A distanza di un mese e mezzo dal colpo di stato, la comunità d’affari tailandese e gli investitori esteri esprimono sostanziale consenso verso l’azione dei generali. Non mancano però timori e critiche per alcune specifiche situazioni che non possono non preoccupare la business community. Così per alcuni accenti che, tra esponenti del vertice militare, hanno fatto immaginare vicina la repressione e l’espulsione dei lavoratori emigrati in Tailandia soprattutto da Birmania (1.742.000), Cambogia (395.300), Laos (95.900). La Giunta ha tenuto a precisare di non avercela con i 2 milioni e passa di immigrati legali, ritenuti utili allo sviluppo della nazione, ma con taluni gruppi di clandestinità e malaffare presenti tra i quasi 1,8 milioni di immigrati illegali.
Altro elemento di allarme per la comunità imprenditoriale, l’annunciata revisione di numero e costo dei megaprogetti di sviluppo che il precedente governo aveva dichiarato di voler varare. Il Consiglio nazionale per la pace e l’ordine (NCPO), l’organo che in questa fase governa il paese, ha disposto la revisione di sette progetti di grandi opere di infrastrutturazione per un valore complessivo di più di un miliardo di baht, dichiarando che si trattava di un primo segnale a garanzia delle funzioni di trasparenza e disciplina fiscale degli investimenti pubblici. La comunità d’affari si preoccupa evidentemente che possa restringersi la torta alla quale guardano i loro piani di espansione, specie sotto il profilo dell’indotto.
In positivo, i ceti imprenditoriali e gli investitori esteri chiedono alla Giunta di operare per ridurre le diseguaglianze createsi, nei recenti decenni, nella scala sociale e del benessere. La Tailandia esprime con numeri anche più accentuati della media globale, la tendenza che, nell’ultima generazione, ha decuplicato reddito e ricchezze dell’1% più ricco della popolazione. Lo stesso per il top 0,1% e 0,01%, verso i quali lo spostamento di ricchezza è stato anche più generoso. Peccato che il 90% più sfavorito della popolazione, nello stesso arco di tempo abbia visto scendere di dieci volte il proprio reddito. La raccomandazione che viene fatta al NCPO da giornali e intellettuali thailandesi, è di mettere seriamente mano alla riforma fiscale indirizzandola in senso progressivo, e di rimeditare le politiche di investimento, cosa questa che, come si è richiamato, il Consiglio sta già provando a fare.
NCPO è chiamato a rilanciare i ceti poveri e medi, anche a costo di chiedere qualche contributo a chi, nel succedersi delle crisi, ha rafforzato la propria posizione sociale ed economica. Sta passando, nella società tailandese, la convinzione che quando sono in troppi ad avere troppo poco, finisce per soffrirne il complesso del sistema economico, un rischio da evitare per le conseguenze che può comportare. Ad esempio, la polarizzazione del reddito in poche mani è sicuramente la causa prima dell’arretramento nella salute e nell’istruzione pubbliche che la Tailandia registra in modo drammatico. Come conseguenza, si avrà, in un futuro vicino, meno qualità nell’offerta di lavoro, e maggiori costi sociali nei bilanci delle pubbliche amministrazioni.
Per dare credibilità all’affermazione di aver preso il potere per “far tornare il paese alla normalità”, le Forze Armate devono realizzare interventi significativi sul piano sociale ed economico, in particolare in favore dei ceti meno favoriti. Se per trovare le risorse necessarie, bisognerà privarsi del sogno dell’alta velocità ferroviaria, ben venga la rinuncia.