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April 10, 2014
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L’ONU e il ruolo dell’impresa privata nell’Agenda per lo sviluppo post 2015

Tra le aziende protagoniste alle Nazioni Unite, anche la Ferrero guidata dall'ex Ambasciatore Francesco Paolo Fulci

Stefano De CupisbyStefano De Cupis
Da destra: il presidente dell'Assemblea Generale, John Ashe, il Presidente dell'ECOSOC, Martin Sajdik e il Segretario Generale Ban Ki-moon. UN Photo/Paulo Filgueiras

Da destra: il presidente dell'Assemblea Generale, John Ashe, il Presidente dell'ECOSOC, Martin Sajdik e il Segretario Generale Ban Ki-moon. UN Photo/Paulo Filgueiras

Time: 8 mins read

 

Al Palazzo di Vetro dell’ONU sono iniziate mercoledì una serie di conferenze che hanno lo scopo di fornire una piattaforma agli Stati membri per attuare e rafforzare un partenariato globale per lo sviluppo sostenibile. Infatti perfino i partenariati multi-stakeholder possono contribuire all’attuazione del programma di sviluppo post 2015. Queste tavole rotonde sono destinate a promuovere le forme di cooperazione allo sviluppo oltre a promuovere l’urgente concretizzazione degli impegni assunti nel quadro del partenariato globale per lo sviluppo, mentre viene affrontato anche il ruolo emergente dei partenariati innovativi multi-stakeholder.

Tra i vari panel, uno riguardava la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) o secondo la dicitura anglosassone, Millennium Development Goals (MDG) attraverso la creazione di opportunità di partenariati chiave tra governi, imprese, società civile, fondazioni, organizzazioni internazionali e individui. L’urgenza del raggiungimento dei MDG entro il 2015 ha ispirato l’innovazione attraverso la creazione, per esempio, di nuovi modelli di partenariato, nuove e innovative fonti di finanziamento in aggiunta alla assistenza ufficiale allo sviluppo e al commercio, nuovi usi della tecnologia e nuovi modi per sviluppare capacità e impegnarsi con le comunità a basso reddito aumentando l’accesso ai servizi di base. Poiché si parla di un rinnovato partenariato globale per lo sviluppo, il compito a portata di mano è quello di andare oltre e considerare non solo i flussi finanziari, ma adottare una visione più ampia che comprenda le risorse destinate per i seguenti campi: innovazione, tecnologia, ricerca, capacità umane, e altro ancora.

“Dobbiamo mobilitare congiuntamente i nostri sforzi per utilizzare a pieno il potenziale del partenariato. Quest’ultimo dovrebbe formarsi a tutti i livelli, ovvero, nazionale regionale e globale”, ha dichiarato il presidente dell’ECOSOC Martin Sajdik, aprendo il primo incontro sulla partnership per lo sviluppo.

Sullo stesso filo, il Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, John Ashe, che dopo aver ringraziato il segretario generale Ban Ki-moon, il Presidente dell’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale dell’ONU) Martin Sajdik, la rappresentante della società civile e fondatrice di GESTOS, Alessandra Cabral Dos Santos Nilo e Tony Elumelu, fondatore della Elumelu Foundation, ha sottolineato che quello che si è aperto mercoledì al Palazzo di Vetro è un “evento storico in cui due corpi principali delle Nazioni Unite hanno unito le forze assieme a tutti i presenti, in uno sforzo comune per discutere il ruolo dei partenariati”. Ciò sarà senza dubbio un fattore chiave per il nuovo quadro di sviluppo post 2015.

Ashe ha poi proseguito, dicendo che “il compito di raggiungere un accordo condiviso sull’agenda dello sviluppo post 2015 è arduo, ma è anche urgente per milioni di persone che devono affrontare sfide come fame, malnutrizione, malattia, discriminazione e oppressione.”

