Durante una riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza dell’ONU, Roza Otunbayeva, Rappresentante speciale delle Nazioni Unite, ha affermato che i Quindici devono essere uniti nell’opporsi alle politiche dei talebani che stanno erodendo i diritti umani fondamentali delle donne e delle ragazze in Afghanistan. Ma già prima della riunione, quando gli ambasciatori sono andati davanti ai giornalisti per leggere una dichiarazione (vedi video sopra), tra loro ne mancavano quattro all’appello.
I membri del Consiglio di sicurezza firmatari e sostenitori dell’agenda Women, Peace and Security (WPS) hanno rilasciato una dichiarazione “per esprimere grave preoccupazione per la situazione critica delle donne e delle ragazze in Afghanistan”.
Le 11 nazioni hanno esortato i talebani “a revocare immediatamente tutte le misure oppressive contro le donne e le ragazze”, ad aderire agli impegni assunti con il Consiglio di sicurezza, a rispettare i diritti delle donne e delle ragazze “e la loro piena, equa e significativa partecipazione e inclusione in tutti gli aspetti della società in Afghanistan, dalla politica e dall’economia, all’istruzione e allo spazio pubblico”.
In una dichiarazione rilasciata fuori dalla Camera del Consiglio dall’attuale presidente per il mese di gennaio, l’ambasciatore giapponese Kimihiro Ishikane ha sottolineato che le donne sono “centrali e fondamentali” per le operazioni umanitarie e hanno “competenze uniche” per accedere a popolazioni che i colleghi maschi non possono raggiungere. Nel leggere, l’ambasciatore giapponese aveva accanto i colleghi di Malta, Gabon, Svizzera, Emirati, Albania, Ecuador, Brasile, Francia, UK e Stati Uniti. Mancavano i rappresentanti di Cina, Russia, Mozambico e Ghana.
Il gruppo WPS ha anche ribadito il proprio forte sostegno alla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan, UNAMA, “non ultimo per il loro prezioso contributo all’uguaglianza di genere”.
La dichiarazione ha ribadito la richiesta di un accesso pieno, sicuro e senza ostacoli per gli attori umanitari, “indipendentemente dal genere”.
Secondo quanto poi riferito ai giornalisti dal portavoce dell’Onu Stéphane Dujarric, Otunbayeva ha ribadito agli ambasciatori che le decisioni dei talebani, tra cui il divieto alle ragazze di frequentare la scuola superiore, impedire alle donne di andare all’università e impedire loro di svolgere attività umanitarie, sono tutte “gravi violazioni dei diritti fondamentali”.
Dujarric ha anche informato i giornalisti, durante il briefing a New York, che i talebani avevano fornito anche “assicurazioni contraddittorie”, in seguito alla loro conquista dell’Afghanistan a livello nazionale, sul ruolo che le donne avrebbero svolto nel paese sotto il loro dominio fondamentalista.
“Il Rappresentante speciale ha anche delineato il potenziale impatto negativo di tali decisioni, inclusa, più immediatamente, la fornitura di assistenza umanitaria agli afgani in disperato bisogno”, ha affermato Dujarric. “Ha sottolineato la necessità dell’unità del Consiglio di fronte a queste decisioni”.
A seguito il mese scorso del divieto alle donne di poter lavorare per organizzazioni non governative o altri posti di lavoro nel settore degli aiuti, molte ONG hanno sospeso le loro operazioni umanitarie, sulla base dell’impossibilità di distribuire aiuti e continuare le operazioni di personale, senza la partecipazione delle donne locali.
L’ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite (OCHA) in Afghanistan, ha twittato venerdì che i partner umanitari stavano fornendo sostegno per l’inverno alle famiglie afghane, compreso il riscaldamento e denaro per il carburante e vestiti pesanti mentre le temperature scendono verso i -35°C, “ma le distribuzioni sono state gravemente compromesse” da il divieto imposto alle lavoratrici umanitarie.
Il portavoce delle Nazioni Unite ha osservato che il Consiglio è stato anche informato dal direttore esecutivo del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia UNICEF, “che ha concentrato il suo briefing sulla situazione delle ragazze e dei bambini in Afghanistan”.
Giovedì il Consiglio di sicurezza aveva rilasciato un comunicato in cui condannava “con la massima fermezza” l’attentato nei pressi del ministero degli Esteri afghano dell’11 gennaio, rivendicato dall’ISIL (Da’esh), che – citando fonti talebane – ha provocato almeno 20 morti, con dozzine di feriti.
I membri del Consiglio “sottolineano la necessità di ritenere responsabili gli autori, gli organizzatori, i finanziatori e gli sponsor di questi atti riprovevoli di terrorismo e consegnarli alla giustizia”.
Un attentatore suicida si sarebbe fatto esplodere fuori dal ministero a Kabul, dopo non essere riuscito ad accedere all’edificio.