Il Consiglio di Sicurezza ha appena approvato, ad unanimità, una risoluzione che potenzia e allarga la missione dell’ONU in Colombia. Dagli Stati Uniti alla Russia, tutti d’accordo quindi sul buon lavoro svolto dalla missione per il processo di pace colombiano.
“La decisione odierna del Consiglio di autorizzare l’ampliamento del mandato della Missione per includere la riforma rurale globale dell’Accordo e il capitolo etnico nei suoi compiti di verifica consentirà alla Missione di aumentare il suo contributo alla pace in Colombia”, ha affermato durante la riunione Carlos Ruiz Massieu, capo della missione di verifica delle Nazioni Unite in Colombia parlando dopo l’adozione all’unanimità della risoluzione 2673.
In questi mesi c’è stata una accelerazione del processo di pace guidato dall’ONU nel paese latinoamericano dove per mezzo secolo i vari governi di Bogotà erano rimasti invischiati in uno scontro armato con vari gruppi di guerriglieri rivoluzionari. La recente e storica elezione alla presidenza di Gustavo Petro, un ex combattente, ha dato un ulteriore svolta verso la pacificazione della Colombia, anche se proprio il giorno prima della riunione del Consiglio di Sicurezza, una bomba è stata trovata nei pressi dell’abitazione di Francia Marquez, la prima vicepresidente donna e di origini africane del paese, che era oggi al Palazzo di Vetro di New York per partecipare all’importante riunione del Consiglio di Sicurezza in cui si votava una storica risoluzione.
Abbiamo seguito i lavori del Consiglio di Sicurezza per il processo di pace in Colombia (ve ne riferiamo in un altro articolo), ma siamo rimasti a lungo di vedetta fuori dalla sala soprattutto per cogliere l’occasione per ottenere delle reazioni sulla morte di Mario Paciolla, l’operatore umanitario che lavorava per la missione ONU in Colombia e che nel luglio del 2020 fu trovato senza vita in circostanze sospette e troppo in fretta indicate invece come “suicidio”.

Quando abbiamo chiesto di Mario Paciolla al ministro degli Esteri colombiano Álvaro Leyva che si era fermato a parlare con i giornalisti, ci ha risposto: “Sapevo del caso, ma è successo tempo fa e non ho più seguito e quindi non sono in grado di commentare nulla”.
Siamo stati più fortunati con il capo della missione dell’ONU in Colombia, Carlos Ruiz Massieu, che dopo la riunione del Consiglio di Sicurezza, si è fermato e ha risposto a delle nostre domande.
Complimenti per la risoluzione, ma vorremmo farle delle domande su Mario Paciolla, l’operatore umanitario italiano che lavorava per la sua missione e che è stato trovato morto due anni fa in circostanze sospette. Come ha reagito lei e la sua missione al fatto che la famiglia di Mario continua a non credere alla tesi del suicidio e quindi a non accettare l’archiviazione del caso? La famiglia ha già inoltrato una denuncia con le autorità in Colombia per continuare a investigare…
“Io ho la più grande solidarietà con la famiglia, che hanno subito la più grande perdita, quella di un figlio. Anche per la missione è stato un duro colpo, per i molti colleghi e amici di Mario. Mi sembra di capire che entrambe le autorità colombiane e italiane hanno deciso che non ci sono ulteriori informazioni per continuare a investigare”.
In Italia si è pronunciata la procura ma non ancora il GIP a cui spetta l’ultima decisione…
“La famiglia ha tutto il diritto di cercare ancora la verità. Ovviamente anche noi vogliamo che questa sia convincente e che tutte le strade siano state esplorate e ogni possibilità sia pienamente indagata”.

Ma il fatto che la famiglia con i loro avvocati accusino alcuni funzionari della sua missione Onu di aver, come minimo, compromesso la correttezza delle prime indagini (ripulendo subito l’apt di Mario, ndr) se non addirittura cercato di occultare la verità sulla morte di Mario, ecco voi della missione in Colombia come avete reagito a queste accuse e sospetti? Lei cosa pensa delle denunce?
“Ovviamente la missione è interessata affinché tutto venga chiarito. Quindi se restano dubbi o sospetti da parte della famiglia e quindi ci sono richieste di indagini su persone della missione, noi coopereremmo pienamente. Sono certo che il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, come ha già fatto, toglierebbe subito l’immunità in maniera che tutti possano dare alle autorità le informazioni necessarie. Le Nazioni Unite in questo caso collaboreranno con le autorità sempre e affinché tutto sia chiarito. Se c’è ancora il bisogno di farlo, continueremo a farlo”.

Mario, che era già in Colombia da quattro anni, lavorava da due anni con la missione dell’ONU guidata da lei. Lo aveva mai incontrato?
“No, sfortunatamente non ho avuto l’occasione di incontrarlo, tutto quello che sapevo di lui è stato attraverso i suoi colleghi. Lui aveva dedicato il suo lavoro per la pace in Colombia e per questo merita la gratitudine dei suoi colleghi e di tutti i colombiani. Ripeto, tutta la mia solidarietà alla famiglia Paciolla, per loro si tratta di una perdita irreparabile”.