Quando era primo ministro del Portogallo, Antonio Guterres aveva ospitato in segreto nel suo ufficio una lunga riunione tra Shimon Peres, allora vice primo ministro del governo di Ariel Sharon, e Yasser Arafat. A raccontarlo, nei giorni scorsi, è stato per la prima volta lo stesso segretario generale dell’Onu, durante la sua prima visita ufficiale in Israele in qualità di rappresentante dell’Organizzazione Internazionale. Durante quell’incontro, ha ricordato Guterres,’’sono stato testimone allo stesso tempo dell’impegno per la pace e delle difficoltà di tale impegno’’.”Devo dire con totale candore che ho sempre avuto un sogno’’, ha poi aggiunto, “il sogno che un giorno sarò in grado di vedere nella Terra Santa, una Terra Santa in cui Gerusalemme è indiscutibilmente legata profondamente a tre religioni, due stati capaci di vivere insieme nel mutuo riconoscimento, ma anche in pace e sicurezza’’.
Nel mondo della diplomazia internazionale, preoccupato dalla crisi coreana, le parole che il Segretario Generale ha pronunciato durante il suo incontro con il primo ministro isrealiano Benjamin Netanyahu sono probabilmente passate in gran parte inosservate. Eppure, proprio il ricordo di quel vecchio e infruttuoso incontro è probabilmente servito a sottolineare una nuova realtà nei rapporti tra le Nazioni Unite, Israele e la Palestina. E, allargando lo sguardo, anche una nuova realtà nei rapporti tra il piccolo stato ebraico e la comunità internazionale.
Durante la sua visita di tre giorni, Guterres non ha certo nascosto le sue posizioni e il suo pensiero. Ha offerto qualcosa, ma non tutto, al leader israeliano, e qualcosa, ma non tutto, alla causa palestinese. ‘’Penso che gli orrori dell’Olocausto siano tali che l’antisemitismo dovrebbe essere morto per sempre”, ha detto dopo una sosta al memoriale dello Yad Vashem a Geusalemme, con un chiaro riferimento a quanto è accaduto a Charlottesville negli Stati Uniti. “Ero scioccato a sentire i canti di un gruppo di neo-nazisti in un paese sviluppato”. “Dichiarare che il diritto all’esistenza dell stato di Israele non esiste e chiedere la distruzione dello stato di Israele sono forme inaccettabili di antisemitismo moderno”, ha aggiunto poco dopo parlando con Netanyahu.
Antonio Guterres ha anche rassicurato il premier israeliano che il rinnovo del mandato dell’UNIFIL, previsto per i prossimi giorni, terrà conto delle preoccupazioni degli Stati Uniti e Israele per i rifornimenti di armi che apparentemente l’Iran assicura a Hezbollah sotto lo sguardo indifferente della missione dei Caschi Blu. “Farò tutto il possibile perché l’UNIFIL porti a termine fino in fondo il suo mandato’’, ha promesso. Al tempo stesso, Guterres non ha certo evitato le critiche e la sua decisa opposizione alla politica degli insediamenti e la sua convinzione che solo un processo politico che garantisca anche ai palestinesi la possibilità “di vivere meglio in una dimensione economica e sociale’’ potrà garantire una pace durevole. Ai palestinesi, tuttavia, ha anche ricordato i rischi del terrorismo e dell’incitamento alla violenza. “Gli stati membri sono stati sovrani” ha puntualizzato Guterres, “e definiscono la loro posizione in base ai propri interessi, i propri valori e le proprie convinzioni. Come Segretario Generale dell’ONU, il mio compito è di essere un mediatore onesto e un messaggero di pace. E essere un mediatore onesto significa essere imparziale’’.
Proprio il ricordo di quel vecchio incontro segreto nel suo ufficio di Lisbona, tuttavia, è servito a far capire che l’isolamento di Israele all’interno dell’Onu, spesso denunciato da Tel Aviv, comincia a far intravedere qualche breccia. Da un lato, un nuovo segretario generale che in passato ha già offerto il suo aiuto concreto a favore della pace, dall’altro una nuova ambasciatrice statunitense, Nikki Halley, pronta spesso a difendere con grinta le posizioni dello stato ebraico, hanno smorzato molte asprezze. Di fronte a una situazione mediorientale drammatica e tensioni che vanno ben oltre il conflitto israelo-palestinese, per di più, molte alleanze del passato si stanno ridefinendo. Così, anche se molti aspetti della politica del governo israeliano restano al centro delle critiche dell’opinione pubblica internazionale, si sono anche aperti alcuni spazi di dialogo.
All’interno del Palazzo di Vetro, i risultati di tutto questo già si vedono. Per la prima volta un diplomatico israeliano, Danny Danon, è stato eletto vicepresidente della prossima Assemblea Generale. E la diplomazia israeliana è già impegnata a tempo pieno per un obiettivo che sarebbe stato considerato impensabile solo pochi anni fa, quello di un seggio non permanente al Consiglio di Sicurezza, in rappresentanza dei paesi occidentali, per il 2019. La soluzione del “conflitto impossibile’’ ovviamente, non è ancora in vista, molti e ben noti ostacoli continuano a restare apparentemente insormontabili. Quell’ “onesto mediatore’’ che in passato non ha esitato ad ascoltare per tre ore un’accaldata discussione tra Peres e Arafat e che è stato pronto, oggi, a dire alcune parole chiare a tutti, però, potrebbe forse avere qualche carta in mano per realizzare il suo vecchio “sogno’’.