La concitata atmosfera che nelle ultime ore ha animato New York, tra esplosioni e falliti attentati, ha oscurato all’attenzione dei media l’apertura del tanto attesto Summit per i Rifugiati e i Migranti presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. Nonostante i mesi di preparativi, i fatti delle ultime ore che raccontano di una potenziale cellula terroristica nascosta tra New York e il New Jersey e che poi hanno visto la cattura di un prusunto terrorista, hanno distolto l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti dell’importante summit all’ONU.
Nonostante il caos e la pioggia, la mattina di lunedì 19 settembre gli ingressi del Palazzo di Vetro sono stati presi d’assalto da giornalisti, ambasciatori e Ministri che si sono riuniti nella Sala dell’Assemblea Generale per presenziare alla cerimonia ufficiale d’apertura del Summit in occasione della quale è stata firmata la Dichiarazione di New York, contenente forti impegni nei confronti dei rifugiati e dei migranti e indicazioni riguardo alle modalità con le quali gestire la crisi. In particolare, i punti fondamentali della Dichiarazione vertono sulla necessità di fornire supporto ai migranti, assicurare loro l’accesso all’istruzione, prevenire la violenza e la discriminazione di genere, aiutare i paesi che si fanno carico degli arrivi tramite strumenti politici e finanziari, terminare con la pratica del traffico di esseri umani eccetera. Potete leggere di più a questo link.
Durante l’apertura del Summit è stata inoltre ratificata l’entrata di un nuovo membro nella già rigogliosa famiglia di organi che formano le Nazioni Unite: l’Organizzazione Internazionale per i Migranti (IOM), guidata dall’americano William Lacy Swing.
L’evento è stato presieduto dal presidente della settantesima edizione dell’Assemblea Generale Mogens Lykketoft, dal presidente della settantunesima AG Peter Thomson e dal Segretario Generale Ban Ki-moon.
Durante il suo discorso introduttivo il Segretario Generale ha affermato: “Il Summit di oggi rappresenta un punto di svolta per gli sforzi collettivi rivolti alla crisi dei migranti. La Dichiarazione di New York permetterà ai bambini di andare a scuola invece di essere alla mercè dei trafficanti, i lavoratori potranno trovare impieghi migliori all’estero e un numero maggiore di persone potrà scegliere di propria volontà se spostarsi in seguito alla fine dei conflitti o rimanere e ricostruire la patria”. Ban Ki-moon ha inoltre lanciato la nuova campagna Together – Respect, Safety and Dignity for All ed ha invitato i leaders mondiali a rispondere alla minaccia della xenophobia e a trasformare la paura in speranza.
Thomson, poi, ha chiesto ai membri dell’Assemblea Generale di portare avanti il loro impegno in modo da “iniziare un processo che porti a decisioni e azioni globali a riguardo delle migrazioni” ed ha affermato: “Chiederò agli stati membri di mantenere alti gli obiettivi e le ambizioni, e di cercare di raggiungere sempre la soluzione migliore. Il futuro di milioni di rifugiati e migranti dipende da noi”.
Lykketoft ha ha ripetuto l’invito ponendo l’accento sul fatto che è necessario che tutti i paesi facciano fare la propria parte per rispondere alle sfide che si presentano: “La disperazione e le sofferenze delle persone che fuggono pesano sulla nostra coscienza collettiva e ci obbligano ad agire in modo da creare una risposta a quella che, evidentemente, è una vera e propria sfida a livello mondiale”. Lykketoft ha inoltre appoggiato la nuova campagna avviata da Ban Ki-moon per la lotta alla xenofobia e all’intolleranza affermando che “è fondamentale non lasciar prendere il sopravvento alla paura ma mantenere saldi i nostri prinicipi”.