Dopo l’adozione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio nel 2000, Ashe ha ribadito che ci troviamo di fronte a drammatici cambiamenti globali e trasformazioni nazionali e regionali, che hanno portato a delle sfide socio-economiche e ambientali senza precedenti e sempre più complesse. Rispondere a queste sfide – tra  cui le pressioni derivanti dal cambiamento climatico, l’esaurimento delle risorse, la crescita della popolazione e la crescente urbanizzazione – richiede “ visione, chiarezza di pensiero e creatività”.

“La profondità e l’ampiezza di contagio della recente crisi finanziaria e gli impatti socio-economici che ne derivano hanno dimostrato chiaramente la nostra interconnessione”, ha dichiarato il presidente Ashe, aggiungendo che “al fine di rispondere al meglio a queste sfide, abbiamo bisogno di rafforzare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile sviluppo”.

Ashe ha voluto ricordare che gli sforzi per accelerare il raggiungimento dei MDG sono stati ostacolati dalla crisi economica e finanziaria globale scoppiata nel 2008; la mancanza di progressi sull’Agenda di Doha per lo sviluppo e la volatilità dei prezzi alimentari ed energetici, tra gli altri fattori strutturali. “Dobbiamo quindi sforzarci di creare un clima internazionale appropriato – il migliore ambiente favorevole – che ci permetterà di lavorare verso un programma di sviluppo più robusto e inclusivo”, ha annunciato il presidente, ribadendo che il partenariato deve espandersi e includere pubblici e privati​​, locali, regionali e nazionali, oltre alle risorse nazionali e internazionali che si presentano sotto forma di innovazione, tecnologia, ricerca, capacità umane e partenariati intersettoriali.

L’ONU è in una posizione unica per forgiare queste partnership innovative, che riunisce attori provenienti da tutto il mondo e di tutti gli angoli della società: governo, settore privato, società civile, le comunità accademiche e scientifiche e nell’utilizzo delle sue agenzie a livello nazionale e regionale per sostenere la politica di sviluppo e gli sforzi programmatici dei governi. Tali partenariati creativi possono aiutare a costruire ponti tra le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo sostenibile per attuare un approccio realmente olistico.

Significativo è stato anche l’intervento di Tony Elumelu dell’omonima Fondazione, il quale ha detto che per avere successo, l’agenda post 2015 deve sfruttare al meglio: la volontà politica, le risorse, incentivando il settore governativo e combinare il tutto con la compassione, l’altruismo e la dedizione del settore no profit,  l’ innovazione, le competenze e il capitale finanziario del settore privato, assieme  all’unità, alla creatività e allo spirito imprenditoriale delle stesse persone che dovrebbero beneficiare di questi sforzi. “E’ in questo modo che possiamo trasformare il mondo in cui viviamo e fare della povertà, una storia antica”, ha dichiarato Elumelu.

Un altro panel invece riguardava le collaborazioni con aziende, fondazioni, società civile e altri attori a sostegno dell’Agenda per lo sviluppo post 2015.

L’implementazione di un programma di sviluppo post 2015 unificato e universale, essendo così di ampia portata, richiederà la capacità e la mobilitazione di risorse aggiuntive. Il ruolo del settore privato, della filantropia e della società civile ha aumentato considerevolmente la sua portata globale. Questi attori sono fondamentali poiché portano sul tavolo delle negoziazioni dei metodi innovativi e degli strumenti rafforzati per influenzare i finanziamenti, creando discreti livelli per quanto riguarda: occupazione, tecnologia, innovazione e ricerca. È per tale motivo che sarebbe auspicabile istituire una politica che consenta attraverso anche degli incentivi a promuovere un forte impegno e coinvolgimento delle imprese, delle fondazioni e di altri soggetti al fine di garantire il successo della nuova Agenda per lo sviluppo post 2015.

Passando al panel successivo, l’attenzione viene rivolta verso un più efficace monitoraggio dell’attuazione dei MDG. Infatti sarà fondamentale per il successo dell’Agenda post 2015, disporre di robusti meccanismi di controllo e di responsabilità. Questi meccanismi possono contribuire a garantire che valori condivisi, obiettivi e risorse siano rispettati e che le parti interessate, compresi i governi, si impegnano per uno sviluppo inclusivo e sostenibile. Infine impegnarsi con un mix diversificato di stakeholder attraverso iniziative di partenariato, permette anche la condivisione di decisioni e di responsabilità per migliorare la trasparenza, la credibilità e la legittimità. Questa sessione si occupa inoltre di diritti umani, questioni di genere e la costruzione della pace.

