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Rocca (Croce Rossa): “Vergogna! Bisogna esser capaci di anticipare le crisi”

Intervista al presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Rocca (Croce Rossa): “Vergogna! Bisogna esser capaci di anticipare le crisi”

Francesco Rocca, Presidente nazionale della Croce Rossa Italiana e Presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Foto VNY)

Time: 6 mins read

Venerdì abbiamo incontrato al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, Francesco Rocca, Presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Lo abbiamo intervistato per fare il punto sulla settimana dell’UNGA77 e quanto, oltre ai tanti discorsi e dibattiti, sia risultata “pratica” agli operatori umanitari.

Questa settimana all’Onu la guerra in Ucraina è stata la più dibattuta. Quale è secondo lei un’altra crisi imminente che ha bisogno di soluzioni immediate per la sua gravità?

“Se parliamo a brevissimo termine, sicuramente la crisi alimentare in Africa. Questa necessita di risposte ora, perché la gente sta morendo adesso e siamo sull’orlo di una catastrofe simile a quella in cui assistemmo inermi nel 1984 e quindi c’è necessità di un intervento urgente”.

E sta avvenendo l’intervento?

“Vediamo che cosa accadrà nei prossimi giorni. Qui ci sono tantissimi incontri, discussioni, eventi, in cui abbiamo partecipato durante questa settimana di alto livello, ma poi i fatti si misurano nelle settimane e mesi seguenti, se agli impegni e alle dichiarazioni seguano azioni concrete. Di sicuro rispetto alla crisi alimentare mi sembrava che ci fosse una presa di coscienza, bisognerà vedere. C’è però un altro aspetto che si potrà misurare alla distanza, ed è quello se riusciremo a diventare capaci di anticipare le crisi. Perché dovrebbe proprio far vergognare la comunità internazionale, quando si parla di crisi che colpiscono milioni di esseri umani, quando queste, come quella alimentare che sta vivendo il Corno d’Africa, sono prevedibili. Oggi abbiamo tutti gli strumenti tecnologici per dire avverrà questo. Ci sarà una carestia? Ci sarà una siccità? Mancherà l’acqua? Queste saranno le conseguenze. E quindi anticipare è sicuramente un cambiamento di mentalità che la Croce Rossa e tutte le organizzazioni umanitarie si aspettano dagli Stati”.

E’ allarme siccità in Etiopia, una donna nella regione Somali (@UNICEF/Mulugeta Ayene)

Però si dice che il cambiamento climatico sia il maggior responsabile della siccità. Come si anticipa un problema così immenso? Non ci vuole tempo? E poi, anche quando accade quello che è successo in Pakistan, come si poteva prevedere?

“Il Pakistan ha mandato un grande segnale. Però guardiamo anche i segnali positivi. Un paese come il Bangladesh, lavorando sui meccanismi anticipatori e sulla prevenzione, è riuscito in maniera enorme a prevenire la mortalità da eventi come le inondazioni avvenute in Pakistan. Quindi questo significa che quando c’è una volontà politica forte è possibile prevenire. Sicuramente il cambiamento climatico è stato un tema toccato alla UNGA77, però mi è sembrato tutto un rimandare alla prossima Cop27 del Cairo. Come se lì ancora una volta si decidessero le sorti del mondo su questa tematica; ma abbiamo visto con la Cop26 che poi i risultati sono stati modesti. Eppure da operatore umanitario resto ottimista. Le dichiarazioni di Joe Biden fanno ben sperare, l’attenzione che il Segretario Generale Antonio Guterres ha voluto porre nel suo discorso mi è sembrata essenziale, perché è una delle crisi che stanno definendo un’era intera. Ovviamente alla domanda quale è la crisi più urgente rispondo il Corno d’Africa, come bisogno immediato, ma è ovvio che questa crisi ha una correlazione diretta e innegabile sotto il profilo scientifico con i cambiamenti climatici”.

La guerra in Ucraina ha aggiunto milioni di profughi a quelli che già c’erano nel Mediterraneo più i migranti. Per queste masse di gente in fuga, voi della Croce Rossa come state aiutando?

“Come sempre siamo nei paesi di origine, di transito e nei paesi di destinazione. Abbiamo un osservatorio ma anche un laboratorio privilegiato e tante sono le azioni che facciamo a supporto dei migranti e dei rifugiati. Di coloro che scappano dai conflitti. Però oggi abbiamo anche i rifugiati climatici perché una persona si allontana dove vengono a mancare tutti i mezzi di sostentamento. Quindi noi continuiamo ad essere attivi e continueremo a chiedere maggiore attenzione e più umanità nei confronti delle persone che si spostano che spesso sono le più fragili e che pagano per prime le conseguenze di queste crisi. Anche in termini di accesso alla salute, che è un altro dei temi che è stato toccato con attenzione, è stata ricordata l’importanza di garantire l’accesso alla salute per le popolazioni migranti”.

Francesco Rocca venerdì mentre modera il panel sul Covid-19 durante i lavori di UNGA77 (Foto da twitter @IFRC_NYC

Appena adesso è terminato un panel sul Covid e la pandemia. Le notizie sono ottimiste o dobbiamo preoccuparci per l’autunno?

