Nel giorno in cui la i ribelli di Séléka hanno chiesto al governo che la Repubblica Centrafricana sia divisa in due, con la nascita di un nuovo stato musulmano nel Nordest del paese, l’attrice Mia Farrow ha provato ad accendere i riflettori sulla drammatica situazione nel Paese africano in una conferenza stampa tenuta al Palazzo di Vetro dell'ONU. La stella di Hollywood è ambasciatrice dell’Unicef ha visitato lo Stato africano in diverse occasioni, di cui una recentemente, diventando testimone del deterioramento della situazione e dell’esplosione della violenza negli ultimi mesi. “Sono stata a Bassongoa lo scorso novembre – ha raccontato – e già era possibile intravedere la tensione. Adesso tutti i nodi sono venuti al pettine. Dopo il mio ultimo viaggio posso dire con certezza che quello che sta accadendo nel Paese è una vera e propria pulizia etnica: a Bossangoa la popolazione musulmana non esiste più”.

Mia Farrow durante il suo recente viaggio nella Repubblica Centroafrica, incontra l’inviato speciale Onu Babacar Gaye
Da dicembre 2013, quando i ribelli islamisti di Séléka hanno costretto alle dimissioni il dittatore François Bozizé, prendendo il potere , la violenza etnica è esplosa tra musulmani e le milizie anti-Balaka, prevalentemente cristiane. La situazione è ulteriormente peggiorata a dicembre, quando il leader di Séléka, Michael Djotodia si è dimesso dal ruolo di Presidente dando inizio a una difficile fase transitoria che dovrebbe condurre a nuove elezioni nel 2016. La Farrow racconta di uno scenario fuori controllo dove crimini e violenze sono all’ordine del giorno: “Le persone lì vivono nella paura e nella rabbia. A Boda la comunità musulmana è stata confinata in un area dalle forze internazionali per garantirne la sicurezza. Ovviamente non è una situazione sostenibile nel lungo periodo. Molti hanno provato a scappare verso il Camerun e in tanti sono morti provandoci. Una madre mi ha raccontato che se sono stati i ribelli mussulmani i primi ad attaccare, adesso anche i soldati cristiani, in preda all’alcol, si accaniscono conto la popolazione che dovrebbero difendere, lasciandosi andare a stupri e ad altri crimini”.
I numeri della crisi sono in effetti impressionanti: secondo le Nazioni Unite praticamente tutti i 4,6 milioni di abitanti del Paese hanno bisogno di aiuti umanitari. Gli sfollati sarebbero 2,3 milioni, praticamente la metà della popolazione, e i bambini soldati arruolati da entrambi gli schieramenti sono più di 10.000. Al momento nella regione operano 2000 soldati francesi insieme a un contingente di 6000 persone inviato dall’Unione Africana, in attesa dell’arrivo di 12.000 caschi blu. Ad aprile il Consiglio di Sicurezza ha infatti disposto che una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite (Minusca) comincerà a operare da settembre. Secondo la Farrow l’azione delle forze francesi sta portando, al momento, dei risultati positivi: “Una cosa che posso dire che la presenza delle truppe francesi, nei pur pochi posti dove queste operano, riesce se non a fermare a porre un freno alla violenza. Le persone sul luogo stanno aspettando con ansia l’arrivo della missione di peacekeeping che forse riuscirà a fare in modo che gli aiuti umanitari arrivino a un numero maggiore di persone”.
Anche l’Alto Commissariato per i rifugiati ha espresso la sua preoccupazione per l’alto numero di persone che sta abbandonando il paese, soprattutto dirigendosi in Camerun. Il portavoce Babar Baloch ha detto che l’emergenza in Africa Centrale è una di quelle per cui sono arrivati meno fondi rispetto a quelli necessari: “Questa situazione mette al rischio la nostra potenzialità di offrire ai rifugiati l’assistenza umanitaria di base” ha detto il rappresentante.