“Questa conferenza segna l’inizio di una nuova strada. Non è una chiusura, è un punto di svolta”. Così Ban Ki-moon ha definito il primo Summit internazionale per i Diritti Umani (WHS) che si è concluso martedì 24 maggio, ad Istanbul.
Il summit ha visto la partecipazione di 173 Stati, 55 capi di Stato e di governo, 350 organizzazioni private e più di 2000 persone rappresentanti della società civile e di società non governative. Durante la due giorni di conferenze sono stati avviati circa 1500 nuovi progetti. Tra i più importanti troviamo senza dubbio “Education Cannot Wait Fund” , un fondo coordinato dall’UNICEF e volto a fornire, durante i prossimi cinque anni, servizi educativi ai 13,6 milioni di bambini e adolescenti che vivono in situazioni di crisi. L’organizzazione mira a raggiungere finanziamenti per 3,85 miliardi di dollari durante il corso della sua attività e si propone di colmare il distacco tra gli interventi umanitari immediati attuati in stato di crisi e lo sviluppo a lungo termine che essi devono assicurare.
Altro traguardo raggiunto durante il primo WHS è stato l’avvio del “Grand Bargain” , un patto volto a migliorare l’efficienza e l’effettività degli investimenti nel settore umanitario per rendere le organizzazioni più trasparenti e meno focalizzate sulla competizione l’una con l’altra.
Altre due iniziative di rilievo che hanno preso vita ad Istanbul sono la “Global Preparedness Partnership” e la “One Billion Coalition for Resilience” . La prima consiste nel lancio di una serie di iniziative finalizzate a preparare 20 paesi particolarmente a rischio di crisi, sia sul livello umano che ambientale, fornendo loro entro il 2020 gli strumenti necessari per operare una migliore attività di prevenzione e analisi dei rischi e sviluppare servizi di protezione sociale capaci di reagire in modo adeguato ai pericoli.
La “One Billion Coalition” invece è un organo volto a mobilitare un miliardo di persone per costruire una comunità mondiale più stabile e sicura. La Coalizione si rivolge a tutti i governi, organizzazioni pubbliche e private, cittadini e studenti che vogliono collaborare a fianco delle comunità supportando le iniziative e costruendo una vera capacità d’azione. Requisito fondamentale per raggiungere gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile è infatti mettere le persone nella posizione di poter davvero fare qualcosa, facendo nascere in loro la volontà di agire e di correre rischi. La “One Billion Coalition for Resilience” si propone proprio come una piattaforma di dialogo a livello locale, nazionale e internazionale per la condivisione dei rispettivi problemi e soluzioni.
Centro del dibattito sono state anche le persone con disabilità per le quali si è tenuta una sessione speciale in cui è stata firmata la “Carta per l’inclusione di persone con disabilità nell’azione umanitaria” con la quale si invitano tutti i governi e le associazioni ad assicurare protezione umanitaria anche a persone diversamente abili, sulla base del principio di non-discriminazione.
Durante la cerimonia conclusiva il Segretario Generale Ban Ki-moon ha affermato che il Summit ha rappresentato un punto di svolta verso un nuovo modo di operare finalizzato a ridurre la necessità di iniziative umanitarie investendo per creare comunità forti e stabili. “Mi congratulo con tutti voi per essere all’altezza delle vostre responsabilità. Siete eroi umanitari, e rendo onore al vostro coraggio e determinazione” conclude Ban Ki-moon.
Il Segretario generale riporterà i risultati raggiunti da questi nuovi organi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di settembre.