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March 27, 2014
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Amnesty International: scende la pena di morte, salgono le esecuzioni

Stefano De CupisbyStefano De Cupis
Manifesti contro la pena di morte - © Rajput Yasir / Demotix

Manifesti contro la pena di morte - © Rajput Yasir / Demotix

Time: 4 mins read

Ieri al Palazzo di Vetro, in una conferenza stampa tenuta proprio presso lo United Nations Correspondents Association – UNCA (Associazione dei Corrispondenti delle Nazioni Unite), la famosa ONG Amnesty International ha presentato l'ultima edizione del suo rapporto annuale, intitolato quest’anno Death penalty 2013: Small number of countries trigger global spike in executions.

Sono proprio Iran e Iraq ad aver causato un brusco aumento globale nel numero delle esecuzioni effettuate nel 2013, in controtendenza con il trend globale positivo per l'abolizione della pena di morte. Questi livelli allarmanti nelle esecuzioni si sono registrati, nel 2013, in un gruppo isolato di paesi – soprattutto i due stati del Medio Oriente – che hanno visto più di 100 persone condannate a morte in tutto il mondo, segnando un balzo di quasi il 15 per cento in più rispetto rispetto all'anno precedente.

 “Le carneficine che abbiamo visto in paesi come l'Iran e l'Iraq erano vergognose. Ma gli stati che si aggrappano alla pena di morte sono dalla parte sbagliata della storia e sono, di fatto, sempre più isolati – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International – Soltanto un piccolo numero di paesi ha compiuto la stragrande maggioranza di questi omicidi senza ragione, sponsorizzati dallo stato. Ma questi stati non possono annullare i progressi globali già compiuti verso l'abolizione”.

Sebbene fonti attendibili abbiano sottolineato che molte centinaia di esecuzioni si svolgano in gran segreto, il numero di esecuzioni ufficialmente riconosciute in Iran (circa 369) e Iraq (169) ha visto i due paesi in secondo e terzo posto nella tabella della pena di morte, con la Cina in cima alla lista. Nonostante il numero di esecuzioni in Cina venga tenuto segreto, Amnesty International ritiene che migliaia di persone vengano condannate e uccise ogni anno. Sfogliando la classifica, e scendendo dal podio, troviamo immediatamente, l’Arabia Saudita (79) e a seguire gli USA (39), rispettivamente al quarto e quinto posto, seguiti dalla Somalia (34), al sesto. Unico paese democratico in cima alla lista, gli USA, vedono in prima fila il Texas a cui si deve il 41 per cento di tutte le esecuzioni degli Stati Uniti. Nel frattempo, un dato positivo a stelle e strisce c’è: il Maryland è diventato il 18° stato USA ad abolire la pena di morte.

Tornando al report ed escludendo la Cina, è noto che almeno 778 esecuzioni siano state compiute nel 2013, rispetto alle 682 nel 2012. Queste esecuzioni capitali sono avvenute in un totale di 22 paesi nel 2013, uno in più rispetto all'anno prima. Inoltre c’è da aggiungere un altro dato negativo, ovvero che Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam hanno tutti ripreso l'uso della pena di morte.

Nonostante la battuta d'arresto nel 2013, c'è stato un calo costante, negli ultimi 20 anni, del numero di paesi che utilizzano la pena di morte, e tale progresso si era registrato in tutte le regioni fino all’anno scorso.

Molti paesi che nel 2012 contavano ancora esecuzioni, non hanno adottato alcuna condanna a morte lo scorso anno, tra questi vi sono Gambia, Emirati Arabi Uniti e iPakistan, dove le autorità hanno sospeso l'uso della pena di morte. Anche la Bielorussia si astiene dalle esecuzioni, così da rendere l’Europa e l’Asia centrale – per la prima volta dal 2009 – prive di morti per pena capitale.

Appena venti anni fa, la pena di morte era diffusa in 37 paesi. Questo numero era sceso a 25 nel 2004 e a 22 l'anno scorso. Soltanto nove paesi al mondo hanno giustiziato di anno in anno negli ultimi cinque anni.

“La tendenza a lungo termine è chiara: la pena di morte sta diventando parte del passato. Esortiamo tutti i governi che ancora uccidono in nome della giustizia ad imporre subito una moratoria sulla pena di morte, in vista di una completa abolizione”, ha annunciato il Segretario Generale di Amnesty.

In molti paesi, tra l’altro, l'uso della pena di morte è avvolto nel segreto, uno fra tutti la Cina: nessuna informazione viene resa pubblica e in alcuni casi le autorità non informano in anticipo i familiari, gli avvocati o il pubblico delle esecuzioni in corso.

Per quanto concerne poi i metodi utilizzati per le esecuzioni, nel 2013, erano inclusi decapitazione, elettrocuzione, fucilazione , impiccagione e iniezione letale. Inoltre, pubbliche esecuzioni hanno avuto luogo in Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita e Somalia.

Ultimo aspetto, ma non per questo meno importante, è il fatto che molte persone sono state giustiziate per reati quali: rapine, reati economici o collegati alla droga, così come altri atti che non dovrebbero rientrare nella categoria "crimini", tra cui l’adulterio o la blasfemia. Molti paesi hanno infine utilizzato i cosiddetti reati politici per mettere  a morte dissidenti, reali o possibili. 

E l’Italia? La pena di morte in Italia è stata usata in vari modi e in varie epoche dai tempi dell'Antica Roma fino al 1948. La Costituzione italiana, approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948, abolì definitivamente la pena di morte per tutti i reati comuni e militari commessi in tempo di pace, tuttavia restava ancora qualche residuo. Pertanto, l'Italia ha poi ratificato nel 2000 il protocollo n. 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. La legge costituzionale del 2 ottobre 2007, n. 1 ("Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte"), modificando l'art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana ha eliminato le residue disposizioni in tema, sancendo per via costituzionale la non applicabilità. Quanto al Vaticano, invece, una prima eliminazione della pena, fu disposta nel 1969 ma fu poi Giovanni Paolo II a disporre infine che sparisse per sempre dalle leggi vaticane nel 2001.

 

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Stefano De Cupis

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