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June 12, 2014
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Cristianità in Cina, la moltiplicazione dei cattolici e dei protestanti continua

Silvia RomanellibySilvia Romanelli
Una chiesa aperta a Pechino

Una chiesa aperta a Pechino

Time: 11 mins read

Secondo quanto riportato qualche giorno fa dal giornale di Hong Kong South China Morning Post, delle trattative sarebbero attualmente in corso tra Pechino e il Vaticano per riprendere il dialogo tra le due parti, da anni in stallo. Tuttavia, nessun annuncio ufficiale è stato ancora fatto al riguardo, mentre alcuni episodi recenti hanno riacceso le antiche discordie.

Una di queste è la questione della nomina dei vescovi. Ad occuparsene nella Repubblica Popolare è infatti l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese, creata nel 1958 dal PCC e indipendente dal Vaticano. Sebbene negli ultimi anni Roma e Pechino sembrerebbero aver trovato dietro le quinte degli accordi sulla nomina dei prelati, in alcuni casi delle tensioni sono riaffiorate. Nel 2012 ad esempio, quando il vescovo ausiliare di Shanghai, Thaddeus Ma Daqin, è stato messo agli arresti domiciliari dopo aver dato le dimissioni dall’Associazione Patriottica.

conferenza vescovi

Conferenza di vescovi

I vescovi in Cina sarebbero ad oggi 110, una dozzina dei quali non riconosciuti dalla Santa Sede, tre di loro pubblicamente scomunicati. I preti sono circa 3300 e le religiose 5000, contando sia le comunità registrate presso le autorità cinesi sia quelle che non lo sono.

Altra fonte di tensioni è stata la demolizione, ad Aprile scorso, dell’immensa chiesa protestante di Sanjiang, nella regione dello Zhejiang, un atto additato dai fedeli locali come parte di una repressione crescente contro i cristiani.

Nel 2013, in occasione della nomina del nuovo papa Bergoglio, il portavoce del governo cinese ha dichiarato che la Santa Sede non ha alcun diritto "d’interferire negli affari interni della Cina con pretesti religiosi" e ha aggiunto che "deve riconoscere il governo cinese come tale e Taiwan parte inalienabile del territorio cinese". Tanto per complicare le cose infatti, il Vaticano fa parte, dal 1951, degli Stati che riconoscono Taiwan e non la Repubblica Popolare Cinese.

La Voce di New York ha approfondito queste questioni con Gianni Criveller, esperto del cristianesimo in Cina che, dopo anni di attività nella Repubblica Popolare, ne è stato espulso nel 2011. Oggi vive a Hong Kong, dove è ricercatore presso l’Università Cinese e professore all’Holy Spirit Seminary College.

Gianni Criveller

Gianni Criveller a Gerusalemme nel 2013

È corretto dire che in Cina ci sono due comunità cattoliche: l'Associazione Patriottica da un lato e dall’altro una chiesa fedele alla Santa Sede, costretta alla clandestinità? 

In Cina non ci sono due chiese, c’è una sola chiesa cattolica. In alcune zone purtroppo [permane] questa divisione, che negli anni ‘80 e ‘90 era più netta, tra comunità della cosiddetta “chiesa aperta” o “comunità registrate” (cioè registrano i loro luoghi di culto con le autorità governative) e le cosiddette “comunità clandestine” o “sotterranee”. Però non sono clandestine [né sotterranee], nel senso che sono ben conosciute dal governo e dalla polizia.

Diciamo che c’è questa differenza, però non ci sono due chiese parallele, una fedele a Pechino e una fedele al Papa, questa è una [rappresentazione fuorviante].

L’Associazione Patriottica è un organismo del partito comunista che vorrebbe controllare la chiesa cattolica in Cina. Le altre religioni – il Buddhismo, il Taoismo, l’Islam e il Protestantesimo – hanno anche loro un’associazione simile, [si tratta di] uno strumento che il governo ha per tutte le religioni. Il governo ha riconosciuto cinque religioni in Cina e dice: ‘queste cinque religioni possono esistere, però noi le dobbiamo controllare’. Nel caso della chiesa cattolica questo strumento si chiama “Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi”, ma la chiesa viene prima di questo strumento. 

cinesi in preghiera

Cinesi in preghiera

I cattolici cinesi subiscono questa situazione, non la desiderano. Non ci sono cattolici dalla parte del governo e cattolici dalla parte del Papa. I cattolici in Cina sono tutti dalla parte del Papa, soltanto che alcuni di loro nella situazione in cui si trovano preferiscono andare a messa nelle chiese […] riconosciute dal governo. 