Dopo i rispettivi discorsi d’apertura, tutti focalizzati sulle scottanti tematiche dei rifugiati e dei migranti, Ban Ki-moon e Swing hanno firmato la Dichiarazione, permettendo così all’Organizzazione Internazionale per i Migranti di entrare a pieno titolo nel gruppo di agenzie e comitati sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il Direttore Generale Swing ha così commentato l’evento: “La firma di questo storico accorda corona 65 anni di collaborazione tra IOM e ONU. Per la prima volta in 71 anni l’ONU ora ha, finalmente, una propria agenzia per le migrazioni. Ciò rappresenta un successo sia per i migranti che per gli Stati membri e i partecipanti a questo Summit”. Swing ha proseguito affermando che i motivi che hanno permesso la firma dello storico accordo sono principalmente tre: “L’aumento dei flussi migratori, il tempo ormai propizio per agire e il consolidamento di una collaborazione già da lungo avviata”. Swing ha poi sottolineato altre tipologie di problemi, facendo riferimento in particolare al rapido aumento demografico nel sud geografico del mondo e il parallelo calo della popolazione nel nord e il fatto che oggi, sempre più, i rifugiati e i migrati che fuggono proprio per allontanarsi dalla minaccia del terrorismo tendono ad essere stereotipati nelle menti di molti come criminali. “Le migrazioni sono inevitabili in questo contesto, ma potrebbero diventare positive se solo avessimo le giuste pratiche per gestirle. I flussi migratori non devono essere considerati un problema da risolvere ma una realtà presente per la quale tutti dobbiamo impegnarci” ha proseguito il Direttore dell’IOM.
Durante la cerimonia d’apertura del Summit si sono susseguiti importanti interventi da parte di rappresentati delle Nazioni Unite, del settore privato e della società civile. In particolare hanno parlato i Rappresentati per le Organizzazioni ONU per i Diritti Umani, per le Donne e per i Crimini e le Droghe; il Presidente del Gruppo della Banca Mondiale; il presidente della GSMA a rappresentanza del settore privato; l’attivista Nadia Murad Basee Taha e un giovane palestiniano.
Filippo Grandi, a capo dell’Alta Commissione ONU per i rifugiati (UNHCR), è stato tra i primi ad intervenire ricordando che, anche se rifugiati e migranti presentano molte caratteristiche comuni, è corretto e doveroso mantenere separati i due status in quanto “i rifugiati fuggono e non hanno possibilità di tornare nelle loro case”. Grandi ha quindi tenuto a sottolineare che la distinzione tra rifugiati e migranti deve ancora essere fatta.
Il leader UNHCR ha poi commentato il documento della Dichiarazione di New York, firmato durante la riunione, affermando che esso “permette di colmare un grande vuoto nella gestione dei migranti, rendendo effettiva la distribuzione e condivisione delle responsabilità al fine di risolvere i problemi” ed ha poi sottolineato l’importanza che il settore privato può e deve avere nella gestione dell’attuale crisi.
Particolarmente acclamato è stato anche l’intervento dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) Zeid Ra’ad Al Hussein che ha ricordato come la riunione non deve essere un meeting sterile e fine a se stesso: “Il Summit è stato organizzato perchè, fino ad ora, abbiamo fallito. Un’epidemia di amnesia si sta diffondendo come se avessimo dimenticato le due Guerre Mondiali. Ma ora abbiamo la possibilità di cambiare”.

Sentiti, poi, anche gli interventi di Nadia Murad Basee Taha che ha spronato i leader mondiali a fare di più per sconfiggere il “mostro del terrorismo” e di un giovane palestinese che ha parlato in rappresentanza di tutti i rifugiati, citando un messaggio ricevuto da uno di loro in cui l’uomo in questione raccontava di vivere “alle porte dell’inferno”.
Per quanto riguarda l’Italia, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi avrebbe dovuto parlare — stando a quanto si legge nel programma inviato dalla Missione italiana — nella Trushteeship Chamber intorno alle 12:30. Noi eravamo lì ma, al suo posto, si è presentato all’ultimo minuto il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. In seguito è stato confermato che Renzi non ha potuto parlare alle Nazioni Unite perché impegnato con un altro, simultaneo intervento presso la Clinton Foundation. L’intervento di Renzi era particolarmente atteso in seguito alle controversie seguite al meeting di Bratislava conclusosi pochi giorni fa, durante il quale il nostro Primo Ministro si è rifiutato di partecipare alla conferenza stampa con i colleghi europei affermando che niente era stato deciso e che quindi la discussione non era affatto stata utile.

Durante il suo discorso all’ONU Gentiloni ha cominciato ricordando che l’Italia è stata lasciata da sola ad affrontare la crisi dei migranti nel Mediterraneo ed ha quindi invitato la comunità internazionale ad impegnarsi verso una gestione comune del fenomeno anche perché, ha precisato il ministro, “non stiamo cercando semplicemente di risolvere il problema, ma di trovare una soluzione che porti ad una situazione stabile e duratura”. Gentiloni ha poi affermato che “tutti conosciamo gli obblighi che la comunità internazionale ha nei confronti dei rifugiati, ma credo che queste protezioni andrebbero estese a nuove categorie come, per esempio, coloro che fuggono a causa di eventi legati al fenomeno del cambiamento climatico o che vanno in cerca di condizioni di vita migliori che assicurino loro il futuro meritato”. Il ministro ha poi messo l’accento sulla necessità di investire in Africa, da lui definita “il futuro dell’Europa”, in modo da agire direttamente sulle cause delle migrazioni, prime fra tutte le diseguaglianze economiche e demografiche. “Investiamo nel nostro futuro, nei bambini, nelle donne. Diamo a tutti loro una voce: questo è il solo modo per costruire una società equa e corretta” ha concluso Gentiloni, dichiarando che l’Italia si impegna per offrire protezione “non solo per i rifugiati, ma anche per i migranti più vulnerabili”.
L’intervento di Gentiloni quindi, rispetto a quello di Grandi, sembra distinguersi nei toni posti sulla distinzione tra profughi e migranti: mentre il ministro degli Esteri italiano, pur usando termini differenti per riferirsi ai migranti e ai rifugiati, è sembrato voler equiparare il bisogno per entrambi di ricevere l’aiuto della comunità internazionale, il leader dell’UNHCR ha preferito ribadire la necessità di una dovuta distinzione tra le due categorie.