Le peggiori conseguenze del caos di Haiti non si sono fatte attendere e nell’anarchia dominante con l’imperversare delle gang nella capitale Port-au-Prince, è tornato persino il colera, con una serie di contagi che ormai annunciano la seconda epidemia nell’isola dopo quella del 2010.
Giovedì le Nazioni Unite hanno chiesto l’apertura di un “corridoio umanitario” ad Haiti mentre le bande armate bloccano l’accesso al principale terminal di rifornimento di carburante tra la crisi economica in corso, l’insicurezza e appunto la mortale epidemia di colera.
Il terminal di Varreux, situato nella capitale Port-au-Prince, è il principale punto di ingresso per il carburante nel Paese, ma le bande lo stanno bloccando da metà settembre. La situazione ha portato a una carenza di carburante che ha costretto molti ospedali e centri sanitari a chiudere e ha influito sulla distribuzione dell’acqua, ha affermato Ulrika Richardson, vice rappresentante speciale delle Nazioni Unite nel paese e coordinatore umanitario ad Haiti, ai giornalisti riuniti al Palazzo di Vetro.
“Abbiamo chiesto la creazione di un corridoio umanitario per il flusso di carburante in città e nel resto del Paese in modo da poter garantire la nostra risposta. Senza carburante, non c’è acqua pulita. Senza acqua pulita, ci saranno più casi e sarà molto difficile contenere questo focolaio”, ha detto parlando via video dalla capitale haitiana.

Da quando le autorità haitiane hanno confermato domenica due casi positivi di colera, ci sono stati 11 casi, sette decessi e circa 111 casi sospetti, anche se i numeri potrebbero essere più alti. Richardson teme “un aumento esponenziale, se non esplosivo, dei casi di colera”, date le condizioni attuali. “Si potrebbe anche dire che forse ci sono le condizioni per una tempesta perfetta, purtroppo”, ha detto ai giornalisti al quartier generale delle Nazioni Unite a New York.
Già il primo ministro haitiano Ariel Henry mercoledì aveva invitato la comunità internazionale ad aiutare la nazione caraibica, a causa del blocco del terminal di rifornimento che ha creato una diffusa carenza di beni, inclusa l’acqua potabile. “Chiedo all’intera comunità internazionale, a tutti i paesi amici di Haiti, di stare con noi e aiutarci a combattere questa crisi umanitaria”, ha detto Henry in un discorso televisivo. “Vogliamo che l’acqua potabile e le medicine raggiungano i malati quando il colera inizierà a tornare, affinché le fabbriche che producono acqua potabile ricomincino a funzionare. Abbiamo bisogno di medici e infermieri… per raggiungere gli ospedali”.
La crescente insicurezza ad Haiti negli ultimi mesi ha influito sulla vita di cittadini comuni, che devono affrontare restrizioni di movimento, saccheggi, violenze sessuali e altri orrori. A causa della crisi al terminal, le persone nella capitale hanno fatto ricorso all’acquisto di carburante al mercato nero a prezzi esorbitanti.
“I servizi igienico-sanitari e l’assistenza sanitaria sono davvero gravemente colpiti”, ha affermato l’inviata dell’Onu. “Sono mesi che non facciamo la raccolta dei rifiuti a causa della situazione violenta, della violenza nelle strade causata dalle bande armate, ma anche per la carenza di carburante”.
La terribile situazione umanitaria ha accelerato la necessità di un’azione per proteggere e salvare vite umane. Nei prossimi tre mesi, quasi 30.000 donne in gravidanza, e praticamente altrettanti neonati, rischiano di non ricevere alcuna assistenza sanitaria. Inoltre, si stima che circa 9.965 complicanze ostetriche non verrebbero trattate.

A milioni di bambini viene negata l’istruzione perché non hanno potuto frequentare la scuola. Quasi 30 scuole sono state saccheggiate o attaccate solo il mese scorso. Inoltre, il 45% della popolazione, 4,5 milioni di persone, soffre la fame, mentre circa 7.000 vittime di violenze sessuali potrebbero non essere curate.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite terrà una sessione alla fine di questo mese sulla situazione della sicurezza ad Haiti. Nel frattempo, l’intero sistema delle Nazioni Unite nel paese sta assistendo nella risposta all’epidemia di colera.
L’ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, OCHA, si sta occupando del coordinamento e altre agenzie delle Nazioni Unite si stanno unendo allo sforzo collettivo insieme a partner locali e internazionali.
Finora, hanno distribuito medicinali e attrezzature essenziali, istituito centri per il trattamento del colera e aumentato la capacità di disinfezione, oltre a supportare “alcune delle scarse possibilità di accedere effettivamente all’acqua e alle misure igienico-sanitarie”, ha riferito Richardson.
Oggi un milione di haitiani riceve quotidianamente testi che descrivono le azioni per proteggersi, a cui si aggiunge la distribuzione porta a porta di opuscoli. La Pan-American Health Organization (PAHO) sta anche lavorando con le controparti dei ministeri della salute e delle comunicazioni per affrontare urgentemente le “tendenze preoccupanti” sulla disinformazione che viene diffusa. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) sta lavorando per portare i vaccini contro il colera ad Haiti, oltre a fungere da agenzia principale per l’acqua, i servizi igienico-sanitari e l’igiene.

“Rinforzeremo le nostre squadre sul campo, nonostante la situazione di sicurezza molto difficile e la carenza di carburante”, ha detto ai giornalisti Richardson. “Le nostre risorse esistenti, le riposizioniamo come riteniamo possibile e poi ovviamente vedere se abbiamo bisogno di sostegno finanziario. Ma c’è molto da fare e lavoreremo con il governo haitiano”.
Quando le abbiamo fatto notare che, dalla sua descrizione, Haiti appare ormai sempre più un “Failed State” (Stato fallito) e quindi, più che aspettarsi iniziative dal governo haitiano, non dovrebbe forse l’ONU al più presto mobilitarsi con una nuova missione, Richardson non è sembrata d’accordo: “Non mi sento di dire che Haiti sia un ‘failed State’, non sarebbe giusto nei confronti degli haitiani. Noi stiamo lavorando con il ministero haitiano della salute che si sta prodigando molto. Continueremo a lavorarci”.