Segnato dalla repressione intensificata in Eurasia e in Medio Oriente, lo stato di libertà è diminuito per l'ottavo anno consecutivo nel 2013, in base ai risultati rivelati dal Freedom in the World 2014, il rapporto annuale di Freedom House che monitora i diritti politici globali e le libertà civili.
Freedom House è una delle più autorevoli organizzazioni internazionali di monitoraggio indipendente che sostiene il cambiamento democratico, controlla lo stato della libertà in tutto il mondo oltre allo stato della democrazia e dei diritti umani.
Secondo il rapporto, si sono verificate nel corso del 2013 gravi battute d'arresto per i diritti democratici anche tra alcuni dei grandi paesi politicamente influenti come: Russia, Ucraina, Azerbaijan, Turchia, Venezuela e Indonesia. Queste battute d'arresto sono state riscontrate in un momento di crescente insicurezza tra i leader del mondo democratico, specialmente negli Stati Uniti. David J. Kramer, Presidente di Freedom House, parlando delle tendenze in Egitto, Siria, Bahrein e altri paesi del Middle Est ha dichiarato: “Senza una riaffermazione della leadership americana, potremmo trovarci in futuro a rammaricarci per la perdita di opportunità , invece di celebrare le conquiste democratiche”.
Kramer ha poi proseguito affermando: “Gli stati autoritari, inclusi Cina e Russia, non mostrano alcuna esitazione nell’intimidire i loro vicini, incrementando persino la repressione a casa loro, come confermano i risultati del rapporto”.
Il rapporto di Freedom in the World è il più antico e autorevole rapporto su temi quali democrazia e diritti umani. I risultati di questa 41ª edizione hanno rivelato che 54 paesi hanno mostrato cali generali in materia di diritti politici e delle libertà civili, contro invece 40 che hanno mostrato dei guadagni; per l'ottavo anno consecutivo, Freedom in the World ha registrato più cali di democrazia in tutto il mondo che aumenti, risultando essere il periodo più lungo di cali in 41 anni di storia del rapporto.
Inoltre, mentre la democrazia ha sofferto a causa di colpi di stato e guerre civili nel corso dell'anno, un fenomeno altrettanto significativo è stato il ricorso a tecniche più sottili – ma in definitiva più efficaci – da parte di coloro che praticano il cosiddetto “autoritarismo moderno”.
Questo concetto è stato poi spiegato da Arch Puddington, vice presidente per la ricerca di Freedom House, il quale ha ribadito: “Questi leader dedicano un’attenzione a tempo pieno su come riuscire a paralizzare l'opposizione, senza annientarla e violare lo stato di diritto, ma mantenendo una parvenza di ordine, legittimità e prosperità. Punto essenziale per questi moderni autoritari è la “cattura” di istituzioni che sottendono il pluralismo politico. Essi infatti cercano di dominare non solo il potere esecutivo e quello legislativo, ma anche i media, la magistratura, la società civile, l'economia e le forze di sicurezza. I nostri dati mostrano che negli ultimi cinque anni, i più gravi declini in democrazia sono dovuti a maggiori restrizioni sulla libertà di stampa, sui diritti della società civile e sullo stato di diritto”.
Puddington ha poi concluso, confermando un concetto chiave ovvero che con la restrizione delle libertà per i mass media e per il dibattito pubblico permette alle persone al potere di vincere un'elezione dopo aver in precedenza distorto l' ambiente politico prima del voto reale.
Tuttavia non ci sono stati soltanto segnali negativi ma si sono verificati vari cambiamenti positivi durante il corso dell’anno, come ad esempio: un miglioramento delle libertà civili in Tunisia (il più promettente dei paesi della primavera araba); il successo delle elezioni in Pakistan che ha portato ad una rotazione ordinata del potere e altri vantaggi per il paese; i miglioramenti che si sono verificati in diversi paesi africani, tra cui Mali, Costa d'Avorio, Senegal, Madagascar, Ruanda e Togo; tanto per citare alcuni di questi segnali positivi.
Ma ecco un dato sorprendente ovvero che il numero delle democrazie elettorali è aumentato da quattro a 122, portando paesi quali Honduras, Kenya, Nepal e Pakistan a raggiungere tale considerevole traguardo. Tralasciando i primi, soffermiamoci ora proprio sui peggiori paesi secondo il rapporto. Dei 48 paesi designati come “non liberi”, 10 hanno ricevuto il punteggio più basso possibile del sondaggio (7) sia per i diritti politici che per le libertà civili e tra questi sono: Repubblica Centrafricana, Somalia, Guinea Equatoriale, Sudan, Eritrea, Siria, Corea del Nord, Turkmenistan, Arabia Saudita, Uzbekistan. Infine due territori, Tibet e Sahara occidentale, sono stati addirittura etichettati come i peggiori dei peggiori.
Concludiamo riportando brevemente i risultati dell’Europa, dove spicca per la prima volta in senso positivo proprio l'Italia. Secondo il rapporto, la maggior parte dei paesi europei ha dimostrato un alto livello di rispetto delle norme democratiche e delle libertà civili, anche se molti di essi si trovano di fronte ad un crescente sentimento nazionalista in risposta al continuo afflusso di immigrati. Maglia nera per la Turchia poiché, il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan sta manifestando tendenze sempre più autoritarie come il giro di vite sui manifestanti a Istanbul e una campagna contro le voci critiche nei media. Segnali positivi invece provengono dall’Italia in materia di diritti politici migliorati a seguito delle elezioni nazionali considerate libere ed eque e il miglioramento del paese per quanto riguarda il fenomeno della corruzione… E voi cari lettori italiani, vi ritrovate in queste ultime righe?