"Non dobbiamo assolutamente evitare di discutere di una riforma del Consiglio che possa rendere quest'ultimo più rappresentativo, trasparente, democratico, efficiente e responsabile".
Sono queste le parole con cui si è espresso il 20 ottobre l'ambasciatore italiano Sebastiano Cardi al dibattito aperto sui "metodi lavorativi del Consiglio di sicurezza" tenutosi al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.
La richiesta di maggior trasparenza è una conseguenza di quanto accade, per esempio, durante le elezioni del segretario generale dell'ONU, il quale é sì eletto dall'Assemblea Generale, ma é precedentemente indicato dal Consiglio di sicurezza. La domanda che quindi l'Italia, come la maggior parte del mondo, si pone riguarda il metodo col quale il consiglio filtra i candidati che avranno quindi libero accesso alle elezioni.
Non vi sono state accuse dirette durante il dibattito, grazie anche all'intervento tenuto dal danese Mogens Lykketoft, presidente dell'Assemblea Generale, nel quale esprimeva a tal proposito la sua collaborazione in prima persona con il presidente del Consiglio di sicurezza per poter evitare spiacenti situazioni di favoritismi o quanto altro, lavorando così sulla tanto richiesta trasparenza.
"L'impegno dell'Italia sarà quello di migliorare i metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza. – ha detto nel suo discorso Cardi – L'adesione generale di questa organizzazione può contare su una forte determinazione dell'Italia in questo sforzo".

L’ambasciatore Sebastiano Cardi
L'Italia chiede anche più democrazia all'interno del Consiglio e ha inoltre aderito sia ad un'iniziativa franco-messicana, che al Codice di condotta ACT intento a limitare l'uso del diritto di veto sulle questioni legate alle atrocità di massa e crimini, come previsto dallo Statuto di Roma. Tuttavia, riguardo ad una riforma sulla composizione del Consiglio di Sicurezza, ancora accentuata è la distanza di pensiero che vi è tra i due gruppi che, non trovando alcun compromesso, continuano a respingersi a vicenda le loro proposte di riforma. Il primo, chiamato "Uniting for Consensus" dove "a capo" vi è proprio l'Italia, propone più seggi a rotazione in modo da evitare che la maggior importanza geopolitica possa favorire sempre gli stessi paesi. Sull'altro piatto della bilancia vi è invece chi segue una linea di pensiero totalmente opposta, come il Giappone, la Germania, il Brasile, l'India e cioè di chi propone una riforma che garantisca loro un seggio permanente, anche se non con potere di veto, come invece rimarrebbe per Usa, Russia, Cina, Francia e GB.
Anche se gli animi avvolte diventano bollenti su tale dibattito, di riforme ancora non se ne vede l'ombra, come da 20 anni d'altronde. L'Italia nel suo insieme è attentissima a stoppare iniziative sfavorevoli al suo status e continua a non mollare la presa, perchè ricordiamo che ogni riforma dovrà essere votata a larga maggioranza dall'Assemblea Generale e lì l'Italia ha tante amicizie che coltiva con molta attenzione. Soprattutto ora che è impegnata nella candidatura a un seggio non permanente, elezioni che si terranno nel 2016 per i seggi che saranno occupati nel Consiglio a partire da gennaio 2017.