Sul sito dell'ordine dei giornalisti della Lombardia si legge questa notizia di qualche mese fa: Tre blogger condannati in Arabia Saudita per avere espresso opinioni sul governo e l’Islam. Reporters sans Frontières spiega che nei giorni scorsi Raef Badawi è stato condannato a 10 anni di prigione, mille frustate e duecentomila euro di multa. Ali Jaseb Al-Touhifah e Mohamed Al-Jamal dovranno scontare rispettivamente 6 e 5 anni di reclusione, oltre a pagare diecimila euro.
Sul quotidiano il Foglio diretto da Giuliano Ferrara, leggiamo oggi: "Importante novità dal Parlamento”, recitava ieri un comunicato dell’Ordine nazionali dei giornalisti. “Per chi esercita abusivamente la professione di giornalista è in arrivo una condanna penale più ‘pesante’, carcere compreso”. Le virgolette che racchiudono l’aggettivo “pesante” (quasi a sminuire la durezza della detenzione), unite al tono non proprio “allarmistico” del comunicato, fanno sorgere il dubbio che qualcuno possa condividere questa pazza idea che si fa strada in Parlamento. Cioè modificare il codice penale affinché “chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello stato, è punito con la reclusione fino a 2 anni e con la multa da 10 mila euro a 50 mila euro”. A dire il vero nelle scorse settimane lo stesso Ordine dei giornalisti invitò a “correggere” la norma ora approvata dal Senato (e che in autunno andrà alla Camera), ma soltanto affinché “tuteli quanti abbiano comunicato all’Ordine della regione di residenza la volontà di avviare il percorso di iscrizione all’Albo come pubblicista”. Invito a correggere la norma, dunque, ma nessun invito esplicito a escludere in ogni caso la privazione della libertà personale. In mancanza di un sussulto di mero buonsenso, si potrebbe far notare pure che le carceri italiane non hanno bisogno di diventare ancora più invivibili perché affollate di quanti scrivono sul taccuino “senza aver superato l’esame di stato”. O aggiungere pure che non offre una buona immagine di sé quella corporazione (nata nel 1925, non a caso) che si vede costretta a minacciare la galera per gli outsider, per chi ci prova senza il bollo di stato. Ma speriamo nel buonsenso".
Speriamo nel buonsenso, dice il Foglio… Buonsenso? Ma cosa resta del buon senso in un Ordine (o meglio scrivere Corporazione?) che in un suo documento scrive "Per chi esercita abusivamente la professione di giornalista…". Abusivamente? Senza l'autorizzazione dello Stato? Ma si rendono conto di cosa scrivono questi analfabeti di democrazia?
In Italia si continua a parlare di riforme, del Senato, della Giustizia, del pinco pallino…. Pensando che con queste riforme, come arrivasse il tocco magico della fatina, si possa trasformare la democrazia "a libertà vigilata" italiana. Le riforme sono urgentissime, ci dicono, perché servono a rilanciare lo sviluppo economico e sociale dell'Italia eliminandone gli ostacoli burocratici che la frenano…. Che illusi!
Nessuna riforma "istituzionale" potrà risollevare il sistema democratico italiano sofferente di una malattia infantile che restando non curata prima o poi lo ucciderà come il più insidioso dei tumori. Parliamo della mancanza di una vera libertà di stampa e di informare. Questo è il difetto "di nascita" della democrazia italiana, che visto da fuori, risulta una vera e propria bestemmia perché mantiene ancora una legislazione di derivazione fascista in materia di libertà di espressione e di stampa.
Proprio ieri, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite di New York, l'UNESCO ha tenuto una importante conferenza intitolata: World Trends Report on Freedom of Expression and Media Development.
