Per una significativa coincidenza, il giorno della strage a Charlie Hebdo, è uscito in Francia il sesto romanzo scandalo di Michel Houellebcq, Soumission. Nel miglior stile dell’autore e dell’editore Flammarion, da giorni la grancassa della critica lo stava promuovendo, attraverso l’amplificazione di anticipazioni e commenti. Con la settimana di sangue imposta dal terrorismo di radice islamica, alcuni dei temi sollevati da quel dibattito chiamano attenzione.
Il protagonista del romanzo, François, è universitario e misantropo in una Francia che, all’inizio del prossimo decennio, si trova a scegliere se dare o non il potere alla destra estrema di Marine Le Pen. Il paese decide di affidare la presidenza a un fedele dell’Islam, leader della Fratellanza musulmana e si ritrova islamizzato. Dismessa l’anima tollerante, dimentica dei Lumi, gettata alle ortiche la religiosità laica di Voltaire, il vicino latino si lascia sottomettere ai valori pre-moderni dell’islam. Da lì il presidente, Mohammed Ben Abbes, spiccherà il volo per essere eletto presidente dell’Europa e della comunità euro-araba che verrà a edificarsi sotto la sua leadership.
Una trama tanto provocatoria ha dato il destro a personaggi come Emmanuel Carrère, dell’Istituto di Studi politici di Parigi, autore tra gli altri di Limonov e, non ancora tradotto in italiano (uscirà a marzo) di Le Royaume (Il regno), di trastullarsi su scenari fantasmagorici e millenaristici, basati — manco a dirlo! — su una presunta capacità profetica di Houellebcq che — poverino! — si occupa piuttosto di sbarcare il lunario dando sfogo al suo genio e agitando il più possibile i fedeli lettori.
All’orizzonte del nostro futuro prossimo ci sarebbe la nascita di un’epoca aurea nella quale l’Islam avrebbe la capacità di innestarsi sulla decadente civiltà occidentale per generare, nel giardino d’Europa, il nuovo virgulto. Si tratterebbe, secondo questi maitres à penser, di ripetere l’operazione che, un paio di millenni fa, iniziò a mischiare il paganesimo greco-romano con il nascente cristianesimo (“religione orientale intollerante, fanatica” la chiama Carrère). L’Europa dall’identità esangue e molliccia, si libererebbe finalmente dalle catene delle sue libertà, trovando nel nerboruto soggetto collettivo erede di Maometto chi la rivitalizzerebbe, restituendola al protagonismo globale.
Nel percorso ci sono seri errori storici e filosofici. La definizione che si dà del cristianesimo non corrisponde alla vicenda di una religione tanto intollerante e fanatica da proporre al mondo greco-romano una società senza schiavi, accettare la convivenza (ciascuno nella propria sfera) di imperatore e Dio, restituire dignità alla donna, combattere gli dei “falsi e bugiardi” con la predicazione del Vangelo non con la spada. Il monachesimo avrebbe salvato la memoria degli antichi autori classici, Tommaso coniugato la razionalità di Aristotele con i dati della fede. Quando sarebbe stato il suo turno, l’islam sugli stessi temi si sarebbe manifestato in ben altro modo. Per i cristiani “martirio” significava (significa) testimoniare la propria credenza accettando anche la morte; per l’islam uccidersi per uccidere chi la pensa diversamente.
La società europea, anche se in larga parte non più cristiana, non si fonderà con l’Islam militante per incompatibilità di valori e prospettive. C’è dell’altro. Gli islamici devoti e gli immigrati maghrebini non cercano il potere politico europeo. Lo fanno i violenti dell’integralismo, come l’IS e però, alla prospettiva presidenziale additata da Houellebcq preferiscono altre vie: ”Prenderemo Roma, spezzeremo le vostre croci, renderemo schiave le vostre donne”, ci hanno scritto.