A novembre dello scorso anno, i capi di stato di (quasi) tutti i paesi del mondo si incontrarono a Parigi in occasione del COP21. Oggetto degli incontri era decidere cosa fare per ridurre le emissioni di CO2 considerate tra le principali responsabili dell’innalzamento delle temperature terrestri.
Al termine di una settimana di “duro” lavoro, sfiniti da cene luculliane e foto di gruppo, tutti i leader mondiali (nessuno escluso) sottoscrissero un documento che prevedeva la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Questo documento, che avrebbe dovuto essere ratificato ad aprile 2016, a New York destò subito molte perplessità. L’accordo prevedeva, infatti, che gli impegni sarebbero dovuti partire dal 2020. Ma non basta. L’impegno non sarebbe stato valido se, a ratificarlo, non fosse stato almeno il 55 per cento dei Paesi firmatari e, cosa ancora più importante, questi dovrebbero essere responsabili di almeno il 55 per cento delle emissioni di CO2.
Per questo l’attesa dell’incontro di New York fu spasmodica. Ad aprile, a riunirsi presso la sede centrale delle Nazioni Unite furono “solo” 175 paesi. Un numero che venne comunque presentato come un successo senza precedenti e, soprattutto, come una reale presa di coscienza da parte di tutti i paesi del mondo per quanto riguarda i problemi legati alle emissioni di anidride carbonica. Il Segretario Generale (uscente) delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si vantò di una presenza tanto massiccia.

In seguito l’attenzione dei media venne concentrata sulla partecipazione all’evento di un noto attore, Leonardo diCaprio, che disse: “Il mondo vi sta guardando. Voi siete l’ultima migliore speranza della Terra, noi vi chiediamo di proteggerla o tutti noi, tutte le creature viventi, saremo storia. Voi sarete applauditi dalle future generazioni o sarete condannati. Potremo avere onore o disonore: solo noi possiamo salvare o perdere l’ultima speranza della Terra. Il nostro compito è questo: voi siete l’ultima migliore speranza della Terra”.
Ancora una volta a farsi fotografare mentre firmavano l’accordo furono tutti. Lo fecero tenendo in braccio un bambino: trattandosi della Giornata per la Terra questo fu visto come un modo per far capire a tutti che i leader mondiali avevano davvero a cuore il loro futuro.
In effetti quella di New York fu una performance eccezionale. Uno spettacolo mai visto. Il Segretario Generale Ban Ki-moon invitò i partecipanti a muoversi rapidamente per aderire all’accordo a livello nazionale dato che la tempistica per la definizione delle iniziative previste dalle Nazioni Unite era abbastanza ristretta ed erano molti gli impegni da portare a termine.
Pochi notarono che l’incontro di New York, in realtà, era stato un vero e proprio fallimento. I paesi che avevano ratificato gli accordi erano solo una ventina e, tra questi, non figurava nessuno dei maggior responsabili delle emissioni di CO2. Addirittura, come risulta da un documento ufficiale dell’UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici), molti dei firmatari non avevano ricevuto alcun mandato ufficiale per farlo dai governi nazionali e solo pochissimi avevano ratificato l’accordo (alcuni addirittura non si erano neanche presi la briga di presentare l’atto in originale: avevano presentato una fotocopia). I tecnici dell’UNFCCC presentarono un rapporto che avrebbe dovuto scatenare un inferno mediatico.
Invece nessuno parlò. Nessuno disse niente. Si preferì parlare solo della nipotina del Segretario di Stato americano o delle toccanti parole dell’attore.
A soli tre mesi dagli incontri della COP22 a Marrakech in Marocco (e dopo quasi un anno dagli incontri di Parigi), la situazione è sconcertante: solo il dieci per cento dei paesi che a novembre firmarono l’accordo hanno ufficialmente rinnovato la loro adesione. Vale a dire meno di un quinto di quelli necessari per renderlo ufficiale. Ma il fatto più grave è che quelli che hanno realmente aderito al Trattato di Parigi sono responsabili solo dello 0,85 per cento delle emissioni! Il limite del 55 per cento, necessario per rendere ufficiali gli accordi, ancora oggi appare essere lontano anni luce.
Numeri che dovrebbero essere sufficienti a far capire che quella di Parigi, prima, e quella di New York, dopo, sono state solo delle rappresentazioni. Spettacoli di cui tutti i telegiornali e i media hanno parlato in prima pagina. Dei numeri, quelli veri, quasi nessuno ha avuto il coraggio di parlare.
Alla COP22, a Marrakech, i paesi non firmatari e le Nazioni Unite non potranno più fingere e dovranno dire a tutto il mondo cosa hanno saputo fare dall’Accordo di Parigi. Ma forse continueranno a farlo. Magari tra una cena luculliana e una foto di gruppo. Sperando che, ancora una volta, i media non parlino d’altro.