“In un conflitto armato, la tortura costituisce un crimine di guerra. Quando viene utilizzata in modo sistematico o diffuso – e questo è quasi certamente il caso della Siria – equivale anche a un crimine contro l'umanità”, così ha esordito ieri l'alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay in una conferenza stampa a Ginevra.
“Esorto il governo e i gruppi armati di opposizione in Siria a fermare immediatamente l'uso della tortura e dei maltrattamenti, oltre a rilasciare tutti coloro che sono stati arbitrariamente detenuti in condizioni che violano chiaramente gli standard internazionali sui diritti umani. I detenuti devono essere trattati umanamente”, ha poi aggiunto.
Queste osservazioni seguono la scia del documento pubblicato dall’ Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) contenente delle dettagliate testimonianze di vittime e testimoni, descrivendo inoltre un ampio schema di torture e maltrattamenti contro le persone detenute nelle strutture del governo, oltre ai casi sempre documentati di tortura impartita da alcuni gruppi armati di opposizione. L'analisi si basa sulle interviste effettuate dall’OHCHR ad alcune persone che hanno trascorso del tempo nelle strutture di detenzione in Siria proprio durante il conflitto.
“All'arrivo presso i centri di detenzione, i detenuti vengono regolarmente picchiati e umiliati per diverse ore dalle guardie, nell’ormai ribattezzata ‘festa di accoglienza’”, riporta il documento, citando resoconti di torture e maltrattamenti effettuati da vari componenti dell’apparato di sicurezza del governo. Il documento continua riportando che uomini, donne e bambini sono stati regolarmente prelevati dalla strada, dalle loro abitazioni e dai luoghi di lavoro, o arrestati ai posti di blocco istituiti dalle autorità governative. Molti sono gli attivisti, spesso studenti, ma anche avvocati, personale medico e operatori umanitari a trovarsi sfortunatamente nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Nel documento si possono leggere diverse e terribili testimonianze, come quella di uno studente universitario di 30 anni che ha descritto come è stato picchiato, come la sua barba sia stata strappata a ciuffi, i suoi piedi bruciati e le unghie dei piedi strappate con le pinze in una struttura dell'Air Force Intelligence ad Hama, dove è stato interrogato ogni giorno per più di un mese. Due vittime, un uomo e una donna, hanno raccontato invece di aver subito entrambi abusi sessuali. Una ragazza di 26 anni ha invece raccontato di essere stata sottoposta ad interrogatori notturni, lunghi e ripetuti nel tempo, durante i quali è stata frustata con cavi elettrici e le sono stati cavati alcuni denti. In un’occasione, un ufficiale della sicurezza ha portato la ragazza assieme ad un'altra donna in una stanza, dove sono state successivamente violentate. Queste sono testimonianze e racconti che non vorremmo mai ascoltare e che soprattutto rimarranno nella mente di questi innocenti. Il documento fa anche riferimento ai casi di alcuni individui che sono morti in carcere, in circostanze che suggeriscono proprio che sia stata la tortura a causare queste morti. In aggiunta, sempre quanto riportato dal rapporto, di tanto in tanto, le famiglie sono invitate a firmare documenti che dichiarano che il loro parente è stato ucciso da gruppi armati di opposizione e a seppellire immediatamente e con discrezione il corpo.
Dal 2013, le relazioni che svelano le torture inflitte dai gruppi armati di opposizione sembrano essere in aumento, in particolare nella città di Al Raqqa, nel nord della Siria, afferma il documento dell’OHCHR, sebbene formulare accuse contro tali gruppi sia particolarmente impegnativo a causa di alleanze in costante evoluzione, cambiamenti di appartenenza, strutture di potere e aree sotto il loro controllo.
Tuttavia, le testimonianze raccolte dalle vittime suggeriscono che i soggetti più a rischio di essere arrestati e torturati dai gruppi armati di opposizione sono gli attivisti che cercano di documentare le violazioni dei diritti umani e le persone percepite come pro – governo o affiliate ad altri gruppi armati di opposizione.
Alcuni ex detenuti, hanno descritto dettagliatamente le condizioni abominevoli nei centri governativi di detenzione, tra queste vi era persino un caso in cui 60 persone sono state stipate in una unica cella, con un buco in un angolo a fungere da toilette. Un uomo di 60 anni, che ha trascorso tre mesi in diversi centri di detenzione ha illustrato come venivano presi quotidianamente i suoi compagni di cella per interrogatori che duravano tra i 30 – 45 minuti, per poi riportarli in cella e vedere le loro facce sanguinanti, oppure costatare che erano appena in grado di camminare o con ferite aperte che non curate diventavano infette.
L’alto commissario, Pillay ha sottolineato in merito che il diritto internazionale vieta inequivocabilmente l'uso della tortura in ogni momento e in ogni circostanza, aggiungendo che sia fondamentale che coloro che occupano posizioni di autorità condannino pubblicamente l' uso della tortura e di altri maltrattamenti oltre a portare davanti la giustizia i responsabili. Tutte le vittime di torture e maltrattamenti devono aver il diritto di essere soccorsi sotto ogni aspetto e ricevere anche un equo indennizzo.
L'Alto Commissario Pillay ha infine esortato ancora una volta il governo siriano a consentire l'accesso regolare e senza preavviso a tutti i centri di detenzione da parte di osservatori internazionali imparziali, compreso il suo Ufficio, la Commissione d'inchiesta sulla Siria ed esperti indipendenti sui diritti umani delle Nazioni Unite al fine di consentire loro di monitorare efficacemente la situazione.
Infine proprio ieri in Siria, tre giornalisti di Al Manar, la stazione televisiva degli Hezbollah, sono stati uccisi quando un gruppo di uomini armati ha sparato contro la loro auto nella periferia dell'antica città cristiana di Maaloula. L'esercito siriano ha strappato dai ribelli il controllo della città di Maaloula, e i tre giornalisti assieme ad altri colleghi si trovavano proprio sul posto per coprire gli eventi. Durante il conflitto siriano, Al Manar è stata in sintonia con il presidente Bashar al – Assad, che definisce il conflitto come una lotta contro i gruppi estremisti e terroristi.