Gli ultimi due panel invece, tenuti giovedì 10 aprile, hanno fornito un collegamento tra le discussioni politiche multi-stakeholder interattive e le discussioni orientate ai risultati. L’obiettivo come è ormai chiaro è quello di generare idee e soluzioni concrete per specifiche sfide di sviluppo sostenibili attraverso partenariati multi-stakeholder, con particolare attenzione verso i SIDS (Small Island Developing States), LLDS (Landlocked developing countries), LDC (Least Developing Countries) e MIC (Middle Income Countries).

I risultati di queste discussioni favoriranno la preparazione di importanti conferenze che si terranno quest’anno, come ad esempio, la Terza Conferenza per lo Sviluppo Sostenibile dei Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo (SIDS), che si terrà a Samoa dal 1 al 4 settembre 2014, la Conferenza ministeriale sui nuovi Partenariati per lo sviluppo che si terrà in Benin nel mese di luglio 2014 e il Comprehensive Ten-Year Review Conference of the Almaty Programme of Action che si terrà dal 3 al 5 Novembre 2014 a Vienna in Austria.

Tornando ai panel, ci si concentra anche su come aumentare le opportunità di partnership in merito alla sicurezza alimentare e nutrizionale e le risorse marine. Secondo la FAO infatti, 842 milioni di individui, ovvero uno su otto, soffre di fame ogni giorno. I costi per la società, includono la perdita di produttività, la salute, il benessere, la diminuzione della capacità di apprendimento e in generale una riduzione del potenziale umano. La malnutrizione è associata all’insicurezza alimentare ed ha un considerevole impatto sui nascituri e i bambini. Eliminare la fame e l’insicurezza alimentare si può, ma occorre iniziare ad incrementare gli investimenti sui prodotti alimentari e sull’agricoltura. La pesca e l’acquacoltura sono anch’esse una fonte vitale di cibo e quindi l’uso non sostenibile delle risorse marine dovrebbe essere affrontato al più presto. Investire nel cosiddetto “Blue Growth”e garantire così la gestione sostenibile e l’uso delle risorse acquatiche è particolarmente importante per i piccoli Stati insulari (SIDS). I partenariati pubblico-privato sono indispensabili per perseguire tutti questi obiettivi e modelli positivi di partenariati multi-stakeholder pubblico – privato sono ad esempio il Zero Hunger Challenge, lo Scaling up Nutrition Movement e il Global Partnerships for Oceans.

Un altro panel pone l’accento sul tema delle opportunità di partenariato nella creazione di infrastrutture sostenibili. Le infrastrutture sono una componente fondamentale dello sviluppo sostenibile e per la maggior parte dei paesi un fattore chiave per generare la crescita economica e il raggiungimento dei MDG. La qualità e la quantità delle infrastrutture di un paese determina la sua capacità di produrre, il livello di produttività delle sue attività economiche, e la capacità di competere nei mercati internazionali. La costruzione e la manutenzione di infrastrutture – strade, ferrovie, aeroporti, porti, valichi di frontiera, infrastrutture energetiche, sistemi di gestione dell’acqua , sistemi di gestione dei rifiuti ed altro ancora – alimenta una crescita sostenibile e inclusiva.

A margine del grande evento, le Missioni Permanenti d’Italia e Ghana presso le Nazioni Unite hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo “Imprese Private e Sviluppo Sostenibile: un Win-Win Game”. L’iniziativa ha lo scopo di evidenziare il ruolo fondamentale che i partenariati multi-stakeholder possono rivestire, soprattutto quelli pubblico-privato, al fine di sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite nel campo dello sviluppo sostenibile. L’evento è stato aperto da alcune considerazioni introduttive del presidente dell’ECOSOC, Martin Sajdik, del rappresentante permanente d’Italia, Sebastiano Cardi, del rappresentante permanente del Ghana, Ken Kanda e un discorso da parte del direttore dello UN Global Compact, Georg Kell. Tra i vari panelist di spessore internazionale, spiccava la presenza dell’icona della diplomazia italiana, l’ex ambasciatore d’Italia all’ONU Francesco Paolo Fulci, questa volta nella veste di Presidente del Gruppo Ferrero.

