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March 7, 2015
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Quando la politica estera diventa inclusiva: “Diplomazia digitale” di Adreas Sandre

La Voce di New YorkbyLa Voce di New York
L’ambasciatore Inigo Lambertini, Andreas Sandre, Giampaolo Pioli, Stéphane Dujarric e Deborah Seward

L’ambasciatore Inigo Lambertini, Andreas Sandre, Giampaolo Pioli, Stéphane Dujarric e Deborah Seward

Time: 7 mins read

 

Il nuovo libro di Andreas Sandre – autore e Press and Public Information Officer presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC – intitolato Digital Diplomacy: Conversations on Innovation in Foreign Policy (Rowman & Littlefield, gennaio 2015), è stato presentato dall’associazione dei corrispondenti delle Nazioni Unite (UNCA) a New York, lunedì 23 febbraio, alla presenza, con l'autore, di un pubblico di giornalisti internazionali e autorevoli speaker quali: l’ambasciatore Inigo Lambertini, vice rappresentante permanente d'Italia presso le Nazioni Unite; Giampaolo Pioli, corrispondente di QN e presidente dell’UNCA (moderatore dell’evento); Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite; Deborah Seward, direttore della Divisione Comunicazioni Strategiche del Dipartimento della Pubblica Informazione delle Nazioni Unite. Digital Diplomacy esplora in profondità, attraverso delle conversazioni con funzionari del Dipartimento di Stato, ambasciatori, dirigenti di pubbliche relazioni, esperti di politica pubblica, e accademici, il significato del termine innovazione on line nella sfera della politica estera e della diplomazia.

Nel manuale di Sandre, queste varie figure della comunicazione e della diplomazia digitale delineano quali sono le nuove dinamiche, i nuovi sviluppi, le nuove tendenze e teorie nella diplomazia originatesi dalla rivoluzione digitale in cui gli attori non statali svolgono un ruolo attivo. Un tale accesso fornisce così ai diplomatici i mezzi per influenzare su vasta scala i paesi in cui lavorano, non solo attraverso le élite. Inoltre, l'attenzione del libro sugli approcci innovativi ci rivela come sia la diplomazia pubblica che quella tradizionale stiano contribuendo a trasformare la politica estera del 21° secolo, mettendo in evidenza nuovi mezzi e tendenze nella conduzione della diplomazia e nell'attuazione della politica estera stessa.

L’Ambasciatore italiano a Washington, Claudio Bisogniero, nella sua introduzione a Digital Diplomacy ha asserito che "nel XXI secolo, la diplomazia e la politica estera hanno anche implicazioni maggiori, poiché siamo oggi i cittadini di un mondo ancora più complesso e interconnesso. La tecnologia è ovunque intorno a noi: i telefoni cellulari saranno presto più numerosi della popolazione mondiale; sono miliardi i dispositivi connessi a Internet, le applicazioni e le tecnologie mobili stanno rendendo la nostra vita più facile, sia che si tratti per l'accesso ai servizi pubblici, banche, o alle informazioni, in tempo reale e on-demand”.

Per Andreas Sandre “grazie alla tecnologia e ai social media come Twitter e Facebook, la diplomazia sta cambiando. Da un lato, il modo in cui ambasciatori e diplomatici comunicano si è adattato alla natura reale dell’era digitale, dall'altro, la diplomazia stessa è stato parzialmente democratizzata in modo da includere più voci. È un processo di adattamento, più che una vera trasformazione, poiché la tradizione gioca ancora un ruolo importante”. L’autore ha detto anche che “una zona di interesse e di grandi successi è il settore dello sviluppo – in particolare in termini di gestione delle catastrofi e riduzione dei rischi. In questo contesto, la tecnologia detiene un enorme potenziale per migliorare i servizi pubblici e per migliorare il coinvolgimento delle parti interessate nel servizio pubblico, nazionale e internazionale".

Ricordiamo che Andreas Sandre prima di ricoprire il suo attuale ruolo presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC, ha lavorato in precedenza anche alla Rappresentanza Permanente d'Italia presso le Nazioni Unite. Sandre è l'autore di Twitter per diplomatici (DiploFoundation e Ministero degli Affari Esteri italiano, febbraio 2013), e ha contribuito attraverso numerose pubblicazioni – tra cui Huffington Post, Global Policy Journal e BigThink – con articoli sulla politica estera, diplomazia digitale e l'innovazione.

Durante la presentazione al Palazzo di Vetro, Andreas Sandre ha ricordato il suo libro precedente, ovvero Twitter for Diplomats,  un saggio nato per analizzare come il social media diplomacy contribuisca a creare – e mantenere – una vera conversazione tra politici, cittadini, diplomatici e pubblico estero. L’autore ha affermato: “Alcuni anni fa scrissi un white paper su come utilizzare Twitter, Facebook ed altri social media per public diplomacy  e diplomazia in generale. Qualcuno al MAE (Ministero degli Esteri italiano) mi disse perché non lo pubblichi? E da lì nacque Twitter per Diplomatici […] con la prefazione del ministro degli esteri italiano di allora, Giulio Terzi di Sant’Agata che in precedenza aveva ricoperto anche il ruolo di rappresentante permanente all’ONU”.

