L’agenzia culturale ed educativa delle Nazioni Unite, l’UNESCO e i Paesi Bassi hanno organizzato una conferenza online di due giorni tra giornalisti di spicco e sostenitori della libertà di stampa di tutto il mondo, per cercare di trovare delle soluzioni per superare le crescenti sfide che i media devono affrontare.
La Conferenza mondiale sulla libertà di stampa 2020 è iniziata mercoledì e prevede confronti e discussioni su diverse questioni, come le indagini sulle uccisioni dii giornalisti, la violenza online contro le giornaliste donne e la risposta dei media alla pandemia Covid-19.
“Non solo i giornalisti trasmettono informazioni vitali durante la pandemia, ma ci aiutano anche a distinguere le verità dalle falsità, cosa fondamentale per il nostro contratto sociale”, ha affermato Audrey Azoulay, Direttore generale dell’UNESCO. “Tuttavia, i giornalisti continuano ad essere presi di mira, molestati ed attaccati. Negli ultimi anni le minacce contro di loro sono aumentate perché pongono ostacoli, raccontando la verità. O, più semplicemente, perché fanno il loro lavoro”.

Tra il 2010 e il 2019, secondo i dati dell’UNESCO, quasi 900 giornalisti sono stati uccisi mentre erano in servizio; crimini che restano principalmente impuniti. Le giornaliste donne hanno subito molestie, comprese minacce fisiche o sessuali, online o nella vita reale, e la pandemia si è aggiunta alla già precaria situazione finanziaria dell’industria dei media.
Non ci può essere “stampa” senza “libertà”, ha sottolineato il ministro degli Esteri olandese, Stef Blok, affermando di contare sui media per restare informato su ciò che sta accadendo nel mondo. Blok ha detto che giovedì aveva parlato con giovani giornalisti dall’Etiopia e dalla Libia “e potrei davvero dirgli dal profondo del cuore: abbiamo bisogno di voi. Abbiamo bisogno per sapere cosa sta succedendo nel vostro paese e ciò che dobbiamo fare come ministri”.
Durante il primo panel, Elisabeth Bumiller, Washington Bureau Chief del New York Times, ha parlato dei “quattro anni difficili” che i media americani hanno dovuto affrontare, con l’amministrazione Trump. “Ci ha chiamato ‘il nemico del popolo’, ha usato il termine ‘fake news’, che è stato ripetuto da 50 presidenti, primi ministri e altri funzionari governativi in tutto il mondo”. Sebbene questi attacchi abbiano avuto quello che Bumiller ha descritto come “un effetto corrosivo” sui media negli Stati Uniti, ha riferito che il Times ha comunque registrato livelli record di lettori e abbonamenti digitali.

Tuttavia, la giornalista sudanese Nima El Badir, corrispondente internazionale senior della CNN a Londra, era scettica sul “contagio” del populismo che si sta ancora diffondendo in tutto il mondo. “Temo che stiamo prendendo fiato ed espirando un po’ ‘troppo presto”, ha detto. “La sensazione che abbiamo è che ci sia un contagio; che le lezioni della leadership populista, dell’ondata populista – negli Stati Uniti, nel Regno Unito o in Europa – sia stata appresa molto bene dai leader di tutto il mondo”.
El Badir ha evidenziato la situazione in Etiopia, dove un mese fa è stato imposto un blackout delle comunicazioni nel nord dall’inizio della crisi del Tigray. “Come può il presidente Trump, così come il primo ministro Johnson ed uno qualsiasi dei tanti leader all’interno dell’Unione europea, parlare della mancanza di accesso quando loro stessi non vorrebbero niente di più che esattamente lo stesso? Se potessero farci chiudere, lo farebbero”, ha affermato.

Per Maria Ressa, caporedattore del sito web di notizie online delle Filippine Rappler, l’ascesa del populismo e gli attacchi contro i giornalisti sono stati causati dalla tecnologia. Ressa, che in passato è stata arrestata nove volte, crede che le persone debbano prendere in considerazione le fonti da cui leggono le notizie. I social media sono molto diffusi nelle Filippine”, ha detto, tanto da averlo definito un “Paese Facebook”. Inoltre, ha avvertito: “il nostro presente anti-utopia ha ormai colpito molte democrazie in tutto il mondo e dobbiamo fare qualcosa al riguardo per assicurare che le notizie arrivino, e che le piattaforme dei social media, a causa del loro modello di business, non ci manipolano insidiosamente per abbattere la democrazia”.
(Traduzione di Alessandra Loiero)