Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU venerdì sera si è riunito sulla Libia e ha unanimemente approvato due risoluzioni, la 2213 e la 2214, con cui la comunità internazionale chiede l'immediato e senza condizioni cessate il fuoco ed estende fino al 15 settembre la missione dell'ONU nel paese, la UNSMIL, guidata dall'inviato Bernardino Leon. E inoltre, pur mantenendo l'embargo sulle armi, il Consiglio di Sicurezza comunque consente, monitorandolo, il rifornimento di armi al governo riconosciuto libico, che in questo momento si trova esiliato a Tobruk, per permettergli di fronteggiare il terrorismo estremista dell'ISIS e di Al Qaeda in Libia.
Proprio sul pericolo dello stato islamico, o Da'esh, e di altre cellule terroristiche affiliate con Al Qaeda, la risoluzione riconosce il forte impatto negativo che queste organizzazione terroristiche stanno avendo sui tentativi di dare stabilità al paese.
Ma molto importante, nella risoluzione di ieri, è stato il tentativo di mettere d'accordo i Quindici sulla spinosa questione dell'embargo sulle armi. Alcune settimane fa il governo libico che ha sede a Tobruk, appoggiato dall'Egitto, avevo fatto formalmente richiesta al Consiglio di Sicurezza di togliere il regime di embargo sulle armi. Ma otto paesi del Consiglio di Sicurezza, guidati soprattutto da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, si erano opposti alla richiesta, non ostacolata invece dalla Russia, adducendo i pericoli che queste armi andassero a finire anche alle forze estremiste di ISIS e di altre entità terroristiche. Lo scontro allora era stato duro, con l'ambasciatore del governo riconosciuto libico, Ibrahim Dabbashi, che aveva accusato addirittura la Gran Bretagna di appoggiare le forze estremiste in Libia ricordando anche come molti combattenti di ISIS arrivassero proprio dall'Inghilterra.
Ma ieri sera, il consiglio di Sicurezza ha cercato e trovato finalmente una formula che mettesse d'accordo tutti, nella risoluzione sponsorizzata proprio dalla Gran Bretagna in cui pur mantenendo l'embargo formale sull'importazione di armi in Libia, si allarga l'elasticità del comitato speciale di sorveglianza dell'ONU a questo embargo, che quindi potrà lasciar entrare nel paese alcune forniture di armi per le forze armate libiche del governo riconosciuto di Tobruk e consentire meglio la sua difesa contro le forze terroristiche.
Nell'altra risoluzione il Consiglio di Sicurezza ha confermato il suo supporto alla missione ONU guidata da Bernardino Leon per il dialogo di pace tra le forze che in questo momento si fronteggiano con le armi la guida del paese in Libia. Infatti se il governo del premier Al Thani riconosciuto formalmente dall'ONU si trova a Tobruk,Tripoli invece è controllata da una alleanza di forze islamiche di opposizione che hanno strappato con le armi la capitale al controllo del governo libico.
Bernardino Leon sta tentando da mesi una difficilissima trattativa per far fermare i combattimenti e formare un governo di unità nazionale, unica condizione, ribadita ieri anche dal Consiglio di Sicurezza, per ridare stabilità alla Libia e consentirgli di respingere l'espansione del pericolo dello Stato islamico estremista del Da'esh, diventato di estrema urgenza soprattutto dopo la spettacolare e terribile decapitazione dei 21 egiziani cristiani coopti avvenuta il mese scorso e il successivo attacco dell'ISIS al museo della vicina Tunisi, ad opera di terroristi tunisini che a quanto pare erano stati addestrati in Libia.
Nella risoluzione, oltre a ribadire l'embargo sulle armi, si estende l'embargo sulla esportazione illecita del petrolio fino al 30 aprile 2016.
Inoltre nella risoluzione il Consiglio di Sicurezza ha deprecato gli attacchi militari alle infrastrutture dello stato libico, come gli aeroporti, affermando che i responsabili saranno perseguiti. In questo caso, l'accusa sembra proprio rivolta al governo legittimo di Al Thani, che ricordiamo alcuni giorni fa aveva attaccato bombardandolo l'aeroporto di Tripoli in mano alle fazioni che si oppongono al suo governo e che a sua volta avevano risposto bombardando altri aeroporti sotto il controllo del governo.
Durante gli interventi, l'ambasciatore britannico Mark Lyall Grant ha ribadito l'importanza dell'embargo sulle armi per evitare un ulteriore escalation di violenza nel paese, ma allo stesso tempo l'ambasciatrice della Giordania, Dina Kawar, ha ribadito l'importanza delle misure speciali per provvedere alla fornitura di armi al governo legittimo libico per consentirgli di fronteggiare il pericolo terrorista. Negli interventi dei rappresentanti di Spagna e Stati Uniti, si è sottolineato soprattutto come le due risoluzioni rinforzeranno il tentativo dell'inviato Bernardino Leon di trovare un accordo di pace tra le fazioni libiche per formare quel governo di unità nazionale, condizione indispensabile a dare stabilità al martoriato paese libico.
L'ambasciatore del governo libico riconosciuto dall'ONU, ha dato questa volta il benvenuto alle nuove risoluzioni, che seppur non togliendo l'embargo sulle armi a sua volta richiesto, ha riconosciuto essere un tentativo del Consiglio di Sicurezza di appoggio al dialogo per la Libia. Anche il rappresentante dell'Egitto, Amr Abdellatif Aboulatta, ha detto quanto sia importante che queste risoluzione diano la forza al governo libico di poter fronteggiare il "cancro dell'ISIL", che ormai si estende oltre i confini. Per l'Egitto queste risoluzioni del Consiglio di sicurezza sono "il primo passo di un lungo viaggio" e per essere efficaci devono essere ben eseguite. E per questo il diplomatico egiziano ha esortato gli stati con esperienza nel combattere il terrorismo ad inviare presto degli esperti per consigliare il governo libico.
Sembra quindi che, seppur a piccoli passi, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU sia uscito dal letargo sulla Libia e che queste due risoluzioni dovrebbero dare più forza sia al governo libico di Tobruk che al tentativo di accordo di pace costruito dall'inviato speciale dell'ONU Bernardino Leon. Su questo punto, ricordiamo che la responsabile della politica estera dell'UE, Federica Mogherini, oltre due settimane fa era intervenuta proprio al Consiglio di Sicurezza e parlando del tentativo di accordo di pace tra le parti in lotta in Libia, aveva detto che la questione ormai doveva risolversi in giorni e non settimane. Invece, a quanto pare, il Consiglio di Sicurezza ha riconosciuto il fatto che per l'accordo ci vorrà ancora del tempo.
Quando noi de La VOCE di New York abbiamo fatto notare ad un portavoce del Segretario Generale dell'ONU, che anche Ban Ki-moon, parlando dell'importanza di far presto per l'accordo su un governo di unità nazionale in Libia, non abbia mai cercato di fissare una scadenza precisa, il vice-portavoce Farhan Haq ha risposto (qui dal minuto 11:00) che per certe trattative diplomatiche è impossibile calcolare scadenze precise, ma ha anche riconosciuto che per la Libia questi tempi sono andati ben oltre i limiti.