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Diritti donne in Afghanistan: Amina Mohammed accusa altri paesi islamici

La vice Segretario Generale ONU, alla fine della missione "nascosta", rilascia delle dichiarazioni alla BBC e spera nei "talebani progressisti"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Diritti donne in Afghanistan: Amina Mohammed accusa altri paesi islamici

Amina Mohammed, Deputy Secretary General of the United Nations (UN Photo/Violaine Martin)

Time: 5 mins read

Amina Mohammed, la vice segretaria generale dell’ONU, con la direttrice esecutiva di UN Women, Sima Bahous, e  l’assistente del segretario generale per le operazioni politiche e di pace delle Nazioni Unite, Khaled Khiari, hanno appena concluso un viaggio di quattro giorni in Afghanistan per una missione conoscitiva tenuta molto discreta.

Ai giornalisti che lavorano dentro il Palazzo di Vetro era apparso molto strano che non fossero stati informati in anticipo della missione di Mohammed in Afghanistan, né avessero ricevuto alcun comunicato durante i giorni della visita. Venerdì, al momento del briefing giornaliero, sono scoppiate anche le proteste perché si è saputo che la vicesegretario Generale Mohammed era stata accompagnata da unaa troupe della BBC alla quale aveva rilasciato delle dichiarazioni “in esclusiva”. Soltanto venerdì, a visita conclusa, la stampa mondiale ha ricevuto un comunicato sul viaggio di Mohammed e Bahous. Ma il tono usato nelle dichiarazioni rilasciate alla BBC e quello del comunicato stampa ufficiale risultavano ben diversi. Certamente non il miglior metodo per far conoscere la difesa dei diritti delle donne in Afghanistan da parte delle Nazioni Unite.

Parlando ai giornalisti della BBC alla fine del suo viaggio, Mohammed ha affermato che la maggior parte degli alti funzionari talebani che ha incontrato erano pronti a impegnarsi sui diritti delle ragazze e delle donne, ma che tuttavia, i colloqui erano stati molto duri. Quindi Mohammed ha avvertito che a suo parere sarebbe passato ancora molto tempo  prima che la leadership dei talebani possa compiere passi fondamentali necessari al riconoscimento internazionale del proprio governo. “Penso che ci siano molte voci che abbiamo sentito, che mostrano di essere progressiste nel modo in cui vorremmo”, ha detto Mohammed alla BBC. “Ma ci sono altre voci che in realtà non lo sono”. Quindi la vice segretario generale dell’ONU ha dichiarato alla emittente di stato del Regno Unito: ”Penso che la pressione che mettiamo sia di supporto a coloro che stanno pensando in modo più progressista e che sia una buona cosa. Quindi questa visita, penso, dà loro più voce e pressione per aiutare la discussione interna” al governo dei talebani.

La vice del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, alla fine della visita in Afghanistan tenuta “nascosta” per quattro giorni al resto della stampa, ha invece rilasciato delle dichiarazioni alla BBC accusatorie riguardo all’atteggiamento di alcune altre nazioni, soprattutto islamiche, dichiarazioni di cui non si trova traccia nel comunicato alla stampa rilasciato dopo. Durante l’intervista alla BBC, infatti, Mohammed ha criticato la comunità internazionale, compresi altri stati islamici, per non aver fatto abbastanza per affrontare la questione sui diritti delle donne in Afghanistan.

Nel comunicato alla stampa rilasciato alla fine dei quattro giorni, si legge che negli incontri con le autorità de facto a Kabul e Kandahar, “la delegazione ha trasmesso direttamente l’allarme per il recente decreto che vieta alle donne di lavorare per organizzazioni non governative nazionali e internazionali, una mossa che mina il lavoro di numerose organizzazioni che aiutano milioni di afghani vulnerabili”. L’ultima repressione delle donne lavoratrici ha fatto seguito agli editti dei talebani fondamentalisti che hanno chiuso le università alle studentesse, fino a nuovo avviso, e che impedivano alle ragazze di frequentare la scuola secondaria.

Girls walk to school in Herat, Afghanistan. (Photo UNICEF/Mark Naftalin)

Alle donne e alle ragazze è stato inoltre ordinato di smettere di usare parchi, palestre, bagni pubblici e di essere bandite dalla maggior parte delle aree della forza lavoro, insieme ad altre restrizioni alla loro libertà di movimento, in linea con l’interpretazione delle autorità della legge della Sharia.

Il divieto alle donne locali di lavorare nel cruciale settore degli aiuti è entrato in vigore il mese scorso, spingendo molte agenzie umanitarie a sospendere le operazioni, poiché non erano in grado di raggiungere molte famiglie bisognose, senza il supporto del personale femminile.