Invece le comunità non registrate, in genere, […] non hanno delle chiese, si riuniscono in case private oppure in altri ambienti. Soltanto in alcune zone particolari ci sono delle chiese anche nel senso tradizionale del termine, che non sono registrate e che sono alla luce del sole. Però rischiano prima o dopo di essere demolite [o di non poter] più essere utilizzate come chiese.

Il fatto di participare ai riti in una comunità non registrata presenta dei rischi per i fedeli? 

La risposta è sì e no, cioè più sì che no. Negli anni ’80 e ‘90, la risposta era quasi sempre sì, [c’era il rischio] di essere messi in prigione, di essere bastonati, molestati, eccetera. 

Adesso quali sono questi rischi? Chi accoglie in casa propria una celebrazione di queste comunità generalmente viene penalizzato con delle multe molto pesanti, sia per quelli che partecipano sia, soprattutto, per chi ospita. Quelli che fanno parte di questi gruppi sono in genere persone che non possono far carriera nei loro ambienti di vita e di lavoro, perché sono tenuti d’occhio come persone sospette.

Qualche volta queste comunità hanno dei leader che sono particolarmente critici verso la politica religiosa del governo. Se quindi, oltre a non registrarsi, fanno anche delle critiche verso il governo per quel che riguarda i diritti umani e la libertà, insomma si fanno sentire oppure prendono delle iniziative, allora rischiano di più. Allora qualche volta la polizia interviene, li mette in prigione, soprattutto questi leader che sono un po' più in vista […]. Abbiamo ancora – non sono molti però ce ne sono – dei vescovi e dei preti che sono in stato di detenzione in Cina, non sappiamo dove siano né di cosa siano accusati. Questo per quanto riguarda la chiesa cattolica.

Thaddeus

Thaddeus Ma Daqin

Ci sono delle differenze tra la situazione dei cattolici e quella dei protestanti in Cina? 

Certamente. Per esempio i protestanti non hanno questo problema [delle relazioni col] Vaticano. “Protestanti” è un termine generico: ci sono tantissime comunità, denominazioni, chiese, gruppi, qualche volta si potrebbe addirittura dire “sette”, perché sono dei gruppi nuovi di carattere carismatico, evangelico, eccetera, che hanno a volte anche delle dottrine o persino dei comportamenti un po' bizzarri e che però si stanno espandendo molto in Cina. La regione dove il protestantesimo di questo tipo si sta espandendo di più è lo Henan, [nel centro-est della Cina], mentre il cattolicesimo tradizionale è più forte nello Hebei, [la regione intorno a Pechino].

E nello Zhejiang, dove recentemente una chiesa è stata demolita?

Per quel che riguarda lo Zhejiang, la situazione è centrata soprattutto nella città di Wenzhou. La situazione a Wenzhou è diversa da tutte le altre città della Cina, innanzitutto per il numero di cristiani, sia cattolici che protestanti. I protestanti sono di più, però c’è anche una forte comunità cattolica. A Wenzhou i cristiani sono forse attorno al 30% della popolazione secondo alcuni studi, il che è una cifra enorme perché in genere sono circa il 3%.

È difficile dire quanti siano i cristiani oggi in Cina. I cattolici sono probabilmente 12 milioni; i protestanti non si sa. C’è chi dice 30 milioni, chi dice 40 milioni, chi 60 o 100. Io penso che siano tra i 30 e i 40 milioni. 

Ma è difficile contarli anche perché hanno un modo di aggregarsi molto mobile, si entra e si esce molto facilmente. Si entra una sera partecipando a una riunione […], ma poi magari molte di queste persone non danno nessun seguito a questa [partecipazione]. 

Cattedrale Shanghai

La cattedrale Xujiahui di Shanghai

Comunque il cristianesimo in Cina è sicuramente una religione in espansione ed è forte in questa città di Wenzhou, nello Zhejiang, chiamata “la Gerusalemme della Cina”. È anche una delle città più ricche e più benestanti e con più commercianti e più emigranti della Cina e tutte queste cose sono molto connesse. La ricchezza, gli affari, l’emigrazione – che non è un’emigrazione di poveracci, ma di businessmen che emigrano soprattutto in Europa – e la diffusione del cristianesimo sono tutte quante legate. In questa città, se si vuole veramente avere successo e entrare nel business, fare commercio e piazzare i prodotti in Cina e all’estero, è bene entrare in questa rete cristiana, perché, diciamo così, si conoscono le persone che contano. Questi cristiani sono spesso molto benestanti. Questo lo dico per oggettivare il discorso, non sto facendo commenti o valutazioni di merito.

