Un’infanzia rubata, per milioni di bambini in tutto il mondo. L’ultimo rapporto UNICEF denuncia come siano sempre più numerosi i bambini – alcuni di solo 1 anno di vita – che vivono situazioni di violenza nella loro vita di tutti i giorni, anche da parte di chi dovrebbe prendersi cura di loro. Una situazione “familiare”, purtroppo, come indica il titolo del rapporto che allude, con un arguto gioco di parole, al doppio significato dell’aggettivo opportunamente scelto. “Familiare” perché, da un lato, i numeri sono drammatici, e parlano di un’emergenza silenziosa, che rischia di diventare sempre più “abituale”. “Familiare” anche perché il fenomeno dilaga anche, se non innanzitutto, nei luoghi dove i bambini crescono, e dove dovrebbero essere al sicuro: in tutti i Paesi soggetti all’indagine tranne tre, infatti, la metà dei bambini abusati viene sottoposta a una disciplina violenta a casa propria.
Un’emergenza dai risvolti gravi, gravissimi, per le conseguenze complesse e a lungo termine che atti violenti nei confronti di minori possono avere. Secondo gli scienziati, infatti, i percorsi vitali neuronali si formano nei primi 1000 giorni di vita, cioè nei primi due anni, e hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo del cervello. Si pensa che tali connessioni, perché evolvano adeguatamente, necessitino non solo di nutrimento e stimoli adeguati, ma anche di un terzo elemento messo in rilievo dalle ultime ricerche: la protezione dalla violenza. L’esposizione a situazioni drammatiche, infatti, può provocare uno stato di stress tossico, e la frequente esperienza di situazioni di disagio può rendere permanente questo sistema di “allarme” del corpo. E ciò, durante gli anni della crescita, può significativamente compromettere la struttura e il funzionamento del cervello.
Sul tema della violenza contro i bambini, il Consiglio di Sicurezza ONU si è espresso proprio nelle scorse ore, in un dibattito a cui ha partecipato anche il segretario generale Antonio Guterres, chiedendo agli Stati e agli attori non-statali maggiori tutele per i minori nelle aree di guerra, contesti dove troppo spesso sono soggetti ad abusi. Ma l’elemento forse più straniante del rapporto UNICEF è proprio il fatto che, in moltissimi casi – molti di più di quanto sarebbe immaginabile -, gli atti violenti nei confronti dei minori vengono compiuti non in scenari emergenziali o di crisi, ma nella loro vita quotidiana, a casa, a scuola e da persone del loro giro familiare. “Il livello di violenza inflitta ai bambini in tutto il mondo è davvero preoccupante”, ha dichiarato il capo della Protezione Bambini Cornelius Williams. “Bimbi umiliati, ragazzine e ragazzine costretti ad atti sessuali; adolescenti uccisi nelle proprie comunità – la violenza contro i bambini non risparmia nessuno e non conosce limiti”. Parole dure, difficili da digerire; ma ancora più difficili da digerire sono forse le cifre, che danno l’idea dell’entità del fenomeno. Perché circa i tre quarti dei bambini tra i due e i quattro anni in tutto il mondo (circa 300 milioni) hanno sperimentato violenza psicologica o fisica dai propri tutori in casa; 6 bimbi di un anno su 10 in 30 Paesi del mondo sono soggetti regolarmente a una disciplina violenta. Quasi un quarto di loro sono sottoposti a punizioni fisiche e uno su 10 viene picchiato o schiaffeggiato sul volto, sulla testa o sulle orecchie. In tutto il mondo, 1 bambino su 4 sotto i cinque anni – ben 176 milioni – vivono con una madre che è a sua volta vittima di violenza dal proprio partner.
Dati che fanno rabbrividire, e che diventano ancora più gravi se si considera il tragico risvolto della violenza sessuale. Nel mondo, sono ben 15 milioni le adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni ad aver sperimentato nella propria vita una forma di abuso sessuale. Solo l’1% di costoro cerca l’aiuto di professionisti. Molto più spesso, ci si sente in colpa, ci si chiude in se stesse e si cova il dramma nel proprio intimo, con conseguenze psicologiche potenzialmente devastanti. In 28 Paesi del mondo, il 90% delle ragazzine che sono state abusate hanno rivelato che il loro primo aggressore era una persona a loro nota. Spesso, quando le vittime sono adolescenti maschi, si tratta di amici, compagni di scuola, partners. E poi c’è il capitolo sulle morti violente, anch’esso scioccante per la portata di un fenomeno di cui, fino ad oggi, non si è parlato abbastanza, Globalmente, un adolescente ogni 7 minuti muore a seguito di un atto di violenza. E sul trend, purtroppo, incide anche il colore della pelle. Negli Usa, infatti, un ragazzo di colore tra i 10 e i 19 anni ha 19 volte più probabilità di un bianco della stessa età di finire ucciso. E se la media di ragazzi adolescenti di colore uccisi per episodi di violenza fosse quella nazionale, gli Stati Uniti entrerebbero nella (triste) top ten dei Paesi più pericolosi per i giovani. Nel 2015, il rischio di essere ucciso per un ragazzo di colore negli Usa era lo stesso di quello che corre un ragazzo adolescente che vive in Sud Sudan, Paese sconvolto dalla guerra.
Ma la violenza non coglie bambini e adolescenti solo nelle proprie case, o per le strade delle loro città. Anche a scuola, luogo per eccellenza deputato a insegnare le regole del vivere civile, molti di loro fanno esperienza di maltrattamenti e violenze. Circa la metà dei bambini in età scolastica in tutto il mondo (732 milioni) vive in Paesi dove le punizioni fisiche non sono del tutto bandite. Altro dato rilevante, i tre quarti delle sparatorie avvenute nelle scuole negli ultimi 25 anni sono accadute negli Stati Uniti: un dato connesso all’eterno e insoluto dibattito sull’accessibilità delle armi negli Usa, e che subito riporta alla memoria le immagini indelebili dei tanti massacri perpetrati in istituti scolastici, almeno da quello della Columbine in poi.
E’ in questo quadro, decisamente poco rassicurante, che l’UNICEF ha deciso di fare pressioni ai governi affinché prendano seri e immediati provvedimenti per limitare e prevenire fenomeni di questo genere, anche mediante il supporto dell’iniziativa “INSPIRE”, promossa dall’organizzazione, da Who e da tutte le associazioni che aderiscono alla Global Partnership to End Violence Against Children. Perché, nonostante questo sia un argomento troppo poco approfondito dai media, l’emergenza è reale e concreta. Lo fotografa icasticamente un dato su tutti: di questo passo, entro il 2030 quasi due milioni di bambini e adolescenti potrebbero venire uccisi in atti di violenza. Ecco perché è fondamentale parlarne, e, come aveva raccomandato il Segretario Generale Onu nel 2006, contribuire ad aumentare sempre di più contributi ed evidenze sull’argomento. In gioco che il futuro dei nostri figli, delle nuove generazioni, e dunque, in ultima istanza, dell’intera umanità.