Per celebrare la Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace delle Nazioni Unite, il 6 aprile l’UNHCR ha pubblicato “The Journey”, un video prodotto dalla premiata agenzia Don’t Panic e diretto da Pantera attraverso Anonymous Content, che descrive le straordinarie storie di aspiranti rifugiati olimpici e paralimpici. Il cortometraggio sottolinea come lo sport non sia soltanto un semplice svago, ma un’attività con il potere di portare speranza e cambiamento a tutti coloro che sono costretti a fuggire. Questo è il messaggio dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati, che martedì ha chiesto sostegno per più di 60 atleti che attualmente si dedicano all’allenamento per i giochi.
Rose Nathike Lokonyen è una rifugiata sudanese, ha da poco compiuto 26 anni e vive per l’atletica leggera. È cresciuta nel campo profughi di Kakuma, nel nord del Kenya, dopo essere fuggita dalle violenze nel Sudan quando aveva solo otto anni. In quegli anni, durante una gara scolastica, ha corso una gara di 10 chilometri ed è arrivata seconda. Quando le prove per la squadra di addestramento della Squadra Olimpica per i Rifugiati del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) sono arrivate al campo di Kakuma, Rose ha vinto la sua gara e lo ha fatto a piedi nudi.
Dopo essere entrata a far parte della Squadra, ha continuato ad allenarsi nella capitale del Kenya, Nairobi, per preparare l’evento olimpico degli 800 metri e ha portato la bandiera a Rio nel 2016 per rappresentare la prima squadra olimpica di rifugiati della storia. Ora, ce la sta mettendo tutta per realizzare il suo sogno e arrivare a Tokyo. “Voglio aiutare le persone di tutto il mondo a capire meglio la vita dei rifugiati e il potere che lo sport può avere nel cambiarti la vita”, ha detto Lokonyen. In qualità di sostenitore ufficiale di alto profilo per l’UNHCR, è stata una delle due borse di studio per atleti rifugiati del CIO che hanno collaborato alla produzione del video. “The Journey” racconta la drammatica storia di una rifugiata costretta ad abbandonare la sua casa a piedi per sfuggire a conflitti e persecuzioni.
Viaggiando per terra e per mare, alla fine raggiunge la salvezza, ristabilisce la sua vita e inizia a correre verso un nuovo traguardo: una medaglia. L’UNHCR lavora a stretto contatto con il CIO e l’IPC, il Comitato Paralimpico Internazionale, per supportare gli atleti rifugiati che continuano ad allenarsi nonostante le sfide dello sfollamento e la pandemia di Covid-19. “Contro ogni previsione, questi straordinari atleti hanno mantenuto in vita i loro sogni di rappresentare milioni di rifugiati in tutto il mondo”, ha raccontato Dominique Hyde, Direttore delle Relazioni Esterne dell’UNHCR. “Insieme ai nostri partner come il CIO e l’IPC – ha concluso – ci dedichiamo a un mondo in cui tutti coloro che sono stati costretti a fuggire, compresi quelli con disabilità, possono accedere al loro diritto allo sport e al gioco a tutti i livelli”.