Quando il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani entra nella sala per pronunciare il discorso dell’Italia al Consiglio di Sicurezza, ha appena incontrato fuori per un breve bilaterale il Segretario di Stato americano Antony Blinken. Ad aspettare il vice premier del governo italiano dentro al Consiglio, ci sono ancora il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba e quello di Malta Ian Borg, presidente di turno dei Quindici i quali sono in ritardo per lo “stake out” previsto con i giornalisti in attesa fuori. Sembra proprio che sono rimasti ad attendere per essere presenti al discorso di Tajani. Infatti escono solo quando il ministro italiano ha finito di parlare, anche se ancora ci sono altri paesi in lista. Forse un atto di attenzione verso l’Italia e il suo vice premier, che il ministro ucraino Kuleba aveva anche abbracciato due giorni prima nella sala dell’Assemblea Generale.
Tajani si siede, dietro di lui prende posto l’ambasciatore Maurizio Massari. Il ministro inizia il suo discorso leggendo in inglese e subito l’accusa: “Esattamente un anno fa un membro permanente di questo Consiglio ha violato unilateralmente i principi e le norme fondamentali su cui si fonda la pacifica convivenza tra gli Stati e questa stessa Organizzazione”. Quindi subito ecco che a nome dell’Italia, Tajani raddoppia la dose di accuse nei confronti della Russia di Putin, dato che avrebbe dovuto “portare un maggiore senso del dovere e della responsabilità come membro permanente”, e invece “con il suo comportamento inaccettabile ha profondamente scosso e messo in discussione le radici dell’ordine internazionale”.

In questo anniversario del 24 febbraio in cui l’Ucraina resiste con fermezza, Tajani ribadisce che “insieme alla grande maggioranza della comunità internazionale, l’Italia è al fianco dell’Ucraina in piena solidarietà con il suo popolo”. Ma ecco che a questo punto il ministro degli Esteri italiano abbassa i fogli che lèggeva, e alzando la testa in direzione del seggio della Russia (ma l’ambasciatore Nebenzia è già andato via), cambia lingua passando al francese e dando l’impressione a chi l’ascoltava di parlare a braccio, dice con un tono della voce così duro che neanche la pronuncia francese riesce ad ammorbidire: “Ma quando sento qualcuno che parla dell’Europa, dicendo che è schiava degli Stati Uniti, gli replico che siamo schiavi, ma della libertà, della democrazia, del diritto internazionale. Si deve rifiutare completamente questa idea dell’Europa come schiava. Noi siamo la patria della libertà e della democrazia per chiunque in tutto il mondo. È inaccettabile ciò che ho sentito questa mattina in quest’Aula”.
Dopo aver quindi replicato contro le accuse russe che l’Europa sarebbe al servizio degli interessi degli Stati Uniti, Tajani torna all’inglese leggendo sui fogli: “L’atto di aggressione illegale, non provocato e ingiustificato della Russia contro l’Ucraina non solo costituisce una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite e una minaccia alla sicurezza e alla stabilità internazionali”, dice il ministro italiano, “ma sta anche causando un’interruzione sistematica globale con molteplici conseguenze dannose che colpisce principalmente i paesi più vulnerabili nel Sud del mondo”.
Tajani a questo punto riprende anche dei temi del discorso precedentemente fatto dal Segretario Generale dell’ONU Guterres: “Abbiamo bisogno di più diplomazia e, come ha affermato il Segretario generale, la Black Sea Grain Initiative è un segno di speranza per affrontare le preoccupazioni globali su tali conseguenze dannose e mostrare che si può e si deve trovare un terreno per il dialogo”. Quindi l’Italia chiede “con forza, in primo luogo, il rinnovo della Black Sea Grain Initiative e la rapida creazione di una zona di sicurezza nucleare attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”.

Ecco che ora Tajani introduce nel suo discorso un tema che porta acqua alla riforma del Consiglio di Sicurezza ma secondo le ldee guida del gruppo “Uniting for Consensus” di cui l’Italia è membro fondatore. Per farlo Tajani cambia di nuovo lingua, e dall’inglese questa volta passa ad un altra lingua ufficiale dell’ONU, lo spagnolo: “Abbiamo anche chiesto Nazioni Unite più forti, chiediamo Nazioni Unite più democratiche, rappresentative, trasparenti perché le Nazioni Unite possono fare di più coinvolgendo più Paesi del mondo. Perché dalla seconda guerra mondiale il mondo è molto cambiato ed è per questo che dobbiamo coinvolgere più paesi in questa riforma”.
Tajani torna all’inglese e al tema della riunione del Consiglio di Sicurezza, cioè come fermare la guerra in Ucraina ad un anno dall’invasione russa. “Gli attacchi quotidiani al popolo ucraino e alle infrastrutture critiche, con costi umanitari devastanti, sono del tutto inaccettabili e devono cessare immediatamente. Vogliamo lavorare per la pace. Non siamo contro i cittadini russi. Siamo a favore della democrazia, della libertà, vogliamo rispettare le regole internazionali, questo è il nostro impegno, per questo siamo fortemente impegnati nella difesa dell’Ucraina”.
E quindi il ministro, dopo una pausa, per concludere ripete quello che era stato al centro del discorso di mercoledì all’Assemblea Generale: “Quello che vogliamo è la pace, la pace con la giustizia. Giustizia, libertà e indipendenza per l’Ucraina. Grazie”.

Durato meno di quattro minuti, è stato un discorso, soprattutto nel momento delle repliche a braccio all’indirizzo della missione russa, in difesa delle scelte indipendenti dell’Europa in difesa dell’Ucraina e del diritto internazionale, quindi della Carta dell’Onu. Unico rammarico che il vice premier e ministro, pur parlando con disinvoltura tre delle maggiori lingue utilizzate all’Onu, faccia solo un punto stampa con i giornalisti tutti italiani ma resti lontano dalla sala delle conferenze stampa dell’Onu, dove sarebbe stato anche filmato in diretta dal circuito delle Nazioni Unite (visto da 193 missioni e dal canale youtube dell’ONU), e dove avrebbe potuto rispondere ai giornalisti di tutto il mondo, come per esempio ha fatto ieri la ministra degli Esteri della Francia Catherine Colonna e questo pomeriggio il ministro degli esteri della Spagna José Manuel Albares, così come anche i ministri degli Esteri di Estonia, Lettonia e Lituania: Urmas Reinsalu, Edgars Rinkēvičs e Gabrielius Landsbergis. Osservando la grinta di Tajani nel parlare al Consiglio di Sicurezza, magari l’Italia avrebbe potuto sfoderarla anche dibattendo con i media internazionali del Palazzo di Vetro.