Dal tragico inchino fino all’Onu. L’isola del Giglio è candidata per l’Italia al bando Best tourism village delle Nazioni Unite come migliore borgo rurale del mondo. Con il Giglio concorrono per l’Italia anche Orticoli in Umbria e Sauris-Zahre in Friuli Venezia Giulia.
Il regolamento prevedeva che ogni paese scegliesse tre borghi di non più di 15mila abitanti dall’importante contesto paesaggistico. Obbiettivo, mettere a frutto le potenzialità del turismo per salvaguardare le piccole comunità e creare nuove opportunità in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Il ministero per il turismo alla fine ha scelto e per il Giglio è arrivato il momento di cambiare pagina e guardare oltre quella notte del 13 gennaio 2012, quando le scialuppe arrivarono in porto e le grida dei sopravvissuti al naufragio della Costa Concordia invasero il molo e stravolsero il paese.

La nave da crociera aveva urtato un gruppo di scogli al largo dell’isola in seguito a una manovra infausta fatta per portare la nave il più vicino alla costa e salutare chi è nella terraferma. L’inchino, come viene chiamato in gergo, provocò la morte di 32 persone su un totale di 4229 e finì con una condanna di16 anni al capitano Schettino che è stata ribadita proprio in questi giorni dai giudici della Corte europea.
“Per troppo tempo l’isola è stata associata al disastro della Concordia, questo per noi è il momento del riscatto – dice il sindaco Sergio Ortelli – Il Giglio è la seconda isola dell’arcipelago toscano dopo l’Elba, ha una struttura particolarissima che si avvale di un borgo medievale con un castello che richiama Barbarossa e il Granducato di Toscana da una parte e un porto che richiama, invece, insediamenti liguri e le culture del Medio Tirreno, dove i Gigliesi si recavano per trovare lidi più pescosi”.
È una comunità di 1400 abitanti quella del Giglio, che arriva a sfiorare i 10mila d’estate, quando i vacanzieri sbarcano a frotte dai traghetti in partenza dalla vicina Porto Santo Stefano. “Ma ci sono sempre più persone che si trasferiscono – continua Ortelli – da Milano e da Roma per esempio, per lo più gente in pensione, perché le isole sono belle, ma difficili da vivere, venire qui significa fare una scelta precisa”.

Il sindaco è uno di quelli che la sua scelta l’ha fatta tanto tempo fa. Nativo del Giglio ha lasciato nell’88 l’azienda informatica in cui lavorava a Ivrea per tornare con la famiglia a vivere in questo angolo di Paradiso. “Perché l’isola permette di vivere la giornata secondo la propria volontà – racconta – in città i meccanismi sono altri, ci sono il traffico, gli spostamenti, gli orari”.
Qui, il tempo invece sembra essersi fermato. Questa lingua di terra che si estende davanti al monte Argentario per appena 21 chilometri quadrati dispone per il 90% di un territorio ancora selvaggio, da qui i ritmi accelerati e lo stress da prestazione sono lontanissimi.
“È gente con una profonda umanità questa – continua – abituata a difendersi dal mare in ogni momento e per questo sempre pronta al soccorso. Anche per questo la risposta di quella notte di 10 anni fa fu straordinaria”. Il ricordo torna ad allora.

Erano le 10,30 di sera, il sindaco racconta di essere andato stranamente a dormire presto, quando il comandante della polizia municipale lo avvisò di una probabile nave in avaria. “Che si trattasse di un naufragio l’abbiamo capito molto dopo – ricorda – quando sono arrivate le prime scialuppe. Allora ho fatto evacuare il molo in modo da permettere lo sbarco e abbiamo aperto i bar, la chiesa, la farmacia e abbiamo dato tutto quello che potevamo. Con uno slancio abbiamo deciso di accogliere in casa nostra degli sconosciuti, li abbiamo lasciati con i nostri oggetti e siamo tornati al porto per cercare di mettere in salvo altre persone”.
Seguirono due anni e mezzo di tentativi per raddrizzare e rimuovere la nave e un conto salato per il turismo. “Il nostro è un turismo fidelizzato fatto di americani, tedeschi, svizzeri, francesi, qualche giapponese e coreano – conclude – Abbiamo dovuto fare i conti con la Concordia e con la crisi economica. Ma siamo forti della nostra isola, abbiamo 70 chilometri di sentieri, puntiamo a un turismo diversificato che non punti solo al mare, ma anche alla cultura, alla biodiversità, all’enogastronomia”.
Ora l’ultima parola spetta alle Nazioni unite.