Spesso si dice che anche quello che succede lontano da noi, condiziona la nostra vita. Difficile capire come, ma succede. E non è solo la connessione internet o la velocità con cui ci spostiamo che fa la differenza. Ci sono cose che non dipendono dalla tecnologia, ma che ancora oggi possono unire il mondo nel bene e nel male. Le malattie, ad esempio, hanno cambiato l’umanità, distrutto popolazioni intere, determinato il destino di intere generazioni. Nonostante internet, nonostante il progresso ci sono virus, come quello dell’Ebola, capaci di far mobilitare il mondo intero, perché tutta l’umanità è coinvolta in prima persona.
La sensazione che quella contro l’Ebola è una nuova "guerra mondiale" era palpabile in tutti i volti incontrati giovedì pomeriggio durante la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La tensione era palpabile nel volto di Capi di Stato, Ministri e Ambasciatori.
Alle 2 e 45 pm in punto si sono seduti nel tavolo circolare il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, l’Ambasciatrice degli Usa e Presidente del Consiglio Samantha Power, il coordinatore dell’Onu per L’Ebola David Nabarro e altri rappresentanti dei 15 paesi che compongono il Consiglio di Sicurezza. Quando Power, che ha convocato il vertice d’emergenza sull’Ebola, ha iniziato a parlare, si è capita la gravità della situazione.
Dicevano che sarebbero arrivati a 20 mila persone infette, ma il Coordinatore per l’Ebola dell’Onu David Nabarro, ha avvisato che “ogni tre settimane raddoppiano i malati e la diffusione del virus avviene in maniera esponenziale”. L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha fornito i numeri del disastro: più di 5500 persone sono state infettate e oltre 2500 sono morte. I numeri potrebbe lievitare spaventosamente.
Un dato che rende ancora più preoccupante la situazione dei paesi al centro della diffusione del virus e hanno portato la comunità internazionale a approvare una risoluzione, la numero 2177, con il voto unanime di tutti i paesi presenti al Consiglio. Si tratta di una risoluzione non vincolante, cioè chi non la rispetta non riceve sanzioni. È stato, inoltre, raggiunto per la prima volta il numero record dei paesi co-sponsor, coloro che hanno presentato la risoluzione.
La comunità internazionale esprime “seria preoccupazione per il diffondersi dell’epidemia di Ebola e il suo impatto in Africa occidentale, in particolare in Liberia, Guinea, Sierra Leone”, è scritto nella Risoluzione. In Nigeria e Senegal, inizialmente focolai di Ebola, la situazione è attualmente sotto controllo.
L’Ebola è stata definita “un’emergenza sanitaria senza precedenti”. Forse il virus non ha precedenti come gravità nella storia delle Nazioni Unite, lo ha sicuramente nella storia dell’umanità. La comunità internazionale ha dimostrato di essere cosciente di non avere tempo da perdere e che questa è “la più grande sfida alla pace che le Nazioni Unite abbiamo mai dovuto affrontare”, come ha detto la Direttrice Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Margaret Chan. La World Bank Group l’ha definitiva “un potenziale colpo catastrofico” per le economie dei paesi più colpiti.
L’OMS, il CDC (Centers for Disease Controll and Prevention) e MSF (Medici senza Frontiere) sono già intervenuti sul campo. Lo spiega bene a tutto il Consiglio un medico di Medici Senza Frontiere in collegamento telefonico dalla Monrovia. Il suo è stato un appello disperato all’Onu, affinché intervenga al più presto non solo verso i malati, ma anche per aiutare il personale medico-sanitario. “Non è facile aiutare qualcuno che rischia di infettarti”: nei suoi occhi tutta la disperazione del dilemma se aiutare e come le persone con l’Ebola. “In Guinea c’è un ospedale in cui l’ebola ha infettato personale medico” ha dichiarato l'ambasciatore della Russia all’Onu Vitaly Churkin.
La gestione di questa crisi fino ad oggi era affidata al caso. Oggi l’Onu prende in mano la situazione, ma i problemi sono tanti e come ha detto il coordinatore Nabarro “il virus si è diffuso molto più velocemente del tempo che le Nazioni Unite hanno impiegato per decidere di intervenire”.
Oltre a quello di come assicurare condizioni di lavoro non pericolose per chi aiuta i malati, un altro resta l’isolamento. Non bisogna isolare, ma aiutare, dai malati, agli aeroporti e le nazioni stesse al centro del ciclone Ebola. "E' impossibile chiudere gli aeroporti – ha detto – la Responsabile dell'Oms – significherebbe mettere in ginocchio l'economia di quei paesi".
L’Onu ha deciso di inviare una missione d’emergenza sull’Ebola con gli obiettivi di bloccare l’epidemia e creare un coordinamento internazionale. Intanto Gran Bretagna, Cina, Cuba e altri paesi hanno già inviato ogni forma di aiuto, incluso quello militare, come gli Stati Uniti.
Tutti i paesi si sono detti pronti a intervenire immediatamente con aiuti umanitari, medici e finanziari. La disponibilità a mandare truppe di peacekeeping è unanime. Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato che manderà tre mila soldati in Liberia. Anche l’Europa ha dato una risposta e i ministri della salute europei si riuniranno a Milano il 22 e il 23 settembre per coordinare una risposta comune all’epidemia di Ebola. Il governo italiano ha già dato un aiuto economico: 440 mila euro in sostegno dell’OMS e altre organizzazioni.