Mentre Haiti grida aiuto, il mondo continua a girarsi dall’altra parte. Potremmo riassumere così l’incontro che Ulrika Richardson, coordinatrice umanitaria ad Haiti per le Nazioni Unite, ha avuto oggi con giornalisti al Palazzo di Vetro dell’ONU sulla situazione nel paese caraibico.
Il briefing avrebbe dovuto occuparsi principalmente della situazione del colera che continua a diffondersi nell’isola ma, grazie anche alle domande dei giornalisti, ha inevitabilmente toccato le altre terribili emergenze tra cui la più grave è lo stato di anarchia in cui versa il paese, propagatosi nei mesi successivi all’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio del 2021.
Gran parte della popolazione haitiana resta ostaggio della violenza di gang lasciate indisturbate da un’autorità statale ormai in sfacelo. Così tra violenze sessuali, torture e omicidi, la popolazione haitiana rischia anche la fame, perché il solo andare a procurarsi del cibo rende potenziali vittime delle sevizie delle bande padrone indisturbate del territorio.
Nel suo briefing, Richardson ha fornito le cifre sullo stato del colera, in cui sono morte finora 283 persone, quasi 12.000 sono state ricoverate in ospedale e sono stati registrati più di 14.000 casi sospetti. “Quello a cui stiamo assistendo, infatti, non è solo il continuo aumento dei casi di colera, ma anche la diffusione nelle regioni”, ha affermato. “In otto dei 10 dipartimenti ci sono casi confermati di colera, e questa è una tendenza preoccupante per noi e per il Paese”. Ma I dati sul colera sembravano poca cosa rispetto al resto della crisi.

Richardson si trova al quartier generale delle Nazioni Unite per una visita di tre giorni per incontrare alti funzionari e rappresentanti di vari paesi per cercare di coordinare più aiuti per Haiti. L’appello lanciato il mese scorso per sostenere la risposta all’emergenza colera e per fornire assistenza salvavita a 1,4 milioni di persone che vivono nelle aree colpite, ha fatto ricevere circa 23,5 milioni di dollari. Richardson ha evidenziato le immense necessità che ancora restano con l’avvicinarsi del nuovo anno. “In effetti, i bisogni umanitari continuano ad aumentare”, ha affermato, aggiungendo che le Nazioni Unite stanno attualmente preparando il Piano di risposta umanitaria 2023 per Haiti, che richiede 719 milioni di dollari, ovvero circa il doppio dell’importo richiesto quest’anno.
Nel frattempo, “l’insicurezza continua a dilagare, con denunce davvero agghiaccianti di violazioni dei diritti umani”, ha detto ai giornalisti. Le bande dominano quasi il 60% della capitale, Port-au-Prince, e usano mezzi terrificanti per tenere sotto controllo la popolazione, soprattutto la violenza sessuale. Non solo donne e ragazze ne sono colpite, ma lo sono anche uomini, ragazzi e bambini, tutti sono a rischi delle violenze delle bande che si combattono per il territorio.
Richardson ha detto che circa 155.000 persone sono state sradicate dalle loro abitazioni, un aumento di quasi l’80% da agosto. Unica nota positiva indicata da Richardson è stata quando ha riferito che la metà delle scuole ha riaperto, nonostante tutti i rischi.

La coordinatrice umanitaria ad Haiti ha cercato di spiegare il continuo sostegno delle Nazioni Unite al paese, sia nella risposta al colera, nell’istruzione o nella distribuzione di cibo e altri beni alle famiglie vulnerabili: “Abbiamo sfide logistiche che potete immaginare, soprattutto quella della sicurezza, ma siamo in grado di essere presenti e di aiutare le persone”, ha detto ai giornalisti. “Ci stiamo ovviamente concentrando sui più vulnerabili, ma cerchiamo anche di non perdere di vista le vere cause strutturali: la corruzione e l’impunità”.
Eppure ascoltando in sala, sembrava che l’ONU non stesse scuotendo abbasta i suoi “paesi membri”, soprattutto quelli del Consiglio di Sicurezza, affinché agissero immediatamente in soccorso di Haiti. Sono passati più di due mesi da quando il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, rispondendo ad un appello del premier ad interim Ariel Henry, aveva inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza in cui chiedeva al più presto possibile l’invio di una forza militare in soccorso della popolazione haitiana in balia delle bande. Finora, il Consiglio di Sicurezza ha approvato sì una risoluzione che impone delle sanzioni economiche contro i leader di queste bande (ma saranno mai efficaci?); però per quanto riguarda la decisione che risponda alla richiesta di aiuto con una forza militare per ristabilire la sicurezza, “il Consiglio continua a discuterne” ha dovuto ammettere la stessa Richardson ai giornalisti che le chiedevano novità a riguardo. Ma si può restare ad attendere mentre donne e bambini ogni giorno vengono seviziati dalle bande lasciate nella totale libertà di agire? Non crede Richardson, abbiamo infine chiesto, che sia venuto il momento che il Segretario Generale Guterres metta da parte i guanti diplomatici, e rimandi un appello al Consiglio di Sicurezza dai toni che possano scuoterlo per far presto?
Richardson, nel dire che comprendeva la frustrazione, ha detto che era anche compito dei media non far dimenticare la situazione ad Haiti. Alla funzionaria svedese dell’ONU sicuramente riconosciamo il merito e il coraggio di restare ad Haiti, con altri operatori umanitari, che senza alcuna scorta militare, cercano di prestare soccorso alla popolazione abbandonata dal resto del mondo che non sembra così turbato, nonostante le terribili violenze.
Ma che fine ha fatto all’ONU la “responsibility to protect” una popolazione quando il suo governo non è più in grado di farlo? Almeno per quanto riguarda il popolo haitiano, questa responsabilità è sparita.