Due appuntamenti infiammeranno L'Avana nei prossimi giorni: l'apertura dell'ambasciata americana e il compleanno del lider maximo Fidel Castro. Il 14 agosto l'Officina di interesse situata sul Malecon (il lungomare de L'Avana) diventerà una vera ambasciata americana e non più un ufficio USA appoggiato alla sede diplomatica della Svizzera. In passato è stato il luogo d'appuntamento dei militanti per manifestazioni contro gli USA. Ora che i rapporti sono stati riallacciati, non è cambiato nulla. Fidel Castro, che si è ritirato dal governo lasciando il potere a suo fratello Raul, giovedì 13 farà scendere in piazza i fedelissimi del regime per gridare i soliti slogan contro gli yankee. Come regalo per i suoi 89 anni. Con il pretesto del suo compleanno migliaia di giovani si riverseranno davanti all'ambasciata USA per ribadire la fedeltà al castrismo e cantare slogan contro il capitalismo.
Intanto all'ultimo piano, Jeffrey deLaurentis, uno dei maggiori conoscitori della politica dell'isola socialista, si gode una vista panoramica sull'oceano e sui cartelli che gli hanno piazzato davanti con gli slogan "Patria o muerte". Al suo terzo mandato a capo della Missione americana a L'Avana, potrebbe essere lui il primo ambasciatore a Cuba, sempre che i repubblicani non blocchino, come promesso, la nomina e i fondi. È lui a firmare tutti i documenti del caso in questo momento. Fu lui a gestire tra il 1991 e il 1993, in piena crisi economica dopo il crollo dell'Unione Sovietica, come capo della divisione economica un ruolo cruciale nella restituzione di Elian Gonzales il bambino balsero, al centro di un'accesa controversia tra i due paesi nel 1999.
Fidel Castro con Evo Morales, presidente boliviano
Oggi deLaurentis è a L'Avana in attesa di ordini e pronto ad assistere al solito spettacolo delle manifestazioni anti-americane. Quella di giovedì sarà capeggiata da Evo Morales, il presidente della Bolivia e da alcuni presidenti latinoamericani dell'Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra America (ALBA). Non solo auguri al lider maximo, ma anche slogan contro l'America. Così, mentre Hilary Clinton invoca la fine dell'embargo senza chiedere nulla in cambio al regime dell'isola del coccodrillo, Morales insinua anche che Washington segua ora il modello bolivariano di relazioni internazionali perché Obama cercherebbe contatti e alleanze con l'Iran e Cuba.
L’edificio che ospiter├á l’ambasciata americana
In attesa del nome americano di colui che sarà chiamato a gestire rapporti così difficili, la sede diplomatica è stata parzialmente ristrutturata. Con un incredibile annuncio pubblicitario via radio si cerca di reclutare personale cubano da impiegare nella sede. Sede che non avrà lo status diplomatico vero e proprio, oltre ad altri limiti previsti per tutti i diplomatici a Cuba. Vietato l'assembramento, le riunioni con più di tre cubani; ogni volta che l'ambasciatore vorrà muoversi da una regione all'altra dovrà chiedere il permesso; il suo personale domestico dovrà essere fornito da Cubalse (l'organizzazione militare che fornisce ai diplomatici case e personale) e non potrà essere licenziato. Gli Usa pagheranno uno stipendio americano al cuoco che invece riceverà solo 20 dollari al mese e dovrà riferire tutto ciò che ascolta e vede. L'area diplomatica e la casa non godranno dell'immunità come in ogni parte del mondo, per impedire che qualche cubano entri a forza e chieda asilo politico. Già, perché i cubani, negli USA, unici al mondo, possono godere della Ley de ajuste cubano o legge del piede asciutto-piede bagnato: toccando suolo americano hanno subito diritto all'asilo e alla carta verde. Un privilegio per cui i cubani dell'esilio si sono battuti e che ora rischia di essere abolito dopo aver permesso, nel solo 2014, a 22.162 balseros di ottenere lo status di rifugiato negli USA.
“Il nuovo presidente USA dovrà per forza occuparsi della riforma migratoria”, Lincoln Diaz Balart, ex rappresentante della Florida al Congresso americano, repubblicano e di origini cubane, aggiungendo che il governo dei Castro non la considera più una “legge assassina” perché in questo momento rappresenta l'unica valvola di sfogo di un regime che fatica a sopravvivere. Mentre Cuba si prepara ad entrare nel FMI e alla Banca Mondiale, senza concedere nulla in cambio agli USA a cui nel 1956 ha requisito proprietà, fabbriche e imprese e chiede anche la restituzione della base di Guantanamo, Obama concede la cancellazione del governo dell'isola caraibica dalla lista dei paesi canaglia.
La crisi economica ha stremato i cubani oltre ogni limite, costringendoli ad importare anche lo zucchero. E Cuba deve pagare tutte le importazioni in contanti. Ma il regime non dà tregua alla società civile. È la dissidenza nell'isola a soffrire l'isolamento maggiore in questo momento. Con il riallacciarsi delle relazioni diplomatiche, il mondo intero vede un riconoscimento del regime dei Castro senza che ne derivi alcuna libertà per i cubani. E la prossima visita papale appare come una ulteriore conferma alla politica di Obama. Poi c'è la richiesta di Hilary Clinton di porre termine all'embargo. Mentre a Cuba tutti sono pessimisti, in molti sperano che almeno la vicinanza con gli USA porti qualche giovamento al popolo cubano ormai ridotto in miseria. L'atmosfera è ben sintetizzata da un gioco di parole che ha iniziato a circolare sull'isola: il classico slogan ¡Cuba Si! Yankee No! è stato trasformato in ¡Cuba Si! Yankee No…Sé!.
“Questo è un momento storico” ha detto Carlos Alzugaray, analista e diplomatico cubano, a The New York Times, aggiungendo che ora comincia il duro lavoro: “risolvere le questioni spinose, come quelle riguardanti le riparazioni economiche che entrambi i Paesi reclamano, la fine dell'embargo statunitense e il rispetto dei diritti umani a Cuba”.
Raul Ravero, intellettuale e scrittore dell'esilio ironizza sugli americani che credono che la loro democrazia possa essere contagiosa, con un regime che si beffa di tutti da oltre mezzo secolo. Mentre Otto Reich, ex sottosegretario di Stato considera “allarmante” la politica di Obama verso Cuba perché renderà solo più solido il regime e la dinastia dei Castro. A conferma di questi timori, Elisardo Sanchez, dissidente dell'isola della Comisión Cubana de Derechos Humanos y Reconciliación Nacional, comunica che nel mese scorso sono stati arrestati arbitrariamente 674 cubani, 21 dissidenti sono stati aggrediti e ci sono stati 71 atti di ripudio (manifestazioni con lancio di uova davanti alle case dei dissidenti). Insomma il nuovo ambasciatore avrà molto da fare oltre che issare la bandiera a stelle e strisce sul Malecon de L'Avana.
*Marcella Smocovich, ispanista, viaggiatrice e appassionata lettrice. Ha lavorato 15 anni con lo scrittore Leonardo Sciascia con cui ha imparato a leggere; 35 anni al Messaggero come giornalista professionista. Ha collaborato a El Pais, El Mundo di Spagna, alla CBS di New York . E’ stata vice direttore del mensile Cina in Italia. Viaggia frequentemente a Cuba, su cui ha scritto due libri, un’opera teatrale e moltissimi articoli. Vive tra Tunisi, New York, Roma e La Habana. E’ laureata a Salamanca e a Chieti.