Il panel ha offferto un esempio concreto di partenariato pubblico-privato, realizzato in Ghana dal Gruppo Ferrero in collaborazione con il governo ghanese e con l’assistenza di una ONG.

Ferrero, l’azienda piemontese di Alba diventata ormai il quarto gruppo dolciario al mondo, noto con prodotti “globali” come la Nutella, Tic Tac e gli irresistibili Roche, da multinazionale con stabilimenti anche in Africa e in Sud America, è  all’avanguardia nelle strategie che facilitino lo sviluppo delle comunità rurali in cui produce la materia prima per i suoi prodotti. Ferrero quindi esempio di azienda leader anche nella responsabilità sociale.
“Quello delle partnership rappresenta un tema fondamentale, un investimento sul lungo termine per la prosperità”, ha detto Fulci che ha sostenuto la strategia che il segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon, sta cercando di portare avanti per un coinvolgimento più ampio del privato sui programmi di sviluppo delle Nazioni Unite, una strategia che però, lo ha ricordato ai giornalisti l’attuale ambasciatore d’Italia all’ONU Sebastiano Cardi, ha ancora forti resistenze contrarie da parte della maggioranza dei paesi che votano nell’Assemblea Generale.  L’ esempio portato da Fulci è quello della Cocoa Community Commitment, iniziato da Ferrero nel 2011 per migliorare le condizioni di vita della popolazione che lavorano nelle piantagioni di cacao del Ghana. L’impegno è stato preso dalla multinazionale piemontese grazie a degli accordi col ministero dell’Istruzione e del Lavoro ghanese e si avvale anche dell’assistenza della Ong Source Trust Ghana. Ma se per una azienda come la Ferrero è stato possibile in pochissimo tempo mettere in pratica questi accordi per raggiungere il doppio scopo di continuare ad assicurare l’alta qualità dei suoi prodotti sostenendo lo sviluppo delle comunità nei paesi un cui opera, nelle discussioni dell’Onu la strada appare ancora piena di ostacoli, nonostante il “post 2015” sia ormai qui.

L’ambasciatore Fulci, soprannominato “il gladiatore”, è rimasto un mito all’interno del Palazzo di Vetro. Vengono ancora studiate le sue mosse diplomatiche che impedirono che venisse attuata una riforma del Consiglio di Sicurezza che aumentasse i membri permanenti (il cosidetto quick fix che negli anni Novanta avrebbe garantito il seggio permanente a Germania e Giappone) a scapito invece di una riforma più democratica.  Fulci, con l’allora ambasciatore del Pakistan Ahmed Kamal, il suo grande amico che era infatti presente e ha presieduto i lavori di ieri, fu tra i fondatori del famoso  “Coffee Club” che riunì tutti quei paesi che si opposero con successo a quella riforma del Consiglio di sicurezza (intanto anche India e Brasile si sono poi aggiunte tra i candidati del “quick fix”).

Fulci Cardi

Il maestro e il discepolo: Francesco Paolo Fulci e Sebastiano Cardi

Tanti diplomatici e funzionari mercoledì sono andati a salutare al Palazzo di Vetro, dopo 15 anni, quel “mito” della diplomazia internazionale. Fulci ha lasciato alla Farnesina un “dream team” di allievi, tra cui l’attuale ambasciatore d’Italia Sebastiano Cardi,  che continua infatti al Palazzo di Vetro a promuovere una riforma dell’Onu che segua lo spirito del maggior consenso possibile per un allargamento democratico a rotazione del Consiglio di Sicurezza senza aumento di membri permanenti.

 

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Stefano De Cupis

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