messo in moto, e ora i paesi in via di sviluppo vorranno avere sempre più voce in capitolo nelle decisioni sul sistema commerciale e finanziario internazionale”.
L’ombra cupa del rapporto di Cuba con gli USA ha sovrastato l’incontro, con l’ambasciatore che accusava continuamente Washington di aver ostacolato persino gli aiuti sanitari nell’isola durante la pandemia di covid (“Quando chiamammo una ditta svizzera con cui avevamo già avuto rapporti per rifornirci di respiratori, ci fu risposto che non potevano più accettare i nostri ordini perché la proprietà dell’azienda era passata agli americani…”).
Abbiamo chiesto al diplomatico cubano se nutrisse speranze per qualche cambiamento nei rapporti tra i due paesi, soprattutto in vista delle prossime elezioni presidenziali USA: “Non nutro alcuna speranza che possa cambiare qualcosa. L’amministrazione Biden non ha fatto altro che proseguire la politica di Trump, che aveva smantellato i progressi fatti con Obama. L’embargo è dettato da leggi del Congresso e ovviamente ci vorrebbe del tempo per cambiarle, ma si potrebbero comunque subito fare degli interventi a livello esecutivo per migliorare le relazioni tra i due paesi come già avvenne con l’amministrazione Obama. Ma non nutro alcuna speranza nel presidente attuale, il quale durante la sua campagna elettorale promise che avrebbe riportato la politica su Cuba agli anni precedenti a Trump, ma non ha mantenuto nessuna delle promesse. Dovrebbe veramente avvenire chissà quale sconvolgimento politico…”.

A questo punto l’ambasciatore cubano ha esposto la sua idea di quello che potrebbe essere il rapporto tra USA e Cuba: “Durante l’amministrazione di Barack Obama, gli americani cominciavano a conoscere Cuba e il suo popolo, a capire che non siamo dei nemici, ma gente ospitale pronta a voler collaborare e lavorare insieme per obiettivi comuni. Ci sono molte cose che noi possiamo imparare dagli USA, ma anche altre che gli americani possono imparare da Cuba, in molti campi anche quello culturale. Proprio lo scorso week end sono andato a visitare la ‘friendship boat’ che si trova in Connecticut, la nave che trasportò alcuni africani fatti schiavi ma che a Cuba riuscirono a liberarsi e poi durante la loro fuga, invece che tornare in Africa, arrivarono negli USA. C’è un commovente film di Spielberg su questa storia (“Amistad”, ndr), una delle tante testimonianze dei legami tra la storia degli USA e di Cuba. Ma abbiamo tante cose in comune, anche nella musica, come nella letteratura, basta pensare anche a Hemingway. Quante iniziative importanti che potremmo sviluppare insieme, soprattutto nello scambio di informazioni tra scienziati cubani e americani. Credo che ci sarebbero enormi vantaggi per entrambi, ma in quanto alla sua domanda se nutro speranza che i rapporti possano cambiare presto, purtroppo non ne ho. Mi piacerebbe sbagliarmi, ma questa è la mia lettura personale di come è la situazione oggi. Cuba resta aperta a ogni dialogo con gli USA, a condizione che sia trattata da eguale. Siamo indipendenti e godiamo degli stessi diritti sovrani”.

Il presidente cubano del G77 ha qualche aspettativa sul prossimo G20 che si terrà in India? Servono ancora questo tipo di vertici?
“Il G20, nei suoi partecipanti, mostra le tensioni globali del momento, sono divisi su tutto. Inoltre non ci saranno né il presidente della Cina Xi Jimping né quello della Russia Vladimir Putin. Non mi sembra che il G20 potrà avanzare alcuna novità rilevanti. Lo seguiremo, vedremo le conclusioni ma non c’è alcuna grande aspettativa su soluzioni che possano arrivare dal G20. Invece abbiamo bisogno di rilanciare il sistema delle relazioni internazionali, rifondarlo su come vengono prese le decisioni”.
Nei discorsi sulla tecnologia e innovazione, l’ambasciatore cubano non menziona mai il peso delle aziende private, quelle che vanno avanti – come sta avvenendo nel campo dell’Intelligenza artificiale – a prescindere dai vertici e relazioni tra stati. Allora abbiamo chiesto come si vede da Cuba il futuro che arriva dalla corsa competitiva globale tra il business tecnologico privato? Gli Stati che possono fare per influenzarlo?
“Sicuramente è un tema chiave e ne discuteremo durante il vertice. Non c’è dubbio che le aziende che si occupano di AI e altre tecnologie stanno raggiungendo risultati in pochissimo tempo, ma è anche vero che gli stati possono imporre una legislazione ai loro interni e anche internazionale che regolamenti il settore. Queste tecnologie sono già determinanti in molti modi negli obiettivi di sviluppo, ma c’è finora la totale mancanza di una legislazione che possa indirizzare questi sviluppi. Questi devono avvenire per il bene comune e affinché i benefici di queste tecnologie siano sparsi ovunque per raggiungere chiunque, invece che siano concentrate solo sull’1% che continua a beneficiare del 90% del reddito del mondo”.