“Dobbiamo far la voce grossa ogni volta che le comunità sono minacciate da atrocità di massa o dai loro precursori”, ha detto Ban Ki-moon a New York anticipando già l'osservanza ufficiale della Giornata Internazionale in Ricordo delle Vittime del Genocidio Ruandese, prevista per il prossimo 7 aprile.
Il Segretario ha descritto come “un vergognoso atto d'accusa della comunità internazionale”, il fallimento collettivo nel prevenire le atrocità commesse in Siria nel corso degli ultimi tre anni. Ha anche preso atto delle “tendenze preoccupanti” inerenti la crescente polarizzazione contro gruppi di persone in Europa e altrove, e la creazione di un'indagine per sondare le violazioni dei diritti umani nella Repubblica Centrafricana.
Il tema per Kwibuka 20 è “Remember, Unite, Renew”, al fine di ricordare le persone uccise in Ruanda soprattutto dell’etnia Tutzi, trarre ispirazione dalla capacità del popolo ruandese di unire e conciliare, oltre naturalmente ad ammirare la loro determinazione nel rinnovare il loro paese. La parola Kwibuka che significa proprio “ricordare” è un lemma della lingua locale Kinyarwanda.
“A vent'anni dalla tragedia, restano ancora molte sfide da affrontare e il paese ha ancora bisogno di un forte sostegno da parte della comunità internazionale per assistere le vittime in settori come l'alloggio, l'assistenza sanitaria, il benessere o l'istruzione”, ha detto il Presidente dell'Assemblea Generale, John Ashe, presente al lancio dell’iniziativa Kwibuka 20.
Ashe ha inoltre citato nel suo discorso, il dottor Gregory Stanton, un professore di fama mondiale per i suoi Studi sul Genocidio e la sua Prevenzione, il quale ha scritto un libro sulle otto fasi del genocidio, in cui proprio una delle più tristi tappe sia l’ottava, ovvero quella della negazione del genocidio, che avviene appunto dopo lo sterminio. Ashe ha rimarcato che Kwibuka 20 – che sta per il 20°Anniversario del Ricordo di tale genocidio – serve proprio a non dimenticare e a non negare l’orribile accaduto.
Tra le vari personalità presenti all’evento, c’erano anche Eugene Richard Gasana, Ministro ruandese in carica della Cooperazione e Rappresentante Permanente presso le Nazioni Unite e Jean Baptiste Rudatsikira, Presidente della Comunità ruandese di New York, New Jersey e del Connecticut.
Nell'ambito del rispetto dell'anniversario di quest'anno, la Fiamma Kwibuka della Memoria è stata in un tour nazionale sin dal 7 gennaio. La fiamma, che simboleggia il ricordo, così come la capacità di resistenza e il coraggio dei ruandesi nel corso degli ultimi 20 anni, è trasportata in una semplice lampada e accende altre lampade nelle varie comunità in tutto il paese.
Il suo ritorno nella capitale, Kigali è previsto per il 7 aprile, giorno in cui il Presidente ruandese Paul Kagame la utilizzerà per accendere la fiamma di lutto nazionale e avviare il periodo di lutto nazionale.
Lo scorso maggio, Ban Ki-moon ha visitato il Gisozi Genocide Memorial a Kigali, dove ha detto che l'ONU aveva giocato un ruolo chiave nell'aiutare il Ruanda a riprendersi, istituendo il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR), creato appositamente per portare dinanzi la giustizia gli autori del terribile genocidio perpetuato.
Ban Ki-moon ricordando la visita, ha dichiarato: “Mi sono commosso fino alle lacrime per l'enormità della violenza che aveva come obiettivo determinate persone in Ruanda – Tutsi, Twa, Hutu moderati e tanti altri”.
Quasi un milione di ruandesi sono stati massacrati nel 1994 dalle milizie e dalle forze di governo nell’arco di soli 100 giorni. Ciò si è verificato nonostante l'esistenza della Convenzione sul Genocidio del 1948, che rende tali massacri un crimine di genocidio, punibile e perseguibile internazionalmente.
Definendo la mancanza di risposta al suddetto genocidio come “un fallimento epico”, Ban ha osservato che la comunità internazionale ha imparato da questa importante lezione. Il Segretario Generale dell’ONU ha poi aggiunto: “Sappiamo ora più che mai che il genocidio non è un singolo evento, ma un processo che si evolve nel tempo, e richiede una pianificazione e risorse per attuarlo”. "Ciò significa che, con un'adeguata informazione, mobilitazione, coraggio e volontà politica, questo agghiacciante crimine può essere impedito”.
Tra le azioni che le Nazioni Unite stanno adottando per prevenire il genocidio, Ban Ki-moon ha creato il Piano di Azione “Rights up front” per rafforzare la capacità dell'Organizzazione di prevenire le violazioni su larga scala dei diritti umani, compreso l'imperativo di una risposta sollecita ai rischi delle atrocità di massa e la consapevolezza che la prevenzione sia una responsabilità comune di tutto il sistema ONU.
Lanciato nel dicembre del 2013, il Piano prevede la formazione per il personale delle Nazioni Unite di promuovere il rispetto dei diritti umani, fornendo agli Stati membri le informazioni necessarie per rispondere alle violazioni dei diritti umani e garantire che il personale ONU in tutto il mondo sia più in sintonia a situazioni in cui vi è un rischio di gravi violazioni dei diritti umani oltre ad essere a conoscenza delle responsabilità che tali crisi potenziali comportano.
Parlando a un evento presso il Palazzo di Vetro a New York, nello scorso mese di gennaio, il Vice Segretario Generale, Jan Eliasson ha esortato la comunità internazionale a non dimenticare mai il fallimento collettivo d’impedire il genocidio ruandese.
Eliasson ha dato anche una bella scossa alla comunità internazionale, affermando in tale occasione: “Ripetere la frase ‘mai più’ , è di per sé un segno del continuo fallimento”.
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