È morto con una corda al collo Mohsen Shekari, l’artista iraniano di 23 anni che giovedì mattina è stato riconosciuto colpevole di “guerra contro Dio” dal tribunale della rivoluzione islamica di Teheran.
Si tratta della prima esecuzione di un manifestante condannato per aver preso parte alle recenti proteste antigovernative scatenate dalla morte in custodia di Mahsa Amini, a sua volta finita sotto processo per aver violato i rigidi codici di abbigliamento imposti dal regime degli ayatollah.
Nel frattempo, le autorità hanno confermato le condanne a morte di altri 12 accusati di moharebeh o dell’accusa di efsad-e fel-arz, “corruzione sulla terra”.
Alla notizia dell’eseguita condanna, più di una dozzina di esperti indipendenti sui diritti umani nominati dalle Nazioni Unite hanno condannato l’esecuzione dell’artista e sollevato un allarme generale per qualsiasi accusa avanzata che comporti la pena di morte.
“Le esecuzioni a seguito di processi iniqui costituiscono una privazione arbitraria della vita”, hanno affermato gli esperti Onu in una dichiarazione congiunta, esortando l’Iran a stabilire una moratoria sulle esecuzioni “in vista dell’abolizione della pena di morte”.
#IranProtests2022 @UN_SPExperts condemn today’s execution of a 23-year-old demonstrator convicted in the context of nation-wide protests in #Iran. “Executions following unfair trials constitute an arbitrary deprivation of life,” warn the experts. pic.twitter.com/HsXTDznaqg
— UN Geneva (@UNGeneva) December 8, 2022
“Temiamo per la vita degli artisti iraniani che sono stati incriminati con l’accusa di pena di morte”, hanno detto in coro, facendo anche specifico riferimento al rapper curdo Saman Yasin, che secondo quanto riferito è stato condannato alla pena capitale dopo essere stato riconosciuto colpevole di moharebeh dalla Corte islamica il 29 ottobre.
Yasin è stato arrestato il 2 ottobre per aver pubblicato canzoni critiche nei confronti del governo e Toomaj Salehi il 30 ottobre per aver messo online alcuni video in cui incoraggiava i seguaci a protestare tramite canzoni che denigravano le autorità iraniane.
“Questi arresti e incriminazioni – prosegue la dichiarazione – sembrano essere legati esclusivamente al pacifico esercizio del loro legittimo diritto alla libertà di espressione artistica e creatività. Hanno solo lo scopo di mettere a tacere le voci dissidenti nel Paese e costituiscono indebite restrizioni al diritto di tutte le persone in Iran di godere e avere accesso alle arti e di prendere parte alla vita culturale e pubblica”.
Dall’inizio delle proteste almeno 40 artisti, scrittori, poeti, attori, cineasti e musicisti iraniani sono stati arrestati e incarcerati. Il controllo delle insurrezioni da parte dell’Iran costituisce una violazione dei trattati internazionali sui diritti umani.