Chi crede ad un inverno di pace è realista o semplicemente visionario?
La domanda devono essersela fatta in molti a Kiev, dove dopo il faccia a faccia tra Zelensky e Biden della settimana scorsa è stato dato l’annuncio di un nuovo obiettivo fissato per febbraio: organizzare un summit a New York a un anno esatto dall’inizio della guerra, con le Nazioni Unite come sede e il segretario generale Antonio Guterres a fare da mediatore.
“Ogni conflitto termina con la diplomazia”, ha spiegato con toni pacati (ben diversi da quelli cui l’Ucraina ci aveva abituati) il ministro degli Esteri Dmitro Kuleba.
La luce in fondo al bunker sembra dunque avvicinarsi, ma è ancora presto per cantare vittoria. Spiegando nei dettagli il piano di Kiev per sedersi attorno a un tavolo e risolvere con le buone maniere la guerra, Kuleba ha posto alcune condizioni difficilmente realizzabili. Una su tutte, che la Russia accetti di essere perseguita per crimini di guerra da un tribunale internazionale: questo il solo modo per far sì che anche Mosca sia invitata all’Onu.
Ad aggiungere altra tensione ci si è messa poi la richiesta ucraina di escludere la Russia dalle Nazioni Unite e da quel Consiglio di Sicurezza di cui è membro permanente, condizione privilegiata grazie alla quale più volte ha bloccato le risoluzioni avvalendosi del diritto di veto.
Per Kuleba “Mosca non ha diritto a farne parte”. Una presenza illegittima dovuta ad alcune irregolarità nel processo di adesione dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. “Noi esprimeremo ufficialmente la nostra posizione. Abbiamo una domanda molto semplice: è giusto che rimanga membro permanente del Consiglio di Sicurezza e che resti all’interno delle Nazioni Unite? Per noi no”.

Una richiesta pesante, quella del governo di Zelensky, perché mai nella storia le Nazioni Unite hanno espulso un loro membro. La Carta, però, prevede la possibilità che accada.
L’articolo 6 lo stabilisce (“Un Membro delle Nazioni Unite che abbia persistentemente violato i principi contenuti nella presente Carta può essere espulso dall’Organizzazione dall’Assemblea Generale su raccomandazione del Consiglio di Sicurezza”), mentre l’articolo 5 ricorda come si possa ricorrere meno drammaticamente anche alla sospensione.
“La sospensione o l’espulsione di uno Stato membro dall’Organizzazione è effettuata dall’Assemblea Generale su proposta del Consiglio. Tale raccomandazione richiede il voto concorrente dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza”.
Ma non è così semplice, perché quando si parla di membri permanenti del Consiglio ci si scontra con un altro cavillo: la rimozione è infatti possibile solo attraverso un emendamento alla Carta delle Nazioni Unite, come stabilito nel Capitolo XVIII.
“L’Onu potrebbe essere la sede migliore per tenere questo vertice – ha continuato Kuleba – perché non si tratta di fare un favore a un determinato Paese”.
E Guterres? “Ha dimostrato di essere un mediatore e un negoziatore efficiente e, soprattutto, un uomo di principio e integrità. Quindi saremmo lieti della sua partecipazione attiva”.
La parola ora passa a Vladimir Putin.