A partecipare c'era la direttrice Irina Bokova (che voci di corridoio vedono candidata come prossimo Segretario Generale delle Nazioni Unite) e il presidente della Columbia University Lee C. Bollinger, uno dei massimi esperti americani sul First Amendment della Costituzione USA, l'emendamento che protegge la libertà di stampa. Con loro, anche esponenti delle ONG internazionali che si occupano di segnalare gli abusi sulla libertà di stampa, come il Committee to Protect Journalists e Freedom House. Proprio quest'ultima organizzazione, ieri rappresentata dal Karin Karlekar, ha distribuito ai diplomatici e giornalisti presenti, una mappa con l'ultimo rating "colorato" sulla libertà di stampa e informazione nel mondo. La posizione in classifica dell'Italia, come ormai da anni, risulta imbarazzante. Tutta l'Europa occidentale era in verde e l'Italia, da sola, in giallo. In materia di libertà di stampa continuiamo ad avere la "febbre gialla", e tra le domocrazie nel mondo con "problemi" ecco che le faceva compagnia, guarda un po', proprio la "perfida" India, che critichiamo perché ci trattiene prigionieri i nostri marò ma con cui a quanto pare abbiamo non poco in comune.
Al Parlamento italiano, che continua a discutere di riforme, da New York ad alta Voce gridiamo: sveglia! Eliminate quelle leggi liberticide della libertà di stampa che fanno dell'Italia un mortificante "giallo" per la democrazia mondiale. Al premier Matteo Renzi forse questi problemi non interessano? Non disturbate il "rottamatore" che per ora ha interessi su cose più "importanti", come creare sviluppo (magari sostenibile) e far tornare crescita e occupazione in Italia?
E invece noi il premier italiano Renzi lo invitiamo a scuotere e a "rottamare" il sistema informazione italiano. Siamo stanchi di sentirci, da italiani, mortificati quando partecipiamo a conferenze sulla libertà di stampa. E comunque, caro premier Renzi, vedrai che quando l'Italia invece che "in giallo" spunterà "verde" nella mappa di Freedom House, anche la speranza per la crescita del paese si concretizzerà.
Renzi dovrebbe sapere che ieri al Palazzo di Vetro sia la Bokova ma soprattuto Bollinger, hanno specificato che assicurarsi una legislazione che promuova e protegga in maniera assoluta la libertà di informare, non è più soltanto una questione di "diritti umani". Non è più solo una questione del "controllo" su governi nell'interesse dei cittadini elettori. E' ormai anche una questione di assicurarsi migliori condizioni per poter intraprendere un percorso di sviluppo sostenibile delle proprie economie. Praticamente senza libertà di espressione e di stampa (e quindi libertà di esercitare il mestiere di giornalista), le nazioni sono destinate a mancare gli obiettivi di crescita sostenibile delle loro economia per il nuovo Millenium. "La libera circolazione delle idee e l'assoluta libertà di criticare attraverso i media senza alcuna restrizione" dice in sostanza il Presidente della Columbia University, determinerà il successo delle nazioni nel centrare gli obiettivi per la crescita economica nello sviluppo sostenibile per il XXI secolo.
La corporazione "protetta" dei giornalisti italiani, col suo "ordine" fuori dal mondo, dovrebbe pubblicare nel suo sito la mappa di Freedom House. Prima magari c'era la scusa di Silvio Berlusconi e si poteva raccontare la favola che fossero i conflitti di interessi del Cavaliere a farci fare "brutta figura" nel mondo. Ma se invece di verdi siamo gialli, la colpa è tutta di chi continua a dimostrarsi un analfabeta sul quale sia il reale valore e significato del quarto potere in democrazia.
Mercoledì La VOCE ha intervistato Karin Karlekar di Freedom House, che ha definito la situazione italiana “molto problematica”. Tra gli elementi che rendono l’Italia "gialla", cioè “partly free” ci sono non solo “le restrizioni legali sui media”, ma anche “i requisiti necessari per diventare giornalista, che sono in realtà molto restrittivi".
Da Freedom House dunque veniamo anche a sapere che poche settimane fa l'autorevole organizzazione ha incontrato l’Ambasciata italiana, che “si è dimostrata interessata a parlare con noi della libertà di stampa in Italia”. “Abbiamo intenzione di metterci in contatto col Governo italiano — ha dichiarato Karlekar — in modo da dare concrete raccomandazioni su questo particolare tema. È un argomento riguardo al quale siamo molto preoccupati e che cercheremo di seguire attentamente. Sembra che il nuovo Governo in Italia sia più aperto e interessato alla possibilità di riforme nel campo dell’informazione e c’è la possibilità di operare qualche cambiamento sulle regole esistenti”.
Interessato e aperto? Renzi, se ci sei veramente batti un colpo, Freedom House e il futuro della democrazia in Italia non vedono l'ora.