Durante la settimana di UNGA77, al Palazzo di Vetro dell’ONU c’era anche una delegazione del Parlamento italiano. L’On. Alessandra Ermellino, pugliese di Taranto classe 1978, era tra i deputati che, non partecipando alle elezioni politiche del 25 settembre e per gli interessi che coltiva, era entusiasta di poter osservare a New York i dibattiti sulle crisi internazionali. Ermellino si è avvicinata alla politica nel 2012 “per la voglia di cambiare il paradigma del mio territorio fortemente inquinato dall’industria siderurgica”, ci dice. Eletta alla Camera dei Deputati nel 2018 con il Movimento M5S, con l’esperienza in Parlamento inizia, ci dice Ermellino, “una presa di coscienza che mi porta a spostarmi nel 2020 nel gruppo misto”. Con la nascita del governo Draghi, passa nella componente di Bruno Tabacci a sostegno della maggioranza. L’esperienza in commissione Difesa, “ha reso più solido il mio lavoro svolto in commissione Affari Esteri, in cui sono stata vicepresidente del comitato per l’Africa e il Mediterraneo e su cui ho imperniato gran parte del mio lavoro”.

Laureata in Filologia Moderna, Ermellino è un grafico pubblicitario specializzato nel settore del racing (motorhomes e tende per il karting). “Penske era uno dei nostri clienti in giro per il mondo; allo Skusa di Las Vegas ogni anno c’erano molte nostre realizzazioni”. A poche ore dalla sua partenza per far ritorno in Italia, l’abbiamo intervistata.
Come è andata questa settimana dell’UNGA77? Secondo le vostre aspettative o, come spesso si dice dell’ONU, fiumi di parole ma poca concretezza?
“È stato un bel modo di chiudere la mia prima esperienza da parlamentare, sebbene ci sia stato qualche piccolo disguido che non ha permesso alla delegazione di essere maggiormente presente in Assemblea. Di certo i giorni dell’UNGA sono stati all’altezza delle mie aspettative e penso di tutti quelli che si occupano di politica estera di alto livello. La missione ha permesso un confronto inter-istituzionale difficile da replicare; non reputo ci siano stati fiumi di parole, anzi mi sono sentita parte integrante di una sana e utile diplomazia parlamentare”.

Il discorso del SG Antonio Guterres e quello del Presidente USA Joe Biden: quale le è piaciuto di più e cosa mancava?
“Entrambi i discorsi sono stati costruiti guardando al medesimo obiettivo. Nonostante ciò ho colto in essi differenti sfumature: ho trovato nell’intervento del Presidente Biden numerosi rimandi alla politica interna degli Stati Uniti, probabilmente avrà influito l’approssimarsi delle elezioni di novembre; mentre lo speech del Segretario generale Guterres è stato più diretto, anche grazie all’uso di metafore e immagini che penso abbiano colpito l’immaginario collettivo. Devo ammettere però che in entrambi i discorsi è mancato un accenno più chiaro al Mediterraneo, eppure a mio parere è un tema che meriterebbe maggiore attenzione, dato che l’area è sempre più crocevia di approvvigionamenti alimentari ed energetici, oltre che di migrazioni”.
Nel discorso del presidente del Consiglio Mario Draghi, avrebbe aggiunto o rinforzato qualcosa?
“Con il suo intervento il Presidente Draghi ha confermato di essere in linea con gli altri leader europei per quanto riguarda i toni da tenere sul conflitto in Ucraina. Ritengo quindi sia stato funzionale a ribadire il posizionamento dei maggiori Paesi europei rispetto alle influenze di Putin e del suo entourage. Da tarantina, mi è dispiaciuta l’assenza del tema ambientale e dei cambiamenti climatici, sul quale forse avrebbe potuto spendere qualche parola in più. Del resto erano le ore in cui si cercavano i corpi dei dispersi nell’alluvione delle Marche”.

A parte l’Ucraina, tra clima, insicurezza alimentare, energia pulita, Education, pandemia… Secondo lei e in ordine di urgenza di cosa dovrebbe occuparsi di più l’ONU?
“L’ONU è un’istituzione che riesce a far dialogare 193 Paesi sui temi cruciali per il nostro futuro e svolge un ruolo fondamentale. Probabilmente sarebbe il luogo giusto per insediare un tavolo che si occupi di immaginare il futuro del genere umano in maniera transdisciplinare, visionaria, perché siamo in una fase di transizione e senza un pensiero complesso non ci sarà progresso o evoluzione”.
Di Mediterraneo, migranti e Libia se ne è discusso poco o nulla (Biden non l’ha neanche accennata la Libia come crisi urgente…). Secondo lei il Mare Nostrum è per il resto del mondo un problema di poco conto?
“Chi non vive immerso nel Mediterraneo, probabilmente non ha la nostra stessa percezione di quello che è un tema cruciale per le sue ricadute non soltanto economiche, migratorie o di approvvigionamento, ma di stabilità dell’intera area. Nel maggio scorso fu proprio Draghi a chiedere al presidente Biden maggiore supporto in Libia per cercare una soluzione pacifica in un Paese che ad oggi è davvero fuori dai radar, un po’ come il Libano”.

Siamo alla vigilia delle elezioni in Italia: il suo pronostico? E la politica estera italiana rischia di cambiare molto col nuovo Parlamento?

“Ho scelto di non essere della partita in queste elezioni perché il quadro politico italiano è davvero desolante: siamo l’unico Paese al mondo ad aver fatto cadere un governo guidato da un Presidente del Consiglio al quale è stato conferito nei giorni scorsi un premio prestigioso come statista dell’anno. A questo si aggiunge il fatto che la politica estera sia ormai un argomento di nicchia e lo testimonia la sua assenza dai programmi elettorali, dai dibattiti e dai confronti. Un Paese senza una politica estera e una postura internazionale ben definita è destinato a non contare nulla in ogni scenario. Auspico quindi che il nuovo parlamento ne tenga conto”.
A prescindere dalla casacca di partito, se come dicono i pronostici Giorgia Meloni diventasse la prima premier donna d’Italia, ecco per lei, come per tutte le donne impegnate in politica, avrebbe un significato di svolta epocale oppure non cambia nulla?
“Il femminile ha bisogno di emergere, lo abbiamo sentito più volte anche durante i discorsi dell’Assemblea Generale, ma non come spunto generico e buonista. Uno non vale l’altro, e questo vale per donne e uomini: il femminile che spero un giorno riesca ad emergere è quello che accoglie, che protegge, che custodisce, non quello che utilizza i sostantivi per rinchiudersi in un cerchio ristretto ed esclusivo. Se si avverassero i pronostici, potrebbe (dovrebbe) prendere piede una vera svolta epocale: la nascita di un fronte di donne di valore”.