Questo riguarda in particolare la comunità protestante?

Protestante e in parte anche cattolica, perché c’è anche una comunità cattolica a Wenzhou, [anche se] non è forte come quella protestante. Questo gruppo cristiano è molto potente perché ha anche molti soldi, dunque molti appoggi. Fino ad ora, diversamente da molte altre città della Cina, si è espanso in maniera anche visibile, costruendo delle chiese e mettendo delle croci, che non si vedono in altre città della Cina. 

Le autorità locali hanno permesso tutto questo anche perché, probabilmente, hanno avuto dei ritorni economici. Poi, qualche tempo fa, è arrivato un nuovo capo [locale] del partito comunista. In Cina è sempre così: molto dipende dalle autorità locali, se vogliono essere transigenti o intransigenti, se vogliono farsi amici dei cristiani o nemici. Insomma dipende molto da circostanze locali che sono abbastanza imprevedibili e che sono da studiare caso per caso. 

È arrivato questo signore, il quale si è scocciato di vedere troppe chiese, troppe croci, troppi segni religiosi, non gli è piaciuta questa cosa e ha cominciato a intervenire. Molte di queste chiese erano abusive, ma non nel senso che non si sapeva che c’erano o che non avevano il permesso di costruire. In genere si tratta di abusi di carattere “architettonico”. Ad esempio era permesso che questa chiesa fosse di 100 metri quadrati, invece l’hanno costruita di 150; doveva essere di due piani, invece sono tre piani; doveva fare solo da chiesa, invece vi si fanno anche delle riunioni.

Nantang

Nantang, la cattedrale dell’Immacolata Concenzione a Pechino

Per cui ha cominciato facendo tirare giù delle chiese: ne ha fatta demolire almeno una, probabilmente anche altre. I cristiani locali hanno reagito cercando di mettere all’opera i loro protettori politici, perché pure ne hanno. Però la situazione è ancora in stallo. 

Non abbiamo una situazione in cui tutte le chiese vengono demolite, non è così, però è una situazione nuova per loro, di grande pressione.

Secondo un recente studio di un sociologo americano, Yang Fenggang, nel 2030 la Cina potrebbe diventare il paese con più cristiani al mondo, superando i 247 milioni. Secondo il giornale cinese “Global Times”, portavoce del partito, questa previsione è esagerata. Secondo lei? 

La [stima] dei 300 milioni di cristiani in Cina è una cosa di cui si parla da diversi anni. Secondo me sono cifre esagerate. 

[Ci sono] questi gruppi cristiani che dicono ‘siamo 100 milioni, fra 10-15 anni diventeremo 300 milioni, poi diventeremo una nazione cristiana’.  Dicono anche che la Cina, diventata cristiana, creerà un movimento di conversione verso il cristianesimo dell’Asia tutta. C’è un movimento in Cina che si chiama “Back to Jerusalem” che prevede proprio questo: che i cristiani cinesi muovendosi idealmente verso Gerusalemme dall’est dell’Asia convertiranno gli altri paesi dell’Asia fino a raggiungere Gerusalemme, realizzando il sogno escatologico del mondo cristiano con Gerusalemme al centro. 

Un’idea proprio millenarista, apocalittica […]. Secondo me non sono altro che fantasie e pii desideri, che in genere sono legati a dei movimenti cristiani statunitensi, in particolare “Born Again” e altri gruppi molto ideologici che vedono il cristianesimo come la religione che conquisterà il mondo.

Questa secondo me è una fantasia geopolitica e geo-religiosa; però è vero che il cristianesimo sta aumentando in Cina, non tanto quello cattolico, ma questi gruppi protestanti. Tuttavia questi gruppi sono molto diversi tra di loro, non necessariamente parlano e vanno d’accordo tra di loro e alcuni hanno di cristianesimo ben poco, perché sono molto bizzarri. […] Comunque è vero che è un cristianesimo in forte espansione. Secondo me, a dir la verità, questa espansione si è un po' raffreddata. Negli anni ’90 era molto più forte, anche il governo stesso parlava di ‘febbre cristiana in Cina’.