Il libro – online e gratuito, pubblicato dalla DiploFoundation – non è un manuale, né una lista di cosa fare o non fare. Si tratta piuttosto di una raccolta di informazioni, aneddoti ed esperienze. Racconta alcuni episodi che coinvolgono ministri degli esteri e ambasciatori, così come i loro modi di interagire con lo strumento ed esplorare il suo grande potenziale. 

"I social media espongono i politici stranieri a un pubblico globale e allo stesso tempo permettono ai governi di raggiungere quest’ultimi istantaneamente", spiega l’ex ministro degli esteri, Giulio Terzi nella sua prefazione al libro. "Twitter ha due grandi effetti positivi sulla politica estera: favorisce uno scambio vantaggioso d’idee tra i politici e la società civile e rafforza la capacità dei diplomatici di raccogliere informazioni e di anticipare, analizzare, gestire e reagire agli eventi".

L’idea del libro Twitter per Diplomatici, è quella di definire cosa sia l’innovazione e come applicarla ai governi. “Se si vuole essere degli innovatori bisogna prima di tutto investire nelle idee, sconvolgere il sistema e infine tenere in conto la possibilità di fallire” ha detto in merito l’autore, che poi ha aggiunto “quando si parla di innovazione nei governi, bisogna essere capaci di think out of the box e coinvolgere anche altri attori che non sono della cerchia politica o diplomatica, ma che possono offrire idee capaci di migliorare il loro modo di interagire e inviare messaggi alle varie audience […] non bisogna aver paura della tecnologia e dei fallimenti”. Per Sandre quindi, si dovrebbe applicare questa regola: “Se volete fare qualcosa d’importante nella vostra vita, pensate fuori dalla scatola!”.

libroStéphane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, durante la presentazione ha detto: “Ci sarebbe tantissimo da parlare su come, dove e come si usano questi nuovi media, ma una cosa meravigliosa riguardante i social media è che quest’ultimi ci permettono di concentrarci molto di più su We the Peoples che sugli stati membri”, aggiungendo “sono i mezzi di comunicazione che attendavamo da sempre, per riuscire a comunicare direttamente con le persone”. D’altronde, la macchina dell’ONU assieme a tutte le sue agenzie, fondi e programmi è già da parecchi anni all’opera con campagne supportate proprio dai social media al fine di influenzare e informare il grande pubblico e non solo gli stati membri. 

Stéphane Dujarric ha infine evidenziato che l’ONU utilizza proprio i social media non solo per tutti gli aspetti legati alla comunicazione come ad esempio Global Pulse, ma anche per lo sviluppo, i soccorsi umanitari, etc. Dai vertici sino al singolo volontario dell’ONU, ormai tutti utilizzano questi media e spesso alcuni alti funzionari pubblicano addirittura i propri discorsi o report sui social prima ancora di esporli nei briefing. Tutto ciò aiuta, come ha affermato il portavoce di Ban Ki-moon ad “umanizzare l’ONU e aiuta nella trasparenza dell’organizzazione […] ma dobbiamo ancora tener conto del digital divide”.

A far da eco a Djarric, ci ha pensato poi Deborah Seward, direttore della Divisione Comunicazioni Strategiche del Dipartimento della Pubblica Informazione delle Nazioni Unite, ha dichiarato che “i social media per una organizzazione come l’ONU, ci permette di ricevere domande da moltissime persone […] mostrare cosa facciamo, interagire in un modo più diretto, ma soprattutto ascoltare meglio le persone e le loro necessità”. 

Durante le domande & risposte, è stato chiesto a Stéphane Dujarric come mai il Segretario Generale dell’ONU non avesse il suo proprio account su Twitter (Dal minuto 2:35 qui). Il portavoce di Ban ha risposto affermando che secondo lui “il valore di un account Twitter è l’autenticità. Non abbiamo ancora trovato un modo di istituire un autentico account per lui per essere contattato via Twitter. Tuttavia ci sono numerosi account ONU e penso che uno dei migliori in termini di leadership sia quello di Helen Clark (Direttrice dell’UNDP), nel quale condivide tramite tweets viaggi, punti di vista, ed è autentico. Penso che lui (Ban) per varie e ovvie ragioni per ora non potrebbe abbracciare questo social media come vorrebbe ecco perché stiamo cercando di migliorare di più l’account dell’ufficio del portavoce del Segretario Generale, attraverso più tweets, foto, ed altro”.  

Infine una domanda interessante indirizzata all’autore di Digital Diplomacy, riguardava l’impatto dei social media sul pubblico. Sandre portando come esempio la creazione della Corte Penale Internazionale, avvenuta anche prima dell’avvento dei social,  grazie alle organizzazione della società civile che avevano raccolto le “voci” e le richieste dei popoli. “I social media sono un mezzo che non solo ti da la 'voce' ma anche una responsabilità riguardo ciò che dici e quello che ascolti”, ha detto l’autore aggiungendo che “alla fine, per quanto riguarda i diplomatici e i governi, tutto si basa sull’ascolto di ciò che accade la fuori […] in futuro sarà davvero importante riuscire a mettere insieme tutte le idee provenienti dai vari attori come cittadini, agenzie governative, ong e collaborare tutti insieme per raggiungere soluzioni politiche alle sfide comuni”.  

 

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