Da quasi trent’anni se ne discute al Palazzo di Vetro, ma senza mai riuscire ad arrivare ad un accordo possibile di riforma. Ma ora l’intera credibilità e rilevanza delle Nazioni Unite sembrano messe in discussione a meno che l’Assemblea Generale non prenda una volta per tutte l’iniziativa di riformare l’organo più potente dell’Organizzazione responsabile per le questioni di pace e sicurezza: il Consiglio di Sicurezza.
Giovedì durante la riunione plenaria dell’Assemblea Generale sull’espansione del Consiglio di sicurezza e su come renderlo più equo, il presidente dell’UNGA Csaba Kőrösi ha detto che le “crisi interconnesse” di quest’anno, in particolare l’invasione russa dell’Ucraina a febbraio, hanno messo in luce le incapacità del Consiglio di Sicurezza di “svolgere pienamente il proprio mandato”.
Il potere di veto detenuto dai membri permanenti, Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, fa sì che qualsiasi risoluzione possa essere bloccata se solo uno di loro decide di utilizzare il veto. Altri dieci paesi siedono nel Consiglio e sono eletti per un mandato di due anni, a rotazione regionale.
Il Consiglio opera sulla base di un membro un voto, e nel decidere su “questioni procedurali”, nove membri devono votare a favore per l’adozione di una decisione. Su tutte le altre questioni è necessario il voto favorevole di nove membri “compresi i voti concorrenti dei membri permanenti”.
“Un numero crescente di persone chiede ora la sua riforma”, ha affermato Kőrösi.
This year, we approach #SecurityCouncil reform at a time when the world is facing a set of interlocking crises that have placed the entire multilateral system under pressure.
We should admit that this is about the credibility & the relevance of the UN.https://t.co/QSk29rLeya pic.twitter.com/WyNtAU1OFn
— UN GA President (@UN_PGA) November 17, 2022
“Durante la settimana ad alto livello, un terzo dei leader mondiali ha sottolineato l’urgente necessità di riformare il Consiglio, più del doppio rispetto al 2021. Si aspettano che l’Assemblea generale guidi il cambiamento.
“Bisogna ammettere che si tratta della credibilità e della rilevanza delle Nazioni Unite”, così Kőrösi ha detto agli ambasciatori che l’Assemblea doveva decidere se passare attraverso le mozioni o “entrare in azione”.

“Dovete semplicemente rispondere a questa chiamata. L’Assemblea generale è, letteralmente, l’unico organo delle Nazioni Unite con il mandato di cercare una soluzione alla questione della riforma del Consiglio di sicurezza. Conto su di voi, gli Stati membri, per guidare la trasformazione ora urgentemente necessaria”.
Il Presidente dell’Assemblea ha chiesto al corpo di 193 membri – il più rappresentativo dell’intero sistema delle Nazioni Unite – di compiere un “passo collettivo” e sostenere il processo di negoziazione intergovernativa in corso avviato 13 anni fa, per realizzare finalmente una riforma significativa.
“L’obiettivo è trovare soluzioni. In maniera trasparente. Lungo un processo ben progettato”, ha detto alla riunione, dicendo che lui e i copresidenti forniranno tutto il supporto necessario, “in modo imparziale, obiettivo e di mentalità aperta”.

Andando poi dai giornalisti, Kőrösi ha detto che “è molto importante avere un processo consultivo con il P5 (i 5 paesi membri permanenti del UNSC). Ma permettetemi di sciogliere l’errata percezione che sia l’unico P5s a rendere difficili le trattative. Le trattative non hanno mai prodotto un risultato che potesse essere preso in considerazione dal P5”.
Quindi il Presidente dell’Assemblea Generale ha ammessoche ci sia “un compito enorme davanti all’Assemblea Generale ora, quest’anno e vedremo per quanto tempo, per appianare un compromesso accettabile e praticabile tra 193 membri. Non siamo mai arrivati a quel punto. Nel frattempo, ovviamente, sarà anche molto importante fare in modo che il P5 possa lavorare anche come Membri dei 193. Ma sarà la seconda tappa in cui si assumerà una posizione unita, consultata, consolidata nell’Assemblea Generale Consiglio di Sicurezza per la loro approvazione”.
Prima, nel su discorso all’AG, Kőrösi aveva citato l’antico filosofo cinese Lao Tzu, che descrisse la perseveranza come un segno di forza di volontà: “Perseveriamo. Liberiamoci dalle posizioni trincerate. Andiamo oltre i calcoli della sfiducia e della rivalità. Concentriamoci sul bene comune”.