Sheshan

Sheshan a Shanghai

Il governo cinese sembra vedere quest’espansione come un pericolo. Secondo lei queste chiese possono davvero essere una minaccia per Pechino, un concorrente nella gestione della cosa pubblica ?

Secondo me no. Il cristianesimo in genere non è una minaccia. [Inoltre] non c’è nessuno in Cina, neanche i capi supremi comunisti, che creda nel comunismo e che abbia un’adesione ideologica come una volta. Il governo non è preoccupato che la gente abbia fiducia in lui, il governo s’impone, è preoccupato di mantenere il controllo della popolazione. 

L’attuale governo non ragiona più in termini marxisti-comunisti, ma in termini nazionalisti. La grande ideologia oggi che riesce in qualche maniera a collegare governo e popolo è il nazionalismo. È questa idea che la Cina sta ritornando ad essere grande, che ha grandi successi militari, diplomatici, sportivi, economici, spaziali in tutto il mondo e che chi critica la Cina lo fa per gelosia. Questo orgoglio nazionalista tocca corde che i cinesi sentono moltissimo e il governo adesso sta offrendo questo prodotto molto bene ai suoi sudditi. [Per questo motivo] io non vedo nessun pericolo [proveniente dalle religioni] per il governo. Il governo utilizza l’argomento delle religioni da tanti anni, fa parte del carnet ideologico con cui giustifica la repressione delle religioni.

I buddhisti del Tibet vogliono l’indipendenza, quindi è stato messo in atto questo vero e proprio genocidio culturale nei loro confronti, che ha fatto anche molti morti ammazzati. I musulmani del nord-ovest vogliono anche loro l’indipendenza […], per cui molti di loro vengono processati, incarcerati e condannati a morte. Questo vale anche, in misura molto molto minore, per i cattolici e per i protestanti […].

Ciò che il governo teme non è il contenuto, non è il fatto che si creda in Gesù invece che nel comunismo. In realtà il governo teme chiunque in Cina, anche se fosse per collezionare francobolli, è capace di organizzarsi, è capace di mettere insieme delle persone all’esterno del partito comunista.

Si sente più ottimista o più pessimista per il futuro del cristianesimo in Cina in questa nuova fase di leader internazionali, con Xi Jinping da un lato e Papa Francesco dall’altro?

Madonna

Nostra signora imperatrice di Cina

Non mi sento più pessimista, però non mi sento per nulla ottimista perché non vedo nessun cambiamento. 

Tutti i papi precedenti recenti, a cominciare da Paolo VI, hanno mandato lettere ai leader cinesi, senza mai ricevere risposta. Ora, per la prima volta, Xi Jinping ha risposto, però non bisogna in nessun modo sovraestimare l’importanza di questa risposta, che vuol dire semplicemente che questo signore è più educato dei suoi predecessori. Ormai la Cina è una potenza internazionale, i leader cinesi hanno imparato che c’è un’etichetta nelle relazioni internazionali che è bene rispettare. 

Detto questo,  Xi Jinping, al contrario, nei confronti delle religioni ha un’intransigenza che per esempio Jiang Zemin non aveva. 

Eppure ad Aprile scorso, constatando l’attuale vuoto spirituale in Cina, Xi Jinping ha detto che le religioni tradizionali (il taoismo e il buddhismo) potrebbero aiutare i cinesi a riempire questo vuoto. 

Sì, però quello che lui vorrebbe far presente è che non c’è bisogno in Cina di nessun’altra religione se non di queste religioni tradizionali che ci sono sempre state. Il suo discorso, certo, sembra avere una nota positiva, ma in realtà, in sotto traccia, quello che si intende dire è: perché queste religioni straniere devono trovar spazio in Cina quando noi sappiamo già rispondere al desiderio spirituale della gente? 

Detto questo, prima o poi anche lui potrebbe venire a patti con questa realtà. Il padre di Xi Jinping era molto più aperto verso le religioni. Non so se prima o dopo anche lui vorrà assomigliare di più a suo padre, però fino adesso non ne ha dato dei grandi segni. È anche vero che tutti i nuovi leader nel primo anno in carica sono molto preoccupati di consolidare il loro potere, per cui non fanno nessuna apertura su temi sensibili come le religioni e i diritti umani. 

Personalmente non sono molto ottimista, però sarei contento di sbagliarmi. 

 

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Silvia Romanelli

Silvia Romanelli

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