In risposta, i governanti talebani hanno annunciato alcune esenzioni, che consentirebbero alle donne operatrici sanitarie di svolgere il loro lavoro negli ospedali.

“Il mio messaggio è stato molto chiaro”, ha detto la vice Segretario Generale delle Nazioni Unite. “Pur riconoscendo le importanti esenzioni fatte, queste restrizioni presentano alle donne e alle ragazze afghane un futuro che le confina nelle proprie case, violando i loro diritti e privando le comunità dei loro servizi”.

As I leave Afghanistan, I strongly believe that with determination in solidarity with Afghan women and girls, we can recover their rights to education and work. https://t.co/HpTZu5p95z pic.twitter.com/edAXso59Tr

— Amina J Mohammed (@AminaJMohammed) January 21, 2023

“La nostra ambizione collettiva è per un Afghanistan prospero, in pace con se stesso e con i suoi vicini, e sulla strada dello sviluppo sostenibile. Ma in questo momento l’Afghanistan si sta isolando, nel bel mezzo di una terribile crisi umanitaria e una delle nazioni più vulnerabili al mondo al cambiamento climatico”, ha aggiunto. “Dobbiamo fare tutto il possibile per colmare questo divario”.

Durante la loro missione, Mohammed e Bahous hanno incontrato le comunità colpite, gli operatori umanitari, la società civile e altri attori chiave a Kabul, a Kandahar e a Herat. “Abbiamo assistito a una resilienza straordinaria. Le donne afgane non ci hanno lasciato dubbi sul loro coraggio e sul loro rifiuto di essere cancellate dalla vita pubblica. Continueranno a difendere e lottare per i loro diritti, e noi abbiamo il dovere di sostenerle”, ha dichiarato Bahous, che dirige la UN Women.

03/08/2022: Sima Bahous, Executive Director of UN Women, briefs the Security Council meeting on women and peace and security, with a focus on women’s economic inclusion and participation as a key to building peace. (UN Photo/Manuel Elías)

“Quello che sta accadendo in Afghanistan è una grave crisi dei diritti delle donne e un campanello d’allarme per la comunità internazionale. Mostra quanto velocemente decenni di progressi sui diritti delle donne possono essere annullati in pochi giorni. UN Women è dalla parte di tutte le donne e le ragazze afghane e continuerà ad amplificare le loro voci per riconquistare tutti i loro diritti”.

Le Nazioni Unite e i suoi partner, comprese le organizzazioni non governative nazionali e internazionali, stanno aiutando più di 25 milioni di afghani che dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere e continuano a impegnarsi a restare e a farcela.

“Sebbene le recenti esenzioni al divieto introdotte dalle autorità de facto stiano aprendo spazi agli operatori umanitari per continuare – e in alcuni casi riprendere – le operazioni, queste rimangono limitate a pochi settori e attività”, ha affermato venerdì la dichiarazione delle Nazioni Unite. “L’effettiva fornitura di assistenza umanitaria si basa su principi che richiedono un accesso pieno, sicuro e senza ostacoli per tutti gli operatori umanitari, comprese le donne”, ha affermato Mohammed.

The Taliban’s restrictions on women and girls in Afghanistan will exclude women from participation in political activities such as voting, as it was for this woman at the Bamyan polling center for Afghanistan’s parliamentary elections, which were held on the 20th of October 2018. (UNAMA/Abbas Naderi)

La visita in Afghanistan ha fatto seguito a una serie di consultazioni ad alto livello sull’Afghanistan attraverso il Golfo e l’Asia. La delegazione ha incontrato i vertici dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC), la Banca islamica per lo sviluppo, gruppi di donne afgane nelle capitali turca e pakistana di Ankara e Islamabad e un gruppo di ambasciatori e inviati speciali in Afghanistan, con sede a Doha. “La delegazione si è riunita con i leader di governo della regione e i leader religiosi per sostenere il ruolo cruciale e la piena partecipazione delle donne e raccogliere sostegno per il popolo afghano”, ha aggiunto la dichiarazione.

Durante le visite, è stato sottolineato il ruolo cruciale delle Nazioni Unite come costruttore di ponti verso le “soluzioni durature”, “così come l’urgenza di fornire supporto salvavita e mantenere un impegno efficace, guidato dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA)”. L’alta delegazione delle Nazioni Unite ha chiesto di intensificare gli sforzi per riflettere l’urgenza della crisi che deve affrontare le donne e le ragazze afghane, “e ha sottolineato l’importanza di una risposta unificata da parte della comunità internazionale”.

Infine le Nazioni Unite hanno riferito che la proposta di tenere una conferenza internazionale sulle donne e le ragazze nel mondo musulmano, nel marzo di quest’anno, “è stata anche considerata e concordata in linea di principio”.

 

 

 

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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