Giovedì 17 marzo si era aperto a Bruxelles un nuovo summit europeo sul tema migranti che era mirato a definire i dettagli per un possibile accordo tra i leader del gruppo dei 28 e la Turchia per riammettere e gestire i migranti partiti da territorio turco e entrati illegalmente in Europa. Il Summit si è concluso nel pomeriggio di venerdì con l’approvazione dell’accordo multilaterale Europa-Turchia: tutti i rifugiati e i migranti arrivati in Grecia a partire da domenica 20 marzo saranno riportati in Turchia. Ankara ha chiesto in cambio una maggiore reattività nel processo di ammissione del paese all’interno dell’Unione Europea e lo stanziamento di 3 miliardi di euro destinati alla gestione della crisi umanitaria.
Il premier turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che il rimpatrio dei rifugiati avverrà in linea con le leggi internazionali e che, quindi, il principio di non–refoulement rimarrà stabile. Novità anche per quanto riguarda la delicata questione siriana: la proposta turca di uno scambio uno-a-uno con l’Europa verrà messa in atto fino al raggiungimento di un tetto massimo di 72.000 siriani. Bocciata invece la richiesta turca di ricevere entro giugno i documenti necessari a far circolare liberamente i propri cittadini sul suolo europeo.
Ma dall’ONU arriva subito l’ avvertimento a non violare la legge internazionale (la Convenzione di Ginevra, ndr) che questo accordo tra UE e Turchia chiaramente è sospettato di fare. In merito alle decisioni di Bruxelles l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR) ha subito dichiarato che l’accordo tocca punti fondamentali che vanno affrontati nel rispetto delle leggi europee e internazionali. In particolare questo significa che tutti i migranti dovranno avere accesso ad un colloquio individuale che decida se la loro richiesta d’asilo possa o meno essere accolta in Grecia e assicura il diritto a presentare ricorso prima di essere rimandati in Turchia. Coloro in cerca di protezione umanitaria dovranno avere la possibilità di accedervi in Turchia. L’UNHCR ha affermato: “E’ essenziale rivolgere l’attenzione alle necessità primarie di tutti gli individui che scappano da guerre e persecuzioni. I rifugiati cercano protezione, non rifiuto”. Riguardo agli accordi presi tra Europa e Turchia l’Alto Commissariato, che ricordiamo è guidato dall’italiano Filippo Grandi, ha individuato tre punti chiavi sui quali urge concentrarsi: migliorare tempestivamente le politiche di accoglienza greche e turche sia a livello fisico che burocratico; rispettare le richieste dei migranti che vengono rimandati in Turchia e offrire loro aiuto a livello internazionale (rispettare quindi il principio di non-refoulement); assicurarsi che gli aiuti dati ai profughi in questa situazione non vadano a scapito delle altre migliaia di persone in tutto il mondo che si trovano in una condizione critica a livello umanitario.
Durante l’ultimo consiglio, tenutosi in data 7 marzo, il governo di Ankara aveva confermato l’impegno nel promuovere l’accoglienza in Turchia di tutti i migranti (sia economici che richiedenti asilo) che dalle sue coste arrivano nei territori dell’Unione. Coloro che non dimostrano particolari bisogni di protezione umanitaria, secondo quel piano, verrebbero poi rimandati nelle rispettive zone d’origine mentre per quanto riguarda la situazione siriana, i cui rifugiati si allontanano da una guerra civile sempre più sanguinosa, il premier turco Davutoglu aveva avanzato la proposta di uno scambio uno-a-uno: per ogni siriano riammesso in Turchia un altro siriano dovrà passare dal territorio turco a quello di un altro stato membro dell’Unione Europea. Ankara aveva allora inoltre reiterato la priorità di concludere i negoziati che permettano al paese di entrare nell’Unione Europea e aveva chiesto all’UE lo stanziamento di altri 3 miliardi di euro al fine di dirigere propriamente la crisi umanitaria.
Numerose sono state le dichiarazioni da parte dei protagonisti della scena internazionale già alla vigilia del summit. Il canadese Francois Crépeau, inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti, aveva dichiarato prima dell’apertura delle trattative: “I membri dell’Unione Europea che in passato si batterono per tematiche legate alla protezione umanitaria stanno oggi abbandonando gli impegni presi. Nel mezzo della più grande crisi dalla Seconda guerra mondiale essi lasciano ricadere le loro responsabilità su paesi terzi”.
Crépreau aveva anche ammesso di essere “estremamente preoccupato” a causa della proposta di eliminare il principio di non-refoulement che impedisce di rimandare le vittime di persecuzione nei luoghi in cui è avvenuto il crimine. Crépeau aveva continuato affermando che “l’unico modo per ridurre il contrabbando di esseri umani nelle zone di frontiera è iniziare ad offrire soluzioni di mobilità regolari, economiche e sicure che garantiscano l’accesso alla documentazione richiesta per la permanenza regolare in un paese ospitante”. Questo non avviene oggi in Grecia e altri paesi a contatto diretto con i sempre più consistenti flussi migratori. “Il problema deve essere affrontato congiuntamente da tutti i 28 Stati dell’Unione, i quali dovrebbero farsi carico di trovare un alloggio adeguato ai rifugiati o, in alternativa, offrire supporto finanziario ai paesi nei quali migliaia di uomini, donne e bambini chiederanno asilo” aveva proseguito Crépeau alla vigilia del vertice europeo, esprimendo anche preoccupazione riguardo al numero crescente di violenze sui migranti, tra cui troviamo casi di violenza fisica e espropriazione di beni da parte di pubblici ufficiali.
Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, si era definito “cautamente ottimista” riguardo ai risultati degli imminenti colloqui (anche se ha precisato di essere “più cauto che ottimista”) e aveva precisato che “l’accordo dovrà essere accettato da tutti i 28 paesi dell’Unione, grandi e piccoli”.
Il primo ministro turco si è unito quindi alle contrattazioni nella mattinata del 18 marzo, momento in cui la maggior parte dei leader europei si era detta speranzosa di finalizzare un accordo definitivo che permetta di controllare la crisi dei migranti. Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, sollecitato da una domanda de La Voce di New York (qui dal minuto 19:00), giovedì aveva dichiarato a seguito della prima tornata di incontri: “È assoluta priorità per Le Nazioni Unite che ogni decisione presa rispetti i diritti e la dignità dei rifugiati.”
La comunità europea dovrà lavorare duramente per rispettare la deadline e avviare il programma di rimpatrio entro domenica 20 marzo.