Fine della Grecia: fine dell’Occidente? Fine dell’Europa. Siamo tutti debitori della Grecia: la nostra cultura occidentale non esisterebbe se non fossero esistiti i greci. Ma la Grecia è finita con Alessandro Magno, morto nel 323 avanti Cristo, e il suo maestro Aristotele, allievo di Platone, allievo di Socrate, che insegnò agli uomini a partorire l’anima. Invece la maieutica della levatrice Merkel è l’arte di far soldi. A questo punto che Tsipras dica che “non avremmo industrie, ma siamo la culla della civiltà” serve solo a cullare dei greci viziati che non vogliono crescere e diventare europei rimboccandosi le maniche.
“Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa” ha dichiarato la Merkel nella sua pochezza. Ma l’Europa è solo euro? La culla dell’euro, perché gli Stati uniti d’Europa non sono stati capaci di fare l’Europa. Non hanno saputo insufflarne l’anima socratica, perché sono degli ignoranti, non sanno di non sapere, direbbe Socrate, attenti solo a far quadrare i conti a proprio favore. Eppure tutti hanno fatto male i conti. Ecco la scoperta: non li sanno fare. Si accorgono soltanto ora che l’uscita della Grecia dall’euro sarebbe una minaccia, le borse tremano e perdono 340 miliardi, e Juncker e la Merkel esortano i greci a votare sì al referendum. Subito Tsipras rilancia proponendo un terzo piano di salvataggio, ma la Merkel con un moto d’orgoglio dice: prima voglio vedere il cammello e poi semmai sborserò.
In effetti se vincessero i no all’Europa, non si capisce perché essa dovrebbe sborsare in anticipo i 16 miliardi che servono alla Grecia entro l’estate. Tsipras vede i sondaggi scendere e si arrampica sugli specchi sostenendo che con il referendum non è in gioco la permanenza della Grecia nella Ue, bensì la sua forza contro le misure inique dei creditori. Se vincessero i no, promette, cambierebbero le regole del gioco. Ora qui non si tratta di gioco, ma di debiti, contratti dalla Grecia. Tsipras deve smettere di barare ma, se vuole conquistare il regno, come il suo avo Eracle deve affrontare le dodici famigerate fatiche e anche di più, visto che non bastano dodici mesi solari per salvare il suo Paese. Si discute sui poveri greci che non potranno più andare in pensione a sessant’anni, che vivono nelle isole e devono pagar minori tasse, che sono armatori e non devono pagare le tasse, che non si può portare l’iva al 23 per cento, che non si può aumentare l’iva degli alberghi e via dicendo. Una volta tanto Renzi ha fatto il portavoce degli italiani: “Ma noi queste riforme le abbiamo fatte, perché dobbiamo pagare per i greci?”
Poiché non ci sono norme comuni europee, finora ogni Paese entrando nella casa europea ha fatto i suoi porci comodi. Da che mondo è mondo in finanza le regole le impongono i creditori, se in Europa non è stato fatto, vuol dire che o chi doveva farlo era un incompetente o nelle more della legge ha insinuato il suo tornaconto. In questo caso applicando interessi e comprando azioni. I greci pensavano che i finanziamenti, seppure esosi, sarebbero durati per sempre, ma hanno fatto i conti senza l’oste che ne aveva fatti di altri per asservire la Grecia. Alla Germania non comoda che gli Stati europei siano virtuosi, perché li vuole tutti sudditi. E’ sempre stato il suo pallino. Oggi combatte e invade con l’euro. Domani sarà tutto suo. I prossimi a finire nelle sue mani saranno gli altri Paesi illirici, caratterizzati anch’essi da pastorizia e turismo. Senza considerare gli altri Paesi slavi che la tedesca ha voluto strappare all’influenza della Russia e la questione dell’Ucraina. Poi voglio vedere Obama quando vorrà spartirsi la torta con la golosona della Merkel.
Berlusconi l’accusa appunto perché non sopporta le grassone, Salvini sogna di estendere la dracma all’Italia e Grillo sta partendo per Atene a dar man forte a Varoufakis. Il cui nome, appartenenza politica alla sinistra estrema a parte, da subito non mi ha suggerito niente di buono. La b del greco antico si è trasformata nei giorni nostri in v: come vita proviene da bios, così il vero nome del ministro dell’economia greca sarebbe Baroufakis. E l’assonanza con baruffa è evidente. Yanis ha minacciato di dimettersi se vincerà il sì. Piangeremo? Di gioia.