“La comunità scientifica ha invitato a non abbassare la guardia. Il panel era più sulle lezioni apprese cioè sui meccanismi ancora una volta anticipatori e che blocchino le iniquità che abbiamo visto accadere durante questa pandemia. Come ci prepariamo per il futuro? La comunità scientifica ci aveva messo in guardia che sarebbero potute accadere delle pandemie e la prima è già avvenuta. Però ci ha anche avvertito che questa non sarà l’unica. Quindi occorre prepararsi e sarebbe veramente imperdonabile non far tesoro degli errori e di quello che abbiamo vissuto. Quindi quello all’ONU è stato un panel molto interessante, di confronto, e a cui hanno partecipato non soltanto gli stati e gli operatori umanitari, ma anche il CEO di Astrazeneca. Ognuno deve fare la sua parte perché non si crei più questa umanità di serie B, che ha vissuto da lontano, quello che invece i paesi più ricchi riuscivano a fare per cercare di proteggere le loro comunità. Gli esseri umani dinanzi a una pandemia sono tutti uguali e hanno necessità di avere le stesse risposte”.

Francesco Rocca con degli operatori della Croce Rossa rumena che prestano soccorso ai profughi provenienti dall’Ucraina (Foto: Emiliano Albensi/Italian Red Cross)

Come operatori umanitari, riuscite a lavorare in questo momento in Ucraina? Quali sono le vostre previsioni, l’emergenza umanitaria peggiorerà o si vedono spiragli di luce?

“Il problema non è tanto quello che si vede sul terreno ma quello che si vede arrivare dalla politica e ancora mi sembra siamo molto lontani dal trovare una pace. Le popolazioni intrappolate sulla linea del conflitto stanno soffrendo molto. L’accesso non è semplice, perché il dialogo tra le parti è veramente difficile, c’è una polarizzazione esasperata”.

Francesco Rocca (a destra) con Rosario Maria Gianluca Valastro, vicepresidente della Croce Rossa Italiana (Foto VNY)

Ma il ruolo della Croce Rossa?

“Sicuramente è un ruolo assolutamente rispettato all’interno della comunità ucraina però il problema dell’accesso in queste zone occupate, contese, è un aspetto difficile su cui i miei colleghi del comitato internazionale stanno lavorando ma ci sono ancora oggi molte difficoltà in termini di sicurezza. E’ un ulteriore test della difficoltà che la Croce Rossa sta avendo  in termini di accesso. Noi lo dicevamo anche negli anni scorsi su altri conflitti, questo che torna ad essere un grande conflitto tra stati, perché quelli di cui parlavamo prima erano più conflitti interni, erano crisi internazionali ma per procura come abbiamo sempre detto. Ma in questo caso stiamo vedendo che il nostro ruolo in quelle aree, in termini di accesso, ha dei limiti importanti. Non è un ruolo che può essere lasciato alle croci rosse nazionali. E’ ovvio che nel Donbass c’è una comunità russofona e una comunità ucraina, e quindi non è il ruolo della Croce Rossa ucraina o di quella russa in questo momento di operare, ma dovrebbe essere proprio il ruolo del Comitato Internazionale il garante dell’accesso e della neutralità dell’azione umanitaria. Su questo c’è un po’ di fatica nel trovare gli spazi”.

UNGA77: L’intervento di Rocca per la Croce Rossa durante l’evento sugli aiuti finanziari organizzato dall’Unione Europea

C’è una crisi in questo momento nel mondo di cui la Croce Rossa è molto preoccupata e della quale alla UNGA77 si sono un po’ dimenticati?

“Quella siriana. Ne ho sentito parlare poco, però sono milioni gli esseri umani in pericolo. Mancano fondi; c’è stato un evento dell’Unione europea coordinato dal Commissario per gli affari umanitari e hanno parlato di tempesta perfetta. Siamo in un momento in cui sono tantissime le crisi e le risorse sono limitate. Si stanno aggiungendo crisi su crisi e quindi si tagliano fondi, si cerca di…”

Anche della Libia si è parlato poco…

“Anche della Libia certo, come della situazione israelo-palestinese. Ovviamente Ucraina, cambiamento climatico, la pandemia, hanno polarizzato la discussione. Però queste crisi rimangono fattori di rischio per la vita di milioni di persone, perché gli aiuti in Siria continuano ad essere vitali per la sopravvivenza di oltre 7 milioni di persone”.

A wide view of the General Assembly Hall as Secretary-General António Guterres (at podium and on screens) addresses the opening of seventy-seventh session of the General Assembly Debate on Theme: “A watershed moment: transformative solutions to interlocking challenges”. (UN Photo/Cia Pak)

Dopo una settimana al Palazzo di Vetro per la UNGA77, la Croce Rossa che voto darebbe all’Assemblea Generale dell’Onu per i temi affrontati? Bocciata, appena sufficiente o promossa a pieni voti?

“Non posso dargli 10, ma nemmeno appena la sufficienza. Dico che la qualità del dibattito è stata sicuramente migliore di quelle che ho assistito in passato, dove davvero si sentivano molte parole vuote. Credo che lo shock che la pandemia ha portato e anche, guardando l’unico aspetto forse positivo in termini di consapevolezza della fragilità del nostro mondo che ha portato la crisi ucraina, ecco credo che abbia fatto elevare la qualità della discussione. In questo senso torno a Ginevra più ottimista, ovviamente sapendo che purtroppo la comunità internazionale ha mille risorse per deludere”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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