Ma questo “bene comune”, si è capito quale sia per i 193 paesi membri dell’ONU? Per un gruppo di paesi – a quanto pare di nuovo promossi dagli USA – consisterebbe nell’assegnazione di altri seggi permanenti nel Consiglio, anche se senza potere di veto (i paesi favoriti? Germania, Giappone, India, Brasile e un africano ancora da scegliere…).
Eppure per tanti altri paesi, che sono stati finora in numero sufficiente a bloccare ogni proposta, “il bene comune” invece si raggiunge attraverso una riforma che non conceda altri seggi permanenti ma allarghi il consiglio ad altri seggi elettivi e a rotazione.

Allo spirito di questa riforma, si ispira il gruppo “Uniting for Consensus” (UfC), guidato dall’Italia e che finora è riuscito a “stoppare” tutti i tentativi di “quick fix” cercati da quei paesi, come Germania e Giappone, che cercano il “posto al sole” del seggio permanente.
Anche giovedì, a spiegare la proposta di UfC, sul podio dell’Assemblea generale è andato l’ambasciatore d’Italia Maurizio Massari, che poi ha twittato: “In base alla proposta #UfC, tutti beneficiano e ottengono un migliore accesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, inclusi oltre 60 paesi che non vi hanno mai prestato servizio. Una riforma che serve solo a pochi non è una soluzione per l’intera appartenenza. Solo elezioni periodiche possono rendere il Consiglio democratico e responsabile”. #UNSCForAll
Under #UfC proposal, everyone benefits & gains better access to UNSC, including 60+ countries that never served in it. A reform that only serves a few is not a solution for the entire membership. Only periodic elections can make the Council democratic & accountable. #UNSCForAll pic.twitter.com/5VgdJsGIBL
— Maurizio Massari (@MauMassari) November 17, 2022
Quando però a parlare sul podio dell’Assemblea è andata l’ambasciatrice USA Linda Thomas-Greenfield, è stato dissipato ogni dubbio: la super potenza fondatrice dell’ONU vuole una riforma del Consiglio di Sicurezza che contempli l’entrata di altri membri permanenti. “Gli Stati Uniti credono, nel profondo, che dobbiamo andare avanti insieme. E siamo pronti a impegnarci ampiamente con gli Stati membri per rendere il Consiglio di sicurezza più efficace, rappresentativo e credibile” ha detto Thomas-Greenfield, che poi ha ribadito quello che era stato già detto dal presidente Biden a settembre: “Come annunciato dal presidente Biden durante il dibattito generale di quest’anno, gli Stati Uniti sostengono l’espansione del Consiglio di sicurezza sia nelle categorie permanenti che in quelle non permanenti, compresi i nuovi seggi permanenti per i paesi dell’Africa e dell’America Latina”.
As @POTUS announced during this year’s General Debate, the United States supports the expansion of the Security Council in both permanent and non-permanent categories, including new permanent seats for countries from Africa and Latin America.https://t.co/u0d7SYA3bx
— U.S. Mission to the UN (@USUN) November 17, 2022
Posizioni inconciliabili? Giudicate un po’ voi. Qui sotto leggerete il resoconto del discorso pronunciato oggi dall’Ambasciatore d’Italia Maurizio Massari a nome di Uniting for Consensus.
Massari ha sostenuto che “il gruppo UfC sente fortemente la necessità di progressi nei negoziati, soprattutto dopo gli sconvolgimenti di quest’anno nel sistema internazionale, inclusa l’attuale crisi in Ucraina”. Secondo l’UfC, ha detto Massari, “una riforma soddisfacente dovrebbe aumentare la legittimità del Consiglio di sicurezza agli occhi dei membri in generale. A tal fine è necessario il consenso più ampio possibile”. E quindi “a nostro avviso, un Consiglio di sicurezza riformato che soddisfi questa aspirazione dovrebbe essere più trasparente, rappresentativo, responsabile, democratico ed efficace”.
Il capo della missione dell’Italia all’ONU ha spiegato che:
“Più trasparente significa un Consiglio in cui le decisioni sono prese non da pochi esclusivi che detengono un potere ultimo, ma da tutti i membri del CS in modo pienamente inclusivo e tenendo in debita considerazione le altre voci;
Più rappresentativo significa andare oltre un semplice aumento del numero dei membri del CS; significa considerare seriamente di aumentare le possibilità per tutti gli Stati membri di sedere periodicamente in Consiglio, in modo che tutte le Regioni e tutte le voci siano ascoltate, comprese quelle dei piccoli Paesi insulari;
Più responsabile significa che ogni nuovo membro di un Consiglio di sicurezza riformato dovrebbe rispondere all’intera appartenenza. Comporta anche un contenimento del numero degli Stati con seggi permanenti rispetto a quelli attuali, limitando, al contempo, l’uso del veto
Più democratico significa semplicemente che ogni nuovo membro di un CS riformato deve essere eletto;
Più efficace significa meno possibilità di paralisi e un Consiglio che può agire rapidamente, rendendolo infine più legittimo; uno che – poiché è trasparente, rappresentativo, responsabile e democratico – gode di maggiore credibilità agli occhi di tutti gli Stati membri e le cui decisioni sono pienamente osservate e attuate, adempiendo così meglio al suo mandato”.
