A parlare ieri alla conferenza sulla moratoria per l’abolizione della pena di morte all’ONU non sono stati solo i rappresentanti di alcuni stati nel mondo particolarmente sensibili al tema, tra cui l’Italia, ma prima di tutto George Orwell, Bertol Brecht e Cesare Beccaria. Tre scrittori e intellettuali che hanno scritto parole più esplicative di tante immagini che sono entrate nel main stream della nostra mente.
L’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite Zeid Ra’ad Hussein, durante l’incontro di alto livello su Leadership and Moving Away from the Death Penalty, organizzato dall’Italia, si è rivolto alla platea con le parole dello scrittore inglese di 1984 George Orwell che descrive un’impiccagione: “Fino a quel momento non avevo mai capito cosa significasse distruggere un uomo in salute e coscienza…che indicibile errore”.
Hussein ha ricordato che il problema principale è la cultura della pena di morte. L’idea alla base di una pratica che esiste da otto mila anni è che “la parola vendetta è diventata sinonimo di giustizia”.
Sedici anni fa l’Assemblea Generale dell’ONU chiese la moratoria. La prima risoluzione sul tema fu presentata nel 1994 dall’Italia, che anche nel 2007 ha contribuito alla nascita della storica risoluzione che ha portato all’adozione da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU della moratoria sulla pena di morte. L’Italia porta alta la bandiera dell’abolizione della pena di morte.
Il Primo Ministro Matteo Renzi ha ricordato che nel 1786 Leopoldo di Toscana abolì la pena di morte nel suo territorio. Si era ispirato a Cesare Beccaria, l’autore del libro Dei delitti e delle pene, condannando la tortura e la pena capitale. “Il filosofo italiano stabilì che non c’è nessuna prova che la pena di morte è un deterrente contro i reati e riduce la criminalità”, ha spiegato il premier.
Oggi 161 i Paesi o i territori hanno deciso di abolire la pena di morte per legge o in pratica. Di questi, i Paesi totalmente abolizionisti sono 100, mentre i Paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte sono 48.
“Recentemente a Guinea Equatoriale, il Pakistan, lo Stato di Washington, Maryland e Connecticut negli Stati Uniti – ha ricordato Hussein – hanno deciso di accettare la moratoria o sospendere le esecuzioni capitali”.
Alla fine del 2013 il numero dei paesi, che negli ultimi dieci anni hanno fatto almeno un’esecuzione capitale e che poi hanno aderito alla moratoria, è sceso dal 39 a 20 per cento delle nazioni del mondo. Ad eccezione di Iran, Iraq e Arabia Saudita, il numero di esecuzioni per anno sembrano diminuire nel tempo.
Il report sulla pena di morte del 2014 fornito dall’Alto Commissario per i Diritti Umani descrive una situazione che va migliorando, ma in cui i segni di “umanità” sono ancora pochi. La Cina ha ridotto il numero dei reati per cui è prevista la pena di morte. Ad aprile di quest’anno, El Salvador, il Gabon e la Polonia hanno firmato il Secondo protocollo sulla convenzione internazionale sui diritti civili e politici, puntando all’abolizione della pena di morte.
I tre paesi protagonisti della conferenza sulla pena di morte, oltre all’Italia, la Tunisia, la Mongolia e il Benin in cui il 2-4 luglio a Cotonou è stata convocata dalla Commissione Africana per i Diritti Umani e dei Popoli e dal Governo beninese. Il Benin non ha ancora aderito alla moratoria, ma dal 1987 le esecuzioni si sono fermate. La Mongolia ha firmato la risoluzione per la moratoria nel 2012. Nello stesso anno aderisce anche la Tunisia non ci sono state più esecuzioni dal 1991.
Quando una moratoria “de facto” esiste già, l’interazione tra governo e parlamento è fondamentale per realizzare le riforme e passare alla “moratoria de jure”, ha esortato Renzi.
“In molti paesi in cui c’è la pena di morte , spesso si dice che la pubblica opinione è d’accordo con la pratica delle esecuzioni capitali. – ha detto l’Alto Commissario dei Diritti Umani – Ma ci potrebbero essere nazioni in cui la schiavitù è accettata, ciò non significa che è giusta”.
Nel dicembre 2014, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite voterà una nuova Risoluzione, la quinta, che invita gli Stati membri a stabilire una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell’abolizione della pratica. Attualmente sono 111 i paesi a favore della moratoria. Sulla Risoluzione del 2012, Ciad, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone e Tunisia, che si erano astenuti o erano assenti nel 2010, per la prima volta hanno votato a favore.
Per il Primo Ministro Renzi l’assurdità della pena di morte può essere compresa solo con un processo di riflessione culturale, con campagne di consapevolezza, programmi scolastici specifici nelle scuole e con il dialogo con la società civile”. Da tempo in Italia la società civile chiede l’abolizione di una forma di pena che alcuni definiscono “di morte”. Se una persona entra in prigione verticalmente e ne esce orizzontalmente è legittimo parlare di pena di morte, la morte prolungata degli ergastoli, i cosiddetti “fine pena mai”.
"Ci sono molti modi di uccidere una persona: si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre, toglierli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro Stato". Bertol Brecht
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