Le donne e il loro impatto sui cambiamenti climatici: al Palazzo di Vetro dell’ONU, dove per l’intera settimana la questione femminile sarà legata all’agenda degli obiettivi sostenibili per il 2030, c’è stata lunedì una discussione su come la lotta per i diritti delle donne possa influenzare anche la problematiche del cambiamento climatico. Intitolata “From Paris to Marrakech: translating political commitments into effettive gender-responsive climate solutions”, la conferenza era sponsorizzara dall’Italia insieme alla Svizzera, la Francia, il Peru, il Marocco, l’Egitto, Fiji. Ad aprire i lavori, Emma Bonino, come rappresentante speciale dell’Italia inviata dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. In questi giorni, la paladina italiana per la difesa dei diritti umani e della donna, si trova appunto a New York per guidare la delegazione italiana ai lavori dell’ONU sulla condizioni femminile messi in rapporto ai Sustainable Development Goals (SDGs), ormai conosciuti come i Global Goals 2030.
Alla fine abbiamo avvicinato l’ex ministro degli Esteri italiano per riprendere il filo del suo intervento.
“Ho affrontato vari temi ma il punto principale che ho voluto toccare, perché è sempre quello meno discusso per ragioni evidenti, è la questione della libertà di scelta e della maternità, legata all’esplosione demografica. E’ evidente, siamo sette miliardi e se arriviamo a nove velocemente, è chiaro che il climate change avrebbe molto a che fare con l’esplosione della popolazione. E su questo punto, l’unico modo di rientro dolce in qualche modo, è ovviamente la questione femminile, del family planning, della salute riproduttiva. Tutte questioni che noi conosciamo molto bene ma che sono un po’ meno apertamente discusse per ostacoli evidenti, anche religiosi sostanzialmente. Quindi ho voluto focalizzarmi su questo e rilanciare sul fatto che certamente il 50% della popolazione mondiale, le donne, con tutta evidenza hanno un peso su questo cambio climatico. Tema che abbiamo recentemente affrontato anche all’evento Women for Expo, in termini di donne impiegate nell’agricoltura, che sono sì ben il 70% ma poi sono quelle che non hanno diritti di proprietà della terra, sulla eredità, e quindi altri innumerevoli ostacoli…”
Nel suo intervento oggi ha messo in rilievo tre punti: il primo la partecipazione politica, quindi il voto e la possibilità per le donne di essere elette; il secondo i diritti umani; il terzo l’istruzione…

“Esatto l’education. Perché è evidente che va di pari passo con la maggior rappresentazione femminile. Tenere le ragazzine in molti paesi il più a lungo possibile a scuola è uno strumento fondamentale contro i matrimoni forzati, contro tutta una serie di pratiche nefaste che ancora vanno in giro per il mondo. Ed è un altro strumento per dare potere sostanziale al 50% della popolazione mondiale. Sono un po’ tutti i temi che avevo seguito già da radicale e poi da ministro e che ci porteranno ad aprile, sempre con il sostegno del governo italiano, alla conferenza regionale di Dakar contro le mutilazioni genitali femminili. Perché promuovere i diritti è un processo, non è certo un evento. Bisogna essere un po’ testardi…”.
All’inaugurazione di questa serie di conferenze al Palazzo di Vetro sulla donna e gli obiettivi del millennio, il segretario generale Ban Ki-moon ha citato Eleanor Roosevelt che disse: “i diritti umani iniziano a casa”. Forse quel discorso avrebbero dovuto sentirlo oggi anche in Italia, dove è scoppiata la polemica se le donne possano far politica quando sono mamme?
“Ho l’impressione che siamo sempre à côté de la claque (espressione francese che si trasduce con un ‘non si capisce più niente!’). Queste sono polemiche fuori tempo. Se in Italia guardassimo avanti invece che guardare sempre col retrovisore, penso che eviteremmo meno testate sui muri”.
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