Spiegata per l’ennesima volta lo spirito della proposta, Massari ha ricordato che a differenza di altri, “l’UfC non chiede nulla per i nostri membri individuali, non aspiriamo all’adesione permanente allo stesso modo per noi o per qualsiasi altro Stato! Vogliamo una riforma per tutti, non per pochi, una riforma del Consiglio di sicurezza che sia vantaggiosa per tutti gli Stati membri e per la stessa ONU”.

Per questo l’Italia, come fondatrice e portavoce del gruppo Uniting for Consensus si dice certa che “la nostra idea di riforma, che è l’unica che è stata modificata negli anni per tenere conto delle posizioni di tutti i gruppi negoziali, serva a tutta l’appartenenza. Secondo la proposta dell’UfC, tutti ne traggono vantaggio; nessuno è lasciato indietro o lasciato fuori; e tutti ottengono un migliore accesso al Consiglio per contribuire a un mondo più pacifico… Darebbe a tutti gli Stati membri, grandi e piccoli, di tutti i gruppi regionali, un’equa possibilità di essere rappresentati e non discriminerebbe introducendo nuove situazioni di privilegio”.
Invece, dice Massari, “nuovi seggi permanenti e nuovi veti servirebbero solo allo scopo di paralizzarlo ulteriormente. Consentitemi di ribadire che, qui, tutti gli Stati membri sono uguali, quindi un approccio alla riforma che serve solo a pochi non può essere una soluzione per l’insieme dei membri”.
A questo punto Massari ha portato un paragone comprensibile per tutti: “Se un condominio va in rovina, a causa del fatto che i membri del consiglio di condominio sono in lotta tra loro, la semplice aggiunta di nuovi membri di diritto al consiglio non risolverà il vero problema. Consentitemi di ribadire che qui tutti gli Stati membri sono uguali, quindi un approccio alla riforma che serve solo a pochi non può essere una soluzione per l’intera appartenenza”.
Ecco allora la proposta di UfC negli ultimi dettagli aggiornati, come è stata descritta da Massari all’Assemblea Generale:
“Più in concreto, proponiamo, da un lato, di aumentare il numero dei seggi eletti biennali al fine di garantire un più equo sistema di rotazione in seno al Consiglio. Si tenga presente che 60 Stati membri non hanno mai fatto parte del Consiglio di sicurezza! Dall’altro, proponiamo la creazione di seggi eletti a lungo termine, non permanenti, con possibilità di rielezione immediata. Questa innovazione è intesa ad accogliere quegli Stati membri che aspirano legittimamente, e hanno i mezzi per, a dare un contributo duraturo ai lavori del Consiglio.
Nella nostra proposta, il Consiglio di Sicurezza sarebbe composto da ventisei membri: oltre agli attuali 15 seggi, ci sarebbero nove seggi eletti a lungo termine, non permanenti, distribuiti tra i gruppi regionali come segue: 3 per l’Africa, 3 per l’Asia Pacific, 2 per GRULAC e 1 per WEOG. Inoltre, due seggi elettivi in più rispetto all’attuale biennio assegnato: uno al Gruppo dell’Europa dell’Est e uno, a rotazione, ai Piccoli Stati insulari e in via di sviluppo (SIDS) e ai Piccoli Stati. Questo seggio a rotazione non impedirebbe loro di candidarsi all’interno del proprio gruppo regionale, ma costituirebbe invece un ulteriore modo per avere maggiori possibilità di accedere al Consiglio di sicurezza”.
L’Ambasciatore Massari ha cercato di convincere gli altri paesi membri dell’ONU che questo modello di riforma rafforzerebbe notevolmente la rappresentanza regionale: “l’Africa costituirebbe il gruppo più numeroso nel Consiglio riformato; la regione Asia-Pacifico avrebbe l’aumento percentuale più elevato; sia l’America Latina che l’Europa dell’Est raddoppierebbero la loro rappresentanza. La nostra proposta di distribuzione consentirebbe anche una rappresentanza maggiore e più stabile per i raggruppamenti interregionali, come il gruppo arabo”.
Non ci sono scorciatoie procedurali per il consenso sul raggiungimento della riforma del Consiglio di Sicurezza, e quindi conclude Massari, “questa è una delle principali lezioni apprese nel corso degli anni: il processo di riforma può avere successo solo se si tiene conto dei punti di vista e delle posizioni di ogni membro delle Nazioni Unite”.