Quasi ottant’anni fa, nel 1945, le Nazioni Unite nacquero con l’obiettivo dichiarato di evitare un altro conflitto mondiale. Fino ad oggi nessuna World War III, ma l’attuale situazione tra Russia e Ucraina rischia di creare una crepa nell’apparentemente solido muro di pace.
Tirano venti ostili sul confine e molti Paesi si preoccupano assistendo all’evolversi delle notizie. L’unico ad essere rimasto piuttosto tranquillo è stato il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, che dalla fine di gennaio in poi si è tenuto su una posizione precisa: “Non credo che la Russia invaderà l’Ucraina”. Un parere isolato, in contrasto anche con quello di Joe Biden, per il quale la Russia, prima o poi, avrebbe agito. “Non credo in una soluzione militare – aveva proseguito Guterres – e penso che il modo più razionale per risolvere la questione sia attraverso la diplomazia e l’impegno in un dialogo serio”.
Anche questa mattina, rispondendo alle domande dei giornalisti, il portavoce Stephane Dujarric ha confermato che le convinzioni del Segretario Generale non fossero mai cambiate. “Su cosa basa questi suoi pensieri il Segretario Generale?”, è stato chiesto durante il briefing. “Sulle sue stesse analisi e speranze”, ha risposto Dujarric.

Analisi e speranze che hanno incuriosito i presenti. Che cosa sapeva Guterres che gli altri non conoscevano, per essere così sicuro che, nonostante le tensioni, si sarebbe risolto tutto in un nulla di fatto?
In effetti, l’ostinata convinzione del Segretario Generale suonava strana. È forse per questo che, verso le 15.30, Guterres in persona ha deciso di prendere la parola. Dopo aver incontrato gli ambasciatori presso le Nazioni Unite di Russia e Ucraina e aver parlato con i rispettivi ministri degli Esteri, si è presentato davanti ai giornalisti senza prendere alcuna domanda e ha letto un comunicato stringente.
“Buon pomeriggio. Sono profondamente preoccupato per le accresciute tensioni e speculazioni su un potenziale conflitto militare in Europa. Il prezzo della sofferenza umana, della distruzione e del danno alla sicurezza europea e mondiale è troppo alto per essere contemplato e non possiamo accettare la possibilità di un confronto così disastroso. Ho parlato questa mattina con i ministri degli Affari esteri di Russia e Ucraina. Il mio messaggio è chiaro: non c’è alternativa alla diplomazia. Tutte le questioni, comprese le più intrattabili, possono e devono essere affrontate e risolte attraverso strutture diplomatiche. Sono fermamente convinto che questo principio prevarrà. In qualità di Segretario generale delle Nazioni Unite, è mio dovere fare appello al pieno rispetto della Carta delle Nazioni Unite, pilastro fondamentale del diritto internazionale. La Carta dice chiaramente che tutti i membri risolveranno le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in modo tale che la pace e la sicurezza internazionali non siano messe in pericolo. Non c’è posto per la retorica incendiaria. Le dichiarazioni pubbliche dovrebbero mirare a ridurre le tensioni, non ad infiammarle. Accolgo con favore la recente raffica di contatti e impegni diplomatici, anche tra capi di Stato. Abbandonare la diplomazia per il confronto non è un passo oltre la linea, ma un tuffo da una scogliera”.
La convinzione dunque sembra rimanere, ma è il tono ad essere cambiato. La guerra continua a essere un’ipotesi da scartare, però il motivo è che, nel caso scoppiasse, le conseguenze sarebbero ingestibili. Un modo per aggiustare una posizione che, arrivati a questo punto, è diventata insostenibile e troppo rischiosa.

Intanto la diplomazia occidentale lavora per tentare di evitare un’invasione che avrebbe costi imprevedibili per tutti. Biden e il Premier britannico Boris Johnson, nel loro colloquio telefonico, hanno convenuto che nella crisi ucraina “resti un’opportunità fondamentale per la diplomazia”. Così come lo stesso cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo cui “siamo pronti a un dialogo molto serio con la Russia sui temi della sicurezza europea. Ci aspettiamo chiari passi per una de-escalation”. Anche il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, che domani sarà a Kiev e giovedì a Mosca, è convinto che non si debba rinunciare “a un estremo tentativo di capire se un negoziato politico e diplomatico possa ancora evitare un ricorso massiccio alle armi”.
In Ucraina, dopo un allarme che indicava il 16 febbraio come giorno scelto per l’invasione russa, le agenzie di sicurezza hanno fatto marcia indietro. A darne nota è stato il segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale Oleksiy Danilov. “Siamo consapevoli dei rischi esistenti nel territorio del nostro Paese. Ma la situazione è assolutamente sotto controllo e inoltre, allo stato attuale, non vediamo che possa esserci un attacco su larga scala da parte della Federazione Russa né il 16 né il 17 febbraio”.
“Abbassiamo i toni – ha concluso – perchè la destabilizzazione non è nell’interesse di nessuno”.
Parole che all’Onu verranno accolte con un sospiro di sollievo.