Non è mai saggio fare i bischeri con gli inglesi. Non conviene mai minacciare gli inglesi, né tantomeno tentare d’imbottigliare l’Inghilterra come per qualche secolo tentarono Francia e Scozia legate da robusta – e infelice – alleanza.
In queste ore si apprende infatti da fonti attendibili che l’ISIS avrebbe elaborato un piano che prevede una serie di attentati da compiere sul territorio nazionale della Gran Bretagna. Il condizionale è d’obbligo, almeno per il momento, sebbene lo Stato Islamico da mesi a questa parte ci abbia dimostrato un’efferatezza ancora maggiore di quella esibita attraverso i secoli dai Lanzichenecchi, dalle soldataglie di Ezzelino da Romano, da serbi e croati nella guerra balcanica di vent’anni fa.
L’ISIS fa sul serio. Ce ne ha appunto dato ampia prova, quante siano le decapitazioni commesse dai suoi uomini, nemmeno lo sappiamo, se n’è perso il conto. Ora, chiunque minimizzi l’azione folle, iraconda, dell’ISIS si rende corresponsabile dei misfatti compiuti dai tagliagole dell’estremismo musulmano. A qualunque uomo politico che ci inviti a non cadere nell’allarmismo, a ricorrere alla dialettica, allo scambio di idee (…), dovremmo indicare in massa la porta e assicurarci che egli se ne vada altrove per sempre e non si sogni mai più di riproporre la propria nociva presenza.
A questo punto siamo davvero sicuri che nessun miliziano dello Stato Islamico si annidasse fra i migranti che intorno al primo, al 2, al 3 agosto, sono riusciti a sbarcare in Inghilterra? Siamo sicuri che le torme di genti le quali puntano su Italia, Grecia, Francia, Gran Bretagna siano composte ‘soltanto’ da anime candide e generose, da poveri diavoli; da diseredati sull’orlo, se non nel baratro, della disperazione?
La vigilanza è d’obbligo? Certo che lo è. Ma lo è ancor di più il principio di azione preventiva. Riguardo al quale gli inglesi possono ancora insegnare due o tre utili cosine. Gli inglesi… Voi pensate che negli ultimi venti, trent’anni, essi siano cambiati? In parte, lo sono. Oggi gli inglesi dànno al lavoro un’importanza oseremmo dire quasi maniacale, ‘monastica’, addirittura caricaturale, quando fino a quaranta o cinquant’anni fa ti facevano presente che a questo mondo c’è qualcosa un poco più seria del ‘solo’ lavoro…
Non è rimasta però intaccata la loro tempra. Non è rimasto appannato il loro orgoglio. Non s’è per nulla smorzata la loro capacità sia d’analisi che di sintesi. In quest’àmbito gli inglesi, o meglio, i britannici d’oggigiorno, sono tuttora quelli delle Falklands 1982, quelli della Battaglia d’Inghilterra del 1940 contro la Luftwaffe che ne uscì con le ossa rotte; quelli che per tutto il 1940, il 1941 e parte del 1942 rimasero da soli, fieri e decisi, a fronteggiare l’urto delle Potenze dell’Asse, Italia e Germania, fiaccandone assai la fibra già prima dell’intervento statunitense.
Ricordate infatti che cosa successe agli argentini che nell’82 vollero invadere le Falklands, isole che mai erano state argentine, scogli sui quali nessuna famiglia argentina aveva mai vissuto; speroni atlantici abitati fin dall’Ottocento da inglesi, scozzesi, gallesi: territori di Sua Maestà britannica? La reazione della Gran Bretagna sotto la guida del Primo Ministro Thatcher fu veemente. Fu spettacolare. Epica. Un’imponente squadra navale salpò dalla costa della Manica e in meno – se ben ricordiamo – di tre settimane, le Falklands (Malvinas per gli argentini) tornarono felicemente alla Madrepatria.
E ricordate anche Napoleone? Il Corso. Il Primo Console, l’Imperatore, lo strepitoso stratega, il brillante giurista, il geniale costruttore. Là dove avevano ripetutamente fallito austriaci, ungheresi, boemi, croati, sloveni, prevalsero gli inglesi, prima in Portogallo, quindi in Calabria (nella battaglia di Maida), infine nella fatale, apocalittica Waterloo.
Ceppo interessante, quello celtico-normanno-anglosassone con innesti scandinavi dovuti ai Vikinghi: ceppo di donne e uomini che, a nostro avviso, non hanno paura nemmeno del diavolo… Genti attraversate da dispute interne, da rivalità intestine, ma disposte in un battibaleno a far quadrato non appena dall’esterno arrivi l’insidia, il pericolo. Celebre il loro motto: “Right or wrong, my country first”. Giusto.
Che i criminali dell’ISIS possano commettere in Gran Bretagna attentati a colpi d’esplosivo, ci pare improbabile: i servizi segreti britannici sono all’opera, nulla sfugge loro; immaginazione, perizia, concentrazione ne sono i pilastri. Questo ce lo insegna la Storia stessa.
Se proprio hanno voglia di fare gli “audaci”, i “senzapaura”, gli assassini dello Stato Islamico si espongano… Si espongano sulle coste del Kent, dell’East Anglia; compaiano di punto in bianco a Londra, Brighton, Southampton. S’inoltrino nell’East End londinese, ancora un dedalo di strade, di viuzze, non poi tanto dissimile da quello di Jack lo Squartatore; si spingano fino a St.Paul, Moorgate, Whitechapel: vi troveranno donne e uomini indignati, offesi, inferociti. Non avranno scampo, non riceveranno clemenza. Riaccenderanno l’antico furore inglese verso il nemico, come lo accesero appunto nel ’40 i tedeschi, nell’82 il Generale Galtieri, i francesi prima con Luigi XV nella settecentesca Guerra dei Sette Anni, poi, appunto, con Napoleone.
Gli inglesi fanno “storia a sé”. Non sono “come gli altri”. Il Paese che ha dato loro i natali, Paese sacro è.