Il numero e l’ubicazione precisi dei rifugiati sono sconosciuti e ci sono rapporti secondo cui molti potrebbero aver già perso la vita, ha detto Indrika Ratwatte, direttrice dell’ufficio regionale dell’UNHCR per l’Asia e il Pacifico, con sede a Bangkok. Le ultime informazioni sono state ricevute sabato sera. “In assenza di informazioni precise sulla posizione dei rifugiati, abbiamo allertato le autorità degli Stati marittimi interessati di questi rapporti e chiesto la loro rapida assistenza, qualora la nave si trovasse nella loro area di responsabilità per la ricerca e il soccorso. È necessaria un’azione immediata per salvare vite umane e prevenire ulteriori tragedie”. Si ritiene che i rifugiati siano partiti da Cox’s Bazar e Teknaf, nel Bangladesh meridionale, circa dieci giorni fa, e la nave sarebbe andata alla deriva dopo che il motore si è rotto. La nave è rimasta senza cibo e acqua per diversi giorni e molti dei passeggeri sono malati. “Molti sono in condizioni di estrema vulnerabilità e soffrono di estrema disidratazione. Sappiamo che un certo numero di rifugiati ha già perso la vita e che le vittime sono aumentate nelle ultime 24 ore”, ha aggiunto Ratwatte. L’UNHCR ha fatto appello a tutti i governi affinché dispieghino le loro capacità di ricerca e soccorso e facciano sbarcare prontamente coloro che sono in difficoltà, sottolineando che “come sempre, salvare vite umane deve essere la priorità”.
“In linea con gli obblighi internazionali derivanti dalla legge del mare e dalle tradizioni marittime di lunga data, il dovere di soccorrere le persone in pericolo in mare dovrebbe essere mantenuto, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status giuridico”, e l’UNHCR è pronta a sostenere i governi di tutta la regione nel fornire nei prossimi giorni qualsiasi assistenza umanitaria necessaria e misure di quarantena per coloro che sono sbarcati, ha sottolineato Ratwatte. “Il fatto che rifugiati e migranti continuino ad intraprendere viaggi fatali accentua la necessità di una risposta regionale immediata e collettiva alla ricerca, soccorso e sbarco”, ha aggiunto. Si dice che diverse centinaia di persone siano morte cercando di attraversare il Mare delle Andamane, un viaggio “tre volte più mortale” che nel Mediterraneo, a causa della fame, della disidratazione, di malattie debilitanti, di persone gettate in mare vive o a cui è stata negata la vita.
La complessa crisi dei rifugiati Rohingya è scoppiata nell’agosto 2017, a seguito degli attacchi a remoti avamposti della polizia nel Myanmar occidentale da parte di gruppi armati che si presume appartengano alla comunità. Questi sono stati seguiti da contrattacchi sistematici contro la minoranza, principalmente musulmana, i Rohingya, che i gruppi per i diritti umani, inclusi alti funzionari delle Nazioni Unite, hanno definito come pulizia etnica. Nelle settimane successive, oltre 700.000 Rohingya – la maggior parte dei quali bambini, donne e anziani – sono fuggiti dalle loro case in Bangladesh per mettersi in salvo, con poco più dei vestiti sulle spalle. Prima dell’esodo di massa, ben oltre 200.000 rifugiati Rohingya trovavano rifugio in Bangladesh a seguito di precedenti sfollamenti